Ricomincia la scuola e riprendono anche le attività di sostegno allo studio e alle giornate dei ragazzi. Non tutti i minori però hanno la fortuna di avere una famiglia alle spalle in grado di accudirli e supportarli nel loro percorso di studio e di vita. A Cascia esiste un luogo sicuro pensato proprio per loro. E’ l’Alveare di Santa Rita, un progetto del Monastero Santa Rita da Cascia che si dedica all’accoglienza e al supporto dei minori. Per conoscere meglio questa realtà, Interris.it ha intervistato Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia e Presidente della Fondazione Santa Rita da Cascia ETS. Suor Bernardinis rappresenta oggi una figura centrale nella guida e nello sviluppo dell’Alveare di Santa Rita, progetto nato nel lontano 1938 da una lungimirante intuizione della badessa dell’epoca, suor Maria Teresa Fasce, proclamata beata da Giovanni Paolo II nel 1997. In questa intervista, scopriremo la storia e la missione dell’Alveare. Suor Maria Rosa ci fornirà una panoramica sul ruolo della Fondazione nel sostenere e ampliare questo importante progetto, rivelando come l’Alveare continui a fare la differenza nella vita dei più giovani e a portare avanti i valori di accoglienza e amore promossi dalla Beata Maria Teresa Fasce e incarnati quotidianamente ancora oggi dalle suore di Santa Rita, la santa delle “cause impossibili”.
L’intervista a suor Bernardinis
Può spiegare cosa rappresenta l’Alveare di Santa Rita e qual è la missione che porta avanti?
“L’Alveare di Santa Rita è un progetto di accoglienza per minori del Monastero Santa Rita da Cascia, fondato il 24 settembre del 1938 dalla Beata Maria Teresa Fasce, storica Badessa del monastero che accolse la prima ‘Apetta’, così chiamata affettuosamente, tra le monache. Oggi è diventato un nido sicuro, garanzia di istruzione, amore, assistenza e futuro per tante bambine e bambini. È sostenuto dalla Fondazione Santa Rita da Cascia che il monastero ha creato nel 2012 per dare continuità a questo progetto come a tanti altri in Italia e nel mondo, rivolti al mondo dell’infanzia e in generale ai più fragili. Dal 1974 l’Alveare ha adottato due percorsi distinti: quello residenziale, per le Apette, bambine e ragazze che qui trovano un luogo accogliente, ma anche e soprattutto di confronto e maturazione in cui poter essere affiancate nel loro cammino di crescita umano e spirituale, pronte per affrontare il mondo; quello semiresidenziale, per i Millefiori, bambini e bambine del territorio, a cui viene garantito il servizio di doposcuola con attività scolastiche e tempo libero. Nel 2024 il progetto è diventato una comunità educativa, nella sua parte residenziale, pronta ad accogliere bambine provenienti non solo dalle famiglie ma anche dai servizi, nei casi previsti dalla legge. La missione dell’Alveare è mettere a punto un servizio educativo che, impiegando personale qualificato, risponda ai bisogni dei minori in modo individuale per accompagnarli in un percorso di crescita positivo”.
Quante sono le “Apette” oggi?
“Le Apette sono 11. Tra loro ci sono italiane ma anche chi ha origini egiziane, marocchine e ivoriane. L’obiettivo della comunità educativa è farle crescere in un luogo sano e protetto, in cui sperimentare un modello di relazione funzionale. Insieme alle Apette, l’Alveare accoglie anche 40 Millefiori, bambini e bambine di Cascia e dintorni che frequentano per lo più le elementari. I loro sono bisogni scolastici, di socializzazione e integrazione”.
Che persona era la beata Maria Teresa Fasce e quali erano i suoi doni spirituali?
“Nonostante siano passati 86 anni dall’inizio, lo spirito della Fasce e delle sue consorelle rimane la pietra angolare dell’accoglienza e dell’amorevolezza dell’Alveare nel prendersi cura delle bambine e ragazze e dei bambini, mantenendo viva e vivace l’impronta che la beata ha voluto dare. Qui a Cascia, pur restando sempre nella clausura del monastero, la Fasce ha portato a chiunque l’abbia incontrata lungimiranza, equilibrio e carità materna. La sua era un’anima contemplativa e desiderosa di silenzio e solitudine per far posto solo a Dio, eppure il suo nome è legato ad opere concrete che hanno cambiato il volto della città e anche la storia di tante giovani, nel caso dell’Alveare, grazie al coraggio che ebbe nell’accogliere la prima bambina nel 1938 e nel non smettere mai di accogliere minori anche durante la carestia della guerra. È stata lei a rendere fin da subito l’Alveare non tanto un luogo quanto una famiglia, nel quale esprimere il suo speciale spirito materno, che le è valso il titolo di Madre per eccellenza”.
Quali sono i principali valori che le “Apette” imparano e vivono nell’Alveare?
“Oltre il credo religioso personale di ogni minore, a tutte viene trasmesso il legame con Santa Rita e la Beata Fasce, portatrici di valori umani universali, preziosi e sempre attuali. Si cerca di insegnare la gratitudine, anche nei confronti dei donatori. L’amore diventa così un seme che cresce e si moltiplica come il pane e i pesci. L’Alveare offre una preziosa occasione di far incontrare e convivere bambine e ragazze provenienti da culture diverse, insegnando valori come la fraternità e la solidarietà”.
Come viene mantenuto vivo il messaggio e l’esempio di Santa Rita nella formazione delle bambine e ragazze?
“L’Alveare si impegna nella formazione umana e cristiana delle bambine e ragazze che lo desiderano mediante la stretta collaborazione di tutta la Comunità Agostiniana presente a Cascia, monache e padri”.
Che ruolo hanno le suore e le altre figure educative nel seguire le “Apette”?
“L’Alveare dispone di 16 figure professionali, dalla direttrice, alle educatrici e un’animatrice. Sono loro a impegnarsi costantemente e giornalmente per realizzare gli obiettivi del progetto, forti del legame sempre vivo con noi monache, che siamo presenti anche con Apette e i Millefiori, soprattutto in alcune occasioni di condivisione e ricorrenze”.
Potrebbe condividere qualche esempio di crescita personale o di successi?
“Ci sono tantissimi esempi di giovani ragazze a cui l’Alveare ha cambiato la vita, letteralmente, donando un futuro migliore. Oggi come in passato. Molte si sono potute laureare e stanno ancora realizzandosi, altre sono ormai adulte, lavorano, hanno una loro famiglia. Tutte hanno acquisito la determinazione e la forza di chi è stato amato e che ti fanno sempre avere voglia di farcela per costruire qualcosa di buono. L’Alveare è un’opportunità grande e ciò lo testimonia anche il legame che resta con le Apette dopo, il legame di una vera famiglia”.