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Allargare la propria tenda per renderla più ampia

In data odierna ricorre l'anniversario della visita di Papa Francesco a Lampedusa, abbiamo parlato del tema dell'accoglienza con Padre Fabio Baggio

L’otto luglio di otto anni fa avveniva la storica visita di Papa Francesco a Lampedusa. In occasione di questo importante evento In Terris ha avuto l’onore di intervistare in merito al tema dell’accoglienza dei migranti Padre Fabio Baggio, Sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio e lo Sviluppo Integrale

Il giorno otto luglio ricorre l’anniversario della visita a Lampedusa di Papa Francesco avvenuta nel 2013, quale significato riveste per Lei e per la Sezione Migranti e Rifugiati questo anniversario?

“Alla Sezione Migranti e Rifugiati abbiamo cominciato – già dal 2017 – a pensare all’8 luglio come una data significativa: la prima visita di Papa Francesco fuori dallo stato Vaticano, per esprimere cordoglio e vicinanza a tante persone che avevano perso i loro familiari in quel terribile naufragio. È per questo che abbiamo chiesto al Santo Padre di poter celebrare ogni 8 luglio una santa messa per ricordare tutte le vittime dei naufragi del Mediterraneo, ma anche tutte quelle persone che si impegnano per salvare le vite. Anche se quest’anno non sarà possibile celebrare questa ricorrenza con il Santo Padre, l’8 luglio 2021 ci offre comunque la possibilità di ricordare le parole pronunciate da Papa Francesco durante la sua omelia a Lampedusa nel 2013. E’ ancora valida oggi la domanda Dov’è tuo fratello?, unita all’appello alla responsabilità di ciascuno di noi sulle persone che sui barconi affrontano i cosiddetti viaggi della speranza. Si tratta di una responsabilità che per molti non si traduce nella possibilità concreta di un salvataggio in mare, ma pur sempre una responsabilità personale, che non può nascondersi dietro l’indifferenza vergognosa o dietro le giustificazioni che molte volte vengono presentate. Come il Santo Padre ha affermato in più di un’occasione, salvare le vite è innanzitutto un dovere”.

Quale messaggio ci dona il Magistero del Santo Padre sull’accoglienza dei migranti?

“Il Santo Padre è stato molto generoso nei suoi insegnamenti a riguardo dell’accoglienza. Nel febbraio del 2017 ci ha regalato quattro Verbi – i Verbi della Pastorale Migratoria -, e il primo di questi è accogliere. Volutamente il Santo Padre usa verbi e non sostantivi. Accogliere non accoglienza, perché nel verbo si esprime tutta la dinamicità che la sfida comporta. Non si tratta quindi di accoglienza, ma si tratta di accogliere. Accogliere è un atteggiamento strettamente collegato a un’azione che deve essere generata in modo proattivo, a seconda delle situazioni che si presentano. Accogliere potrebbe essere definito come l’esplicitazione di una virtù cristiana che fa parte del ricco patrimonio della Chiesa, sin dall’epoca patristica. La comunità cristiana si riscopre “comunità” proprio in questo gesto di accogliere persone che non ne fanno parte, che arrivano da altri luoghi e che bussano alla porta. È una delle sfide più grandi alla cattolicità della Chiesa: la possibilità di generare spazi per quelle persone che arrivano da lontano. Per usare un’immagine biblica, la sfida è quella di “allargare” la propria tenda, renderla più ampia, così che tutti abbiano uno spazio. Ed è ovvio che, per garantire uno spazio all’interno della tenda, che è la Chiesa, chi accoglie deve ridurre il proprio spazio. Quindi, c’è sempre un po’ di sacrificio! Ma è lo stesso che il nostro Maestro, Gesù Cristo, ci chiede quando ci parla dell’amore. L’amore vero è un amore che si sacrifica, che dà la vita per l’altro, che cede il proprio spazio affinché l’altro possa essere al primo posto.”

Il prossimo 26 settembre si celebrerà la giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, quale messaggio di accoglienza vuole dare la Sezione Migranti e Rifugiati al fine di creare una società maggiormente inclusiva?

“Il messaggio del Santo Padre quest’anno è particolarmente denso di significato e deve essere letto alla luce della lettera enciclica Fratelli Tutti. In esso Papa Francesco ci offre una lettura di alcuni punti fondamentali della Fratelli Tutti dalla prospettiva della Pastorale Migratoria. In particolare, il Santo ripropone quei punti che spiegano la necessità della ricostruzione del “Noi”. Ecco perché Papa Francesco intitola il suo Messaggio Verso un Noi sempre più grande. Questo Noi si declina in due diverse realtà: il Noi Chiesa ed il Noi mondo. Per quanto riguarda il Noi Chiesa, questa è chiamata a costruire un Noi sempre più grande in una duplice dimensione, una ad intra ed una ex extra. Quella ad intra è la dimensione della cattolicità, ossia la chiamata a fare spazio a tutti i cattolici che arrivano come migranti e rifugiati e insieme costruire una comunità universale, cattolica, testimonianza viva della comunione nella diversità. Quella ad extra è una chiamata ad essere “Chiesa in uscita”, missionaria, che realizza il Noi più grande attraverso la misericordia, la tenerezza e la carità che includono le persone che si trovano al di fuori della Chiesa, agnostiche o di altra religione le quali, attraverso questa azione missionaria, vengono a conoscenza della salvezza di Gesù Cristo. C’è poi l’altro Noi – il Noi umanità – che il Santo Padre spiega nella Fratelli Tutti con il concetto di fraternità universale, una sola famiglia umana, comune, alla quale tutti e tutte apparteniamo. È una famiglia comune che si prende cura della casa comune. Ecco anche il collegamento molto bello al Tempo del Creato che la Chiesa è chiamata a celebrare nello stesso mese di settembre”.

Quale messaggio vuole lanciare alle giovani generazioni in merito al tema dell’accoglienza e della vicinanza agli ultimi?

“Abbiamo notato come negli ultimi anni, prima della pandemia, molti giovani sceglievano fare esperienza di incontro e di alterità come esperienza di servizio. Il volontariato nazionale ed internazionale aveva dato a molti l’opportunità di vivere profondamente l’incontro con il diverso, per scoprirne le esigenze, i bisogni e poi offrire generosamente il proprio servizio. Tali esperienze sono state anche occasione per imparare dagli altri tante cose nuove, tante ricchezze. Alle nuove generazioni dico di non rinunciare a questo incontro. La sfida di oggi è quella di abbattere muri e costruire ponti, di viaggiare e di uscire dalla propria zona di confort. Ci auguriamo che la situazione pandemica si risolva presto e si possa tornare a viaggiare per moltiplicare le occasioni di incontro. Ma, nel frattempo, è necessario approfittare di quelle opportunità che la migrazione ci offre oggi, perché tante persone diverse sono già presenti sui nostri territori e aspettano solamente di essere incontrate”.

Qual è, secondo Lei, il messaggio più fulgido che l’Enciclica Fratelli tutti ci dona sul tema dell’accoglienza?

“Personalmente credo che il messaggio più chiaro della Fratelli tutti circa l’accoglienza sia l’appello a una presa di coscienza globale delle disparità esistenti nel mondo. Accogliere l’altro non è un gesto di generosità ma piuttosto un gesto di giustizia. E questo lo posso comprendere nel momento in cui io penso a dove vivo, chi sono e di quali opportunità godo per il solo fatto di essere nato in un determinato luogo e mi accorgo che il territorio dove io sono è privilegiato, magari per circostanze storiche, e per questo posso godere di una serie di risorse che però sarebbero di tutti. I principi della destinazione universale dei beni e di gestione globale delle risorse che il Signore ha affidato a tutta l’umanità, principi cari alla dottrina sociale della Chiesa, ci rendono responsabili della condivisione a livello globale come principio di giustizia”.

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