Autonomia e partecipazione rappresentano i due capisaldi della promozione dei diritti delle persone con disabilità, che devono essere messe al centro della società, con il loro potenziale, le loro aspirazioni e i loro progetti, per raggiungere l’obiettivo di partecipare pienamente alla vita lavorativa sociale e culturale del proprio paese, indipendentemente dalla propria condizione di nascita o di salute.
Il significato dell’inclusione
In ambito sociale, includere significa soprattutto accogliere, ovvero poter appartenere a un gruppo di persone, a una società, godere pienamente di tutti i diritti e le opportunità che questa appartenenza comporta. L’inclusione, dunque, è un aspetto fondamentale per definire il grado di miglioramento e attenzione di un paese nei confronti di coloro che, loro malgrado, vivono una condizione di disabilità e/o fragilità.
Le sfide della contemporaneità
Il termine inclusione, nell’epoca che stiamo vivendo, connotata da veloci cambiamenti tecnologici e sociali, assume significati nuovi e fondamentali per garantire la partecipazione e l’impegno delle persone con disabilità ad ogni livello della società. Una di queste è l’accessibilità digitale, ovvero la capacità di siti e pagine web pubbliche e private italiane di risultare adeguate sotto il profilo dell’inclusione digitale. In Italia, ad oggi, però, un cittadino su due non ha competenze in ambito digitale e informatico e il nostro Paese è sotto la media Ue per quanto concerne la fornitura di servizi pubblici digitali. Questo ha spinto AccessiWay all’organizzazione di uno specifico workshop dal titolo “2025 Accessibilità e cittadinanza. Il digitale nelle organizzazioni ecosistemi e processi inclusivi”, che si terrà a Roma martedì 21 novembre, a partire dalle ore 10, presso la sala “Pierluigi Nervi” dell’Hotel The Hive. Interris.it, in merito alla valenza di questa iniziativa e al significato dell’inclusione digitale, ha intervistato il dott. Edoardo Arnello, Ceo e Co-Funder di AccessiWay e il dott.ing. Paolo Berro, gravemente tetraplegico dal 1998 per un incidente stradale che, dopo aver conseguito due lauree in ingegneria meccanica e logistica della produzione, sviluppa progetti di ausili per persone con disabilità motoria e attualmente chief accessibility officer di AccessiWay e giornalista di questa testata.
L’intervista
Ing. Berro, come si può definire l’inclusione digitale?
“L’inclusione digitale si evolve con la tecnologia e richiede strategie e investimenti per ridurre ed eliminare le barriere storiche, istituzionali e strutturali contro l’accesso e l’utilizzo delle tecnologie. Quando è possibile offrire un servizio Internet a banda larga affidabile e conveniente, quando ogni dispositivo abilitato ad Internet soddisfa le esigenze di qualsiasi utente, quando possiamo garantire l’accesso alla formazione in materia di alfabetizzazione digitale, quando è possibile fornire servizio tecnico di qualità e quando prodotti e servizi digitali sono progettati per consentire e incoraggiare l’autosufficienza, la partecipazione e la collaborazione fra le persone, possiamo parlare di vera inclusione digitale! Una piena inclusione digitale porta all’equità digitale. L’equità digitale è una condizione in cui tutti gli individui e le comunità dispongono delle capacità informatiche necessarie per la piena partecipazione alla nostra società. L’equità digitale è necessaria per la partecipazione civica e culturale, l’occupazione, l’apprendimento permanente e l’accesso ai servizi essenziali”.
In Italia ci sono circa tre milioni e mezzo di persone con disabilità. In che modo, secondo lei, l’accessibilità digitale può favorire la loro inclusione a tutto campo nella società?
“Ci sono oltre tre milioni e mezzo di persone, non propriamente con disabilità, ma con gravi disabilità. Senza contare tutti coloro che hanno delle disabilità transitorie, cioè le persone che hanno delle limitazioni create da condizioni temporanee. Permettere a tutte queste persone di poter avere accesso a servizi, prodotti, documenti, applicazioni e Web è un dovere e un diritto. In che modo si può favorire tutto ciò? Lavorando come stiamo lavorando noi. A stretto contatto con enti, aziende, amministrazioni, organizzazioni e persone per costruire un ecosistema che garantisca a chiunque la piena fruizione di ogni tipologia di informazione digitale. Come lo facciamo? Prestando molta attenzione a chiunque abbia esigenze speciali, lavorando con i migliori tecnici al mondo, facendo rete, studiando costantemente e implementando le migliori tecnologie”.
Dott. Arnello, il prossimo 21 novembre a Roma AccessiWay organizzerà a Roma un workshop riguardante l’accessibilità. Come si svolgerà l’iniziativa? Che obiettivi ha?
“L’iniziativa si svolgerà sotto forma di seminario. Ci saranno diversi interventi da parte di figure molto importanti nel settore dell’accessibilità, a partire dal ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, il direttore di AgID Mario Nobile, Vincenzo Falabella, presidente di FISH Onlus e il sen. Luciano Ciocchetti, vicepresidente Commissione Affari Sociali. L’evento ha l’obiettivo di ripercorrere il contesto normativo dell’accessibilità, ciò che bisogna fare, quali sono gli obiettivi da raggiungere da qui al 2025 e, di conseguenza, cosa devono fare le imprese per arrivare pronte a questa sfida. In questo contesto AgID ci darà il suo punto di vista e noi forniremo i dettagli per dare queste indicazioni alle aziende e le buone pratiche da rispettare. Nella presentazione del metodo che, secondo noi, un’azienda deve approntare per affrontare il tema dell’accessibilità, avremo modo di portare dei casi studio di successo, come i progetti che stiamo portando avanti con Banca Sella, i cui rappresentanti saranno presenti all’evento”.
Il Digital Decade Record 2023 della Commissione Europea ha fissato degli obiettivi riguardanti l’accessibilità informatica entro il 2030. In che modo e attraverso quali azioni potranno essere raggiunti dell’Italia secondo lei?
“Gli obiettivi che devono essere raggiunti da qui al 2030 sono assolutamente ambiziosi. Perciò è fondamentale che, la legge sull’accessibilità ne prevede l’obbligo già dal 2025. La sfida è sicuramente complessa, non si parla solamente di accessibilità dei siti web, ma anche dei portali, dei documenti self-service e così via. L’Italia, per il raggiungimento dell’obiettivo previsto, deve compiere ancora qualche passo per definire in modo preciso i criteri normativi, le sanzioni e, possibilmente, un sistema di incentivi per le imprese affinché si possa investire in accessibilità. In due parole serve un contesto normativo chiaro e ben definito, con regole certe e conseguenze chiare, garantendo incentivi alle imprese per far si che possano investire in attività di formazione a tutti i livelli. L’accessibilità deve far parte della cultura aziendale come primissimo elemento”.