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25 anni di Cpr: trattenimento amministrativo e rimpatri. Sos accoglienza

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Dall’accoglienza diffusa alla detenzione indefinita. “E’ la fine del diritto d’asilo?”, si chiede il centro studi e ricerche Idos. Eurostat ha fornito i dati dei rimpatri nel secondo trimestre del 2023. L’Italia è ferma a quota 735. Il Paese che ha rimpatriato più migranti è la Germania (2700). Seguita da Francia, Svezia e Grecia. Oggi più che mai il contrasto all’immigrazione irregolare e le chiusure verso i flussi di richiedenti asilo sono al centro dell’arena pubblica. Il Dossier statistico immigrazione analizza, dati alla mano, l’aderenza tra le intenzioni politiche e l’efficacia delle misure adottate. Tra le quali spicca il trattenimento amministrativo, rafforzato ed esteso ai richiedenti asilo. Emerge vistosamente l’inefficacia del modello detentivo. I Cpr esistono già da 25 anni. Non funzionano (appena la metà dei trattenuti viene rimpatriata). Ma costano enormemente. In termini economici (56 milioni di euro solo per la gestione dell’ultimo triennio) e di rispetto dei diritti umani.

Sos accoglienza

A realizzare il Dossier Statistico Immigrazione è Idos in collaborazione con Centro Studi Confronti e Istituto di Studi Politici “S. Pio V”. A dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013 e a meno di un anno da quello di Cutro, il contrasto all’immigrazione irregolare si sta concentrando non sui trafficanti. Da non confondere con gli scafisti alla guida delle imbarcazioni. Bensì sui migranti, accomunati e confusi nella categoria dell’irregolarità. Anche quando sono persone in fuga da guerre, crisi climatiche e gravi violazioni dei diritti umani. I dati del Dossier Statistico Immigrazione 2023 aiutano a orientarsi nel confuso dibattito in corso. Anche in relazione all’efficacia e alla sostenibilità delle misure introdotte dal governo, a partire dalla detenzione amministrativa, ampiamente estesa – con modalità inedite – anche ai richiedenti asilo. Nel 2022, su oltre 500.000 stranieri stimati in condizione di soggiorno irregolare in Italia (un decimo rispetto ai poco più di 5 milioni regolarmente residenti), soltanto a 36.770 è stata intimata l’espulsione, circa uno ogni 14. Inclusi 2.804 afghani e 2.221 siriani, che pure fuggono da Paesi in guerra e da gravi pericoli per la propria persona. Di questi, solo 4.304 (11,7%) sono stati effettivamente rimpatriati.

Effettivo rimpatrio

Una quota estremamente bassa e inferiore a quelle registrate perfino negli anni dell’emergenza sanitaria (15,1% nel 2021 e 13,7% nel 2020), caratterizzati da forti restrizioni nella mobilità internazionale. Per l’identificazione e l’effettivo rimpatrio dei migranti irregolari l’Italia, ormai dal 1998, ha istituito la detenzione amministrativa in appositi centri, oggi denominati Cpr. Luoghi di diritti negati, come da anni
illustrano i rapporti del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Ma anche poco utili allo scopo che si prefiggono. Nel 2022 vi sono transitati 6.383 migranti, il 68,7% in più rispetto al 2021 (4.387). Però solo la metà dei trattenuti (49,4%) ne è uscita per rientrare nel Paese d’origine (3.154). Un’incidenza in linea con quella degli anni precedenti (50,9% nel 2022 e 49,0% nel 2021). Ad evidenziare che la scarsa efficacia non è contingente ma intrinseca al sistema. È anche dimostrato che il tasso di efficacia non migliora prolungando i tempi del trattenimento. Periodicamente oscillati, dal 1998 ad oggi, tra i 30 giorni e i 18 mesi. Tra il 2019 (48,5%) e il 2020 (50,8%), per esempio. Quando il tetto era di 6 mesi (a fronte degli attuali 3, che il governo ha prolungato a 18), i livelli restano analoghi.

Strutture

Lo stesso vale per la moltiplicazione delle strutture. Nel 2016-2017 si era arrivati ad averne 14 (1.400 posti). Senza per questo ridurre le sacche di irregolarità. Il prolungamento del trattenimento e l’aumento dei Cpr (o di strutture analoghe) comportano, invece, maggiori costi economici, oltreché umani. La finanziaria di fine 2022 ha previsto una spesa, per il triennio 2023-2025, di 42,5 milioni di euro. Per rafforzare il sistema dei Cpr con 206 nuovi posti. E ulteriori risorse dovranno essere stanziate per averne uno per regione. Tra il 2021 e il 2023 sono stati spesi 56 milioni di euro per affidare a soggetti privati la gestione dei Cpr. Cifra che non include i costi del personale di polizia e di manutenzione delle strutture. L’attuale modifica, la quindicesima in 25 anni, si prospetta come una politica di reclusione generalizzata. Cioè nuovi Cpr, tempi di trattenimento più lunghi. E, soprattutto, un allargamento delle casistiche e dei luoghi in cui mettere in atto la detenzione amministrativa. Estesa su vasta scala perfino ai richiedenti asilo. Invece di incentivare canali sicuri di ingresso per scongiurare ulteriori tragedie in mare e lungo le rotte terrestri, si sta realizzando uno smantellamento del diritto d’asilo e del relativo sistema di accoglienza. Un’opzione che si scontra con la realtà globale di un mondo in cui i migranti forzati già superano i 108 milioni di persone (per il 40% minori). E continueranno ad aumentare nel medio-lungo periodo.

Protezione e accoglienza

Il decreto Cutro, infatti, amplia la platea di quelli sottoposti alla procedura accelerata di frontiera, e quindi al trattenimento, a coloro che richiedono protezione dopo aver eluso (o tentato di eludere) i controlli. O che provengono da un Paese designato come “sicuro”. Qualora non abbiano passaporto o non versino “idonea” garanzia finanziaria, fissata in 4.938 euro. Il trattenimento, oltre che negli hotspot, potrà avvenire, in caso di arrivi consistenti, in “strutture analoghe” sul territorio nazionale o nei Cpr. Si introduce, inoltre, la possibilità di trattenere nei Cpr i richiedenti asilo “dublinati”, in attesa del trasferimento verso il Paese Ue competente. In sostanza, la detenzione viene estesa a una gamma estremamente ampia di richiedenti. In contrasto con la normativa europea che ammette il trattenimento solo in casi eccezionali e residuali. Escludendo automatismi e generalizzazioni. Preoccupa il passaggio da un modello di accoglienza basato sulla protezione e l’inclusione dei richiedenti asilo a un sistema che ne produce l’isolamento, li considera irregolari e li tratta come un pericolo sociale.

Giacomo Galeazzi: