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Andrea Mazzi (Apg23): “Contrastare la cultura dello scarto risvegliando la società”

neonato

Foto di Jill Sauve su Unsplash

“L’importante è moltiplicare le iniziative pubbliche che favoriscano il risveglio della società. In particolare sul tema della vita nascente, vediamo come la nostra azione vada a beneficio sia dei bambini sia delle donne. In alcuni casi, parlare di maternità difficile sembra significare che il bambino sia ‘un ostacolo’ che la donna deve rimuovere per ‘non rovinarsi la vita’. La nostra esperienza, maturata anche attraverso il numero verde del Servizio Per le Maternità difficili dell’Apg23 (800.035.036 per le telefonate, 3427457666 per messaggi whatsapp) ci permette di conoscere da vicino tante mamme in difficoltà. Il vero problema sono gli ostacoli che vengono posti dalla società. L’aborto, come dice bene Papa Francesco, non è la soluzione. La vera battaglia per i diritti e la libertà della donna consiste nel lottare per permetterle di proseguire la gravidanza”. E’ quanto ha dichiarato Andrea Mazzi, animatore generale del Servizio Famiglia e Vita della Comunità Papa Giovanni XXIII, intervistato da Interris.it.

L’impegno dell’Apg23 a favore della vita nascente

L’associazione fondata dal Servo di Dio, don Oreste Benzi, non riesce a partecipare a questa edizione della manifestazione “Scegliamo la vita”, ma da anni è impegnata a favore della vita nascente: fu proprio don Orest Benzi, nel 1999, a dare inizio alla preghiera per la vita nascente davanti gli ospedali di Rimini, nel giorno e nell’ora in cui si pratica l’aborto legale. A chi disapprovava la preghiera sul marciapiede Don Oreste Benzi rispondeva: “Non possiamo non essere presenti sul luogo del martirio di tanti piccoli innocenti per raccogliere il loro grido di aiuto stando sotto la loro croce e supplicare Dio che ponga fine a questa strage. Con la nostra presenza vogliamo essere accanto anche alle loro mamme per salvarle dalla ferita incancellabile dell’aborto, offrendo loro tutti gli aiuti necessari affinché siano messe in condizioni dignitose per accogliere il figlio che già vive dentro di loro. Io vado a pregare pubblicamente per richiamare il popolo davanti a Dio con l’atto più grande che è quello della preghiera e chiedo misericordia per quelli che stanno uccidendo”.

Scegliamo la vita

L’appuntamento per manifestare a favore della vita è in piazza della Repubblica, a Roma. Il corteo attraverserà la Città Eterna fino ad arrivvare a Piazza San Giovanni. Senza bandiere di partito o simboli politici, famiglie, singoli e associazioni pro-life scenderanno in strada per difendere il diritto alla vita. “Come può una società ‘civile’ legalizzare l’uccisione della più innocente ed inerme delle creature, il bimbo nel grembo materno, abbandonando nella solitudine le loro mamme?”, si legge nel manifesto che promuove l’evento. “La civiltà orientata al futuro e al progresso, ha a cuore i diritti umani. Primo fra tutti il diritto alla vita. Considera ogni essere umano come soggetto e mai come oggetto; come persona fin dall’istante che gli dà origine e identità, il concepimento. La civiltà è umana quanto più si prende cura dei suoi membri più fragili, più piccoli, più poveri, più indifesi”.

L’intervista

Interris.it ha intervistato Andrea Mazzi per comprendere come sostenere la vita nascente, quali politiche lo Stato dovrebbe mettere in campo per aiutare i giovani e le coppie che desiderano e scelgono di aprirsi alla vita, e capire come fare per contrastare quella che, in più occasioni, Papa Francesco ha definito la cultura dello scarto.

Andrea, qual è l’importanza della manifestazione “Scegliamo la vita”?

“Si tratta del principale evento pubblico pro-life d’Italia. Sono molti i Paesi in cui vengono organizzate marce, manifestazioni ed eventi di sensibilizzazione sul tema dell’aborto. E’ un segnale sempre più forte dell’esistenza di un popolo che non si rassegna di fronte alle ingiustizie nei confronti della vita nascente. Si spera che questo possa portare a una contaminazione positiva di tutta la società”.

Gli organizzatori, ma anche quanti aderiscono alla manifestazione, chiedono al governo “uno scatto di vitalità” per superare l’inverno demografico. Quali le politiche da mettere in campo?

“A sostegno della natalità dovrebbe essere messa in campo una rete di misure politiche ed azioni concrete. Non sono sufficienti interventi singoli, c’è una mentalità che va cambiata. Si deve capire davvero quant’è grande l’emergenza demografica, quindi investire affinché la società si orienti verso l’accoglienza di nuove vite. In questi ultimi anni, si è assistito in maniera interessante alla crescita degli aiuti economici a sostegno della maternità. Ma non è sufficiente, è necessario anche un cambiamento dal punto di vista culturale: si deve tornare a stimare  profondamente la maternità e la paternità. La nostra situazione demografica è preoccupante, gli esperti ci dicono che stiamo andando verso una lenta estinzione della società italiana. Abbiamo davvero bisogno di guardare con ammirazione e stupore sia alle nuove vite, che non possono essere più considerate come qualcosa di scontato, sia alle persone che scelgono di aprirsi e accogliere un figlio o una figlia. Anche il mondo del lavoro deve modificarsi per far sì che chi sceglie di mettere al mondo un figlio non subisca penalizzazioni”.

In Italia le donne guadagnano meno degli uomini e hanno un tasso doppio di disoccupazione. La loro mancanza di libertà economica incide sull’inverno demografico?

“Dall’esperienza di altri Paesi europei emerge che c’è una correlazione tra occupazione femminile e numero di figli. Una maggiore serenità economica favorisce l’apertura all’accoglienza di nuove vite. Non esiste una contrapposizione nell’investire sulla natalità e sul lavoro delle donne. L’obiettivo è che uomini e donne si aprano alla vita, quindi mettano al mondo figli, ma possano continuare a lavorare. La società e il mondo del lavoro si devono organizzare per consentire questo”.

La manifestazione si tiene alla vigilia dell’anniversario dell’entrata in vigore della legge 194 che, nel 1978 ha reso legale in Italia e entro certi limiti, l’aborto volontario. Una coincidenza?

“Faccio una premessa: non faccio parte del comitato organizzativo della manifestazione. No, non si tratta di una coincidenza. Molte manifestazioni per la vita vengono organizzate nei giorni vicini al 22 maggio (nel 1978 in questo giorno entrava in vigore la legge 194, ndr) perché è una data simbolica. L’aborto è sempre una ferita, un dolore. Quando una società si struttura per non accogliere le nuove vite e fa delle leggi per rendere possibile questo, ci troviamo di fronte a un’ingiustizia ancora più grande. Il dispiacere è doppio perché la nostra esperienza ci dice che il dilagare di questa cultura insieme alla legge, ha fatto aumentare di molto il numero degli aborti. In realtà, sono molte le occasioni in cui ci si mobilita per sostenere e difendere la vita: come, ad esempio, il 25 marzo data in cui molte associazioni chiedono che venga istituita la giornata per la vita nascente, come già è accaduto in molti altri Paesi”.

Più volte, Papa Francesco ha sottolineato che “la vita è un dono di Dio. E’ sempre sacra e inviolabile”. Troppo spesso, invece, sembra ci sia la convinzione che i fragili, gli anziani, i malati siano solo un peso per la società…

“Papa Francesco denuncia continuamente la cultura dello scarto, la logica per cui l’uomo vale in base a quanto può produrre e quando non serve più viene messo da parte. E’ uno degli aspetti della società del profitto di cui parlava il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, il Servo di Dio don Oreste Benzi, per cui in questa cultura capitalistica, ormai entrata in tutta la società in modo pesante, l’altro viene considerato solo fino a quando viene considerato utile, altrimenti diventa un ‘ingombro da far fuori’. E’ una cultura che scarta sia il bambino che ancora non è nato, sia la mamma. Nel mio libro ‘Indesiderate’ (Sempre Editore) racconto la storia di alcune donne che nel momento in cui vorrebbero – anche di fronte a una gravidanza imprevista, o comunque che la mette in difficoltà dal punto di vista economico – far nascere il loro bambino, vengono lasciate sole e tante vengono spinte a ‘liberarsi’ del bambino. Un modo di pensare che va contrastato, sarebbe davvero bello avere una società inclusiva, dove tutte le persone siano considerate per il loro valore, a prescindere dalle condizioni di salute, dall’avere o meno una disabilità o dalle condizioni economiche”.

Come fare per cambiare questa mentalità?

“E’ fondamentale rivegliare la società. Rispetto alla cultura dello scarto, si sono sviluppati dei meccanismi di indifferenza molto forti. Serve un’importante opera di sensibilizzazione affinché le persone aprano gli occhi. Don Oreste diceva che il più grande peccato sull’aborto è tacere. La cosa peggiore è rimanere fermi, indifferenti e non parlare. Le risposte sono azioni nonviolente di sensibilizzazione. Come Comunità Papa Giovanni XXIII, portiamo avanti un piccolo segno: la preghiera davanti agli ospedali nei giorni in cui vengono effettuati gli aborti. Vedendoci le persone ricordano cosa accade in quelle strutture, non possono più rimanere indifferenti. La manifestazione ‘Scegliamo la vita’ ha questo obiettivo: sensibilizzare le persone affinché smettano di essere indifferenti”.

Manuela Petrini: