In Italia, secondo stime attendibili, ci sono circa 16mila studenti universitari con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) che coinvolgono le loro abilità di lettura, scrittura e calcolo. Molti giovani con DSA non riescono ad accedere ai corsi di laurea desiderati per la mancanza di strumenti adeguati di supporto nei test di ingresso e, una volta superato questo scoglio, negli esami universitari. Basterebbe dare loro gli strumenti giusti per compensare le difficoltà facendo così emergere appieno le loro capacità.
E’ per questi motivi che l’Associazione Italiana Dislessia (AID) appoggia il disegno di legge 712, presentato dalla vicepresidente del Senato Anna Rossomando, al fine di bandire ogni forma di discriminazione nei confronti degli studenti e dei lavoratori con DSA – che in Italia, contando anche le persone in cerca di lavoro, sono circa un milione e duecentomila – assicurando loro uguali opportunità di sviluppo delle proprie capacità e uguale accesso allo studio universitario e al mondo del lavoro. Ne parliamo su Interris.it con Antonella Trentin, vicepresidente AID.
L’intervista a Antonella Trentin di Aid
Cosa chiede, in breve, la proposta di legge presentata dalla vicepresidente del Senato Anna Rossomando?
“La proposta di legge n° 712 depositata al Senato nel 2018 prevede l’estensione di alcune tutele della legge 170/2010 al mondo degli adulti: il divieto di discriminazione delle persone con DSA sul posto di lavoro, con la creazione di ambienti accessibili e inclusivi; tempi certi per durata e rinnovo delle diagnosi degli adulti; utilizzo degli strumenti compensativi nei test universitari per l’accesso ai corsi di laurea e agli Ordini professionali”.
Perché AID chiede una tutela agli studenti universitari e ai lavoratori con DSA? Non ci sono leggi a loro tutela?
“Per ciò che riguarda l’ambito accademico, la legge 170/2010 stabilisce che le sue tutele si applichino anche agli studenti universitari con DSA, sin dai test di ammissione. Tuttavia, per i test di ingresso gli strumenti concessi sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli sanciti dalla legge 170 in ambito scolastico e gli strumenti compensativi e le misure dispensative negli esami sono a discrezione dei docenti. Molti giovani con DSA, quindi, non riescono ad accedere ai corsi di laurea desiderati per la mancanza di strumenti adeguati di supporto nei test di ingresso e, una volta superato questo scoglio, negli esami universitari. Per quanto concerne l’ambito lavorativo, nel 2021 sono stati raggiunti importanti traguardi, a livello normativo. Nei concorsi pubblici sono state introdotte misure rilevanti: maggiorazione del tempo della prova, possibilità di utilizzare strumenti compensativi e di svolgere la prova in modalità orale per candidati con disgrafia e disortografia. Simili provvedimenti sono stati presi dal Ministero della Giustizia per l’esame di abilitazione alla professione di avvocato. Nell’ambito del privato, invece, non è prevista alcuna misura. In un’ottica inclusiva, il disegno di legge prevede che le imprese, attraverso il responsabile dell’inserimento lavorativo aziendale, garantiscano la creazione dell’ambiente più adatto per l’inserimento e la realizzazione professionale dei lavoratori con DSA che liberamente decidano di essere riconosciuti come tali. Solo in questo modo i lavoratori con DSA potranno esprimere al meglio le proprie potenzialità”.
Gli studenti universitari con DSA sono circa 16 mila: quali facoltà vengono scelte maggiormente?
“In base ai risultati dell’indagine condotta da Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) insieme alla Cnudd (Conferenza nazionale universitaria dei Delegati dei rettori per la disabilità e i Dsa), presentata a maggio 2021, dei 16 mila studenti iscritti il 54% ha scelto discipline socio-umanistiche, il 28,7% ha preferito l’area scientifica, il 9,4% l’area sanitaria”.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontrano le persone con DSA all’università?
“La lettura di centinaia di pagine per la preparazione di un singolo esame per una persona con dislessia può rappresentare un grosso ostacolo e oggi i libri di testo universitari non sono in formato digitale (pdf) aperto; quindi, non possono essere letti da una sintesi vocale. I singoli Servizi per gli studenti con DSA, comunque, cercano di venire incontro alle esigenze dei ragazzi, chiedono i libri in formato digitale agli editori, oppure li scannerizzano e poi li trasformano loro stessi in pdf. Non solo. Molti studenti non conoscono ancora l’uso degli strumenti compensativi e non possiedono un metodo di studio adeguato, ciò rende la loro attività accademica estremamente faticosa. Per questo il supporto dei Servizi, con tutor che aiutano e guidano i ragazzi con DSA nella preparazione degli esami, è fondamentale”.
Quali strumenti compensativi proponete per aiutare gli studenti universitari con DSA nella fase di accesso e nell’arco degli anni di studio?
“In linea di massima chiediamo che gli studenti possano disporre degli strumenti previsti nella certificazione diagnostica. Primo fra tutti il computer con la sintesi vocale e il correttore ortografico, certamente i formulari e tutto ciò che possa aiutare a sopperire alla mancanza di nozioni puramente mnemoniche”.
La proposta di legge n° 712 affronta il tema delle certificazioni diagnostiche per gli adulti. Perché?
“Il tema delle certificazioni diagnostiche per gli adulti è fondamentale: senza le certificazioni non viene riconosciuto alcun diritto, a cominciare dall’uso degli strumenti compensativi nei concorsi pubblici. Ad oggi i centri che fanno diagnosi agli adulti, in Italia, sono molto pochi. Tra questi molti sono a pagamento e quindi difficilmente accessibili a chi ha un reddito basso. Per questo come Aid chiediamo la creazione di un centro diagnostico pubblico, a carico del Servizio sanitario nazionale, in ogni regione d’Italia. Allo stesso modo la proposta di legge prevede che vengano definiti criteri omogenei e procedure per l’individuazione delle strutture e degli specialisti pubblici o privati accreditati per le valutazioni diagnostiche e per le certificazioni delle persone, in particolare adulte, con DSA”.
Vuole fare una sua conclusione?
“Crediamo che dare certezza di diritti a un milione e mezzo di cittadini italiani con DSA – perché tale è la stima sugli adulti con disturbi specifici di apprendimento – sia un atto di profonda civiltà. Sono persone con intelligenza pari e superiore alla media che hanno delle difficoltà. Problemi che possono essere superati con strumenti e strategie adatti. Negarli significa impedire a uno studente di esprimere al meglio le proprie conoscenze e a un lavoratore le proprie qualità e la propria professionalità. Basterebbe davvero poco. È venuto il momento che la politica dia una risposta concreta a questa parte, non piccola, del Paese”.