Afghanistan: la carta della cooperazione. Nel martoriato paese asiatico milioni di bambini rischiano di morire di fame. Sull’orlo della catastrofe umanitaria il governo afghano partecipa al primo negoziato in Europa. A meno di sei mesi dal ritorno al potere dei talebani e dalla cacciata delle truppe Usa da Kabul. Ormai la situazione in Afghanistan sembra precipitata in un punto di non ritorno. La delegazione talebana è la prima appunto a visitare l’Europa dopo la vittoria militare dei fondamentalisti islamici in Afghanistan. E prosegue oggi ad Oslo le discussioni con la diplomazia occidentale, dopo il confronto con i membri della società civile afgana focalizzato in particolare sui diritti umani. Guidata dal ministro degli Esteri Amir Khan Mutaqqi, la delegazione ha dedicato il primo dei tre giorni della sua visita a incontri con attiviste femministe e giornalisti. Prima di incontrare i diplomatici occidentali.
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Una delegazione di talebani ha incontrato a Oslo alcuni rappresentanti della società civile afghana. “E’ stata una riunione positiva che ha permesso di rompere il ghiaccio”, ha riferito Jamila Afghani, attivista femminista. “I talebani hanno mostrato buona volontà. Hanno ascoltato con pazienza. E hanno risposto alla maggior parte delle nostre preoccupazioni. Vediamo quali saranno le loro azioni in seguito a quanto hanno affermato”, aggiunge Afghani. La delegazione dei talebani è guidata dal ministro degli Esteri, Amir Khan Muttaqi. Ed è la prima a recarsi in Europa da agosto scorso. Quando il Paese è tornato sotto il loro controllo. L’incontro è avvenuto all’hotel Soria Moria. Su una collina innevata di Oslo. Hanno partecipato attiviste femministe e giornalisti. Ieri la stessa delegazione ha incontrato diplomatici occidentali. Questo dialogo, ha avvertito la ministra degli esteri norvegese, Anniken Huitfeldt, “non costituisce una legittimazione né un riconoscimento. Ma dobbiamo parlare con le autorità che governano di fatto il Paese”.
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“Comprensione e cooperazione”. Queste le caratteristiche dei colloqui di ieri tra i talebani e i diplomatici occidentali a Oslo, in Norvegia. Il portavoce del governo afghano, Zabihullah Mujahid, sintetizza l’obiettivo della delegazione talebana. Ossia focalizzare l’attenzione della comunità internazionale sulla crisi umanitaria nel Paese. “Durante la riunione i partecipanti hanno ascoltato le opinioni di ognuno. E si sono scambiati punti di vista sulla situazione in Afghanistan: la politica, l’economia e la sicurezza“, riferisce Mujahid su Twitter. La ministra degli Esteri norvegese, Anniken Huitfeldt precisa che “queste riunioni non equivalgono a un riconoscimento o a una legittimazione dei talebani”. Allo stesso tempo, però, “dobbiamo dialogare con le autorità dell’Afghanistan. Non possiamo permettere che la situazione politica porti a una catastrofe umanitaria”. Anche la diplomazia pontificia è preoccupata per l'”aggravamento della situazione umanitaria in Afghanistan”. Papa Francesco ha più volte ricordato all’Angelus “le sofferenze del popolo afghano”.
Balzo indietro
Il 15 agosto 2021, sottolinea Amnesty International, l’Afghanistan è entrato in una nuova fase storica. I talebani hanno conquistato la sua capitale Kabul. Hanno rovesciato il governo civile. E hanno preso il controllo del paese. Venti anni dopo esser stati estromessi dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Al contrario delle loro affermazioni sul rispetto dei diritti umani i talebani si sono subito macchiati di un lungo elenco di violazioni e di crimini di diritto internazionale. Come l’uccisione di civili e di soldati già arresisi. E il blocco degli aiuti umanitari nella valle del Panshir. Inoltre hanno nuovamente imposto limitazioni nei confronti delle donne. Della società civile. E della libertà d’espressione. “I talebani hanno mostrato che non sono affidabili quando parlano di rispetto dei diritti umani– osserva l’organizzazione non governativa internazionale-. Abbiamo verificato numerosissime violazioni. Dalle rappresaglie agli attacchi alle donne. Fino alla repressione delle proteste. E ai giri di vite contro i giornalisti e la società civile”. Le donne sono state escluse dai loro posti di lavoro. E le ragazze (al di sopra della sesta classe) non sono state autorizzate a tornare a scuola. I talebani hanno introdotto l’istruzione divisa per genere nelle università. Con l’imposizione di indossare un velo. Un obbligo che deve essere rispettato da studentesse, docenti e dipendenti degli atenei.