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Cop27: siccità e diversificazione delle colture. L’Italia riparte dall’agricoltura

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Sos agricoltura. Pandemia e guerra in Ucraina richiedono un rilancio del “made in Italy” per uscire dalla crisi economica. A minacciare i raccolti d’autunno è la siccità che ha provocato danni colossali all’agricoltura nazionale. Con perdite di oltre 6 miliardi di euro dall’inizio dell’anno. Pari al 10% della produzione totale. E’ Coldiretti a lanciare l’allarme per il caldo record d’autunno. Soprattutto nel centro sud. Per una emperatura superiore di 2,04 gradi rispetto alla media storica. “Il risultato – avverte Ettore Prandini– è che il livello del Po al Ponte della Becca (Pavia) si trova a -2,69 metri rispetto allo zero idrometrico. Le rive sono ridotte a spiagge di sabbia”. Un’emergenza richiamata alla Cop27 a Sharm El Sheikh anche da Al Gore. Ex vicepresidente Usa e attivista per l’ambiente.

Al Sisi e Guterres alla COP27

Sos agricoltura

Il più grande fiume italiano in secca mette a rischio l’intero sistema Paese. Il “made in Italy” a tavola si produce proprio nella food valley della Pianura Padana. Dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale. Nei campi della Pianura Padana si è registrato, infatti, un forte calo dei raccolti. Dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro. Fino all’ortofrutta. Una delegazione della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa partecipa alla Cop27. La più importante conferenza internazionale sul clima. Organizzata dalle Nazioni Unite. Ospitata, per la 27esima edizione, a Sharm el-Sheik, in Egitto. E che si conclude oggi. Dopo aver ottenuto l’accreditamento nel 2021 e dopo avere partecipato alla Cop26 a Glasgow, la Scuola Superiore Sant’Anna è stata nominata “observer organisation”. Per il secondo anno consecutivo. E ha così preso parte al summit planetario in qualità di organizzazione accreditata. L’obiettivo è portare avanti gli accordi e le promesse dell’accordo di Parigi e di Glasgow. Sulle azioni da intraprendere nella lotta al cambiamento climatico. Un’esigenza aggravata dalla crisi energetica provocata dalla guerra fra Ucraina e Russia. 

Caldo record

“Il 2022 si classifica fino ad ora in Italia come l’anno più caldo di sempre– sottolinea il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini-. Si registrano anche precipitazioni ridotte di oltre un terzo (dati Isac Cnr). Le piante sono fiorite fuori stagione da nord a sud del Paese. In Puglia sono sbocciati i ciliegi. Mentre in Veneto fioriscono i nespoli. E anche le mimose, in anticipo di 5 mesi rispetto all’8 marzo. Le fioriture anticipate sono pericolose. Perché sono sensibili al successivo abbassamento delle temperature. Con la conseguente diminuzione del potenziale produttivo delle coltivazioni”. Ma, aggiunge Prandini, “nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche per i parassiti”. Che “sono rimasti attivi con le temperature miti“. E “attaccano più facilmente le colture ancora in campo“. Come avviene peraltro nelle città. Dove sono ancora diffuse zanzare e mosche. “Senza dimenticare che senza pioggia sono in pericolo le semine autunnali del grano e degli altri cereali nei terreni aridi“, precisa Prandini.

Eventi meteo estremi: siccità e grandine

Eventi violenti

La tendenza al surriscaldamento è evidente in Italia. Dove la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio. “Il cambiamento climatico è stato accompagnato da una evidente tendenza alla tropicalizzazione– evidenzia Prandini-. Ciò si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti. Sfasamenti stagionali. Precipitazioni brevi ed intense. Rapido passaggio dal sole al maltempo. Sbalzi termici significativi”. E “l’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici”. Ma è anche “il settore più impegnato per contrastarli. Promuovendo l’uso razionale dell’acqua. L’innovazione tecnologica per la riduzione dell’impatto ambientale. L’economia circolare. La produzione di energie rinnovabili. Come biogas e biometano. E lo sviluppo del fotovoltaico sui tetti. Senza consumo di terra fertile”, sottolinea il presidente della Coldiretti.

Svolta green

“L’agricoltura italiana è diventata negli anni la più green d’Europa– puntualizza Prandini-. Ma di fronte al caro energia bisogna intervenire al più presto. Per salvare stalle e aziende. Ed investire con interventi strutturali per guardare al futuro. A partire dai bacini di accumulo per l’acqua di cui le campagne hanno bisogno”. Diversificazione colturale e riduzione degli input esterni sono stati i capisaldi di un progetto-chiave. “H2020 DIVERFARMING” si è appena concluso dopo cinque anni di attività. Ha coinvolto otto Paesi. E Crea è stato il referente per l’Italia e il nord-Mediterraneo. Lo scopo è costruire sistemi colturali diversificati. E a bassi input chimici. In grado di garantire la resa delle colture. Ridurre gli impatti ambientali. E migliorare l’organizzazione dell’intera filiera produttiva. I centri di “Agricoltura e ambiente, cerealicoltura, colture industriali, genomica e bioinformatica” hanno collaborato con l’Università della Tuscia. I ricercatori hanno indagato le filiere di pomodoro, pasta e prodotti da forno. Per definire le strategie di gestione maggiormente innovative e più adeguate da introdurre nelle aree pilota. E cioè Pianura Padana (Cremona, Mantova e Piacenza) e Capitanata (Foggia).

Problemi principali

Il timore di perdere la redditività e la limitata formazione professionale di molti agricoltori sulla consociazione sono stati identificati come i problemi principali. Inoltre non sono solo adatte alle condizioni pedoclimatiche locali le colture leguminose. Scelte come colture multiple da inserire nelle rotazioni di cereali e pomodori. Si tratta di pratiche ampiamente conosciuta dagli agricoltori. Inoltre, le modalità di lavorazione minima prevedono la copertura delle colture. Le rotazioni. L’applicazione di letame. E il sovescio. E sono risultate adeguate ed efficaci. Senza aggravio di ulteriori costi. Né di grandi investimenti in macchinari. Né di agricoltori altamente qualificati. Occorre però rendere tali pratiche sempre più diffuse e condivise. Integrandole strategicamente nelle politiche nazionali. E impegnandosi sulla formazione degli agricoltori.

Giacomo Galeazzi: