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1984-2024: in teatro la profezia di George Orwell

Subiaco

Foto di Mikhail Pavstyuk su Unsplash

Uno spettacolo teatrale per far rivivere il genio distopico di George Orwell. In realtà George Orwell è lo pseudonimo di Eric Arthur Blair, nato in India da una famiglia scozzese nel 1903 e morto a Londra nel 1950. Giornalista culturale, saggista, critico letterario, Orwell è oggi considerato uno dei maggiori autori di lingua inglese del Novecento”Il potere non è un mezzo, è un fine – scrive il romanziere-. Non si stabilisce una dittatura nell’intento di salvaguardare una rivoluzione. Ma si fa una rivoluzione nell’intento di stabilire una dittatura. Il fine della persecuzione è la persecuzione. Il fine della tortura è la tortura. Il fine del potere è il potere.” Il romanzo “1984”, pubblicato pochi anni dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, è una spietata e profetica riflessione sul potere. È considerato una delle più lucide rappresentazioni del totalitarismo e anche uno dei primi e più importanti esempi di romanzo distopico. L’azione si svolge infatti in un futuro prossimo del mondo (l’anno 1984) in cui il potere si concentra in tre immensi superstati. Ossia Oceania (con capitale Londra), Eurasia ed Estasia. Al vertice del potere politico in Oceania c’è il Grande Fratello (“Big Brother”), onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona ma di cui ovunque sono visibili grandi manifesti. Il Ministero della Verità, nel quale lavora il protagonista Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith comincia però a condurre un’esistenza “sovversiva”. 1984 è uno dei romanzi più conosciuti e forse più controversi del secolo scorso. Un romanzo in grado di smuovere le coscienze e di portare il lettore a riflettere sul passato, sul presente e soprattutto sul futuro. “Il Grande Fratello ti sta osservando”: con questo slogan l’autore britannico ha mostrato la propria lungimiranza, ponendo l’accento su uno dei temi più caldi al giorno d’oggi: il controllo del potere sull’opinione pubblica perpetrato mediante i mezzi di comunicazione. 1984 è una pietra miliare della letteratura inglese.

Orwell in teatro

Violante Placido, Ninni Bruschetta e Woody Neri sono i protagonisti al Teatro Carcano di Milano di ‘1984’ di George Orwell, in cartellone fino al 24 novembre. Un tour de force teatrale a metà fra thriller, storia romantica, noir e spettacolarità. Il capolavoro orwelliano, perennemente in cima alle classifiche dei libri più letti di ogni anno, oggi – nel mondo della rete, della dittatura tecnologica e del controllo digitale – mantiene intatta tutta la sua sconvolgente attualità e si presta più che mai a essere una rappresentazione impietosa dei nostri giorni, in cui la privacy è un’illusione, la nozione di verità oggettiva è messa continuamente in discussione, potere e servilismo vanno a braccetto e la corruzione è tale da far sembrare inutile ogni forma di ribellione. Uno spettacolo che, chiedendo al pubblico di mettere in dubbio la realtà di ciò che avviene in scena, pone un interrogativo senza tempo: che cos’è la verità? Sotto la guida del regista Giancarlo Nicoletti (Premio Franco Enriquez 2023), una compagnia di talenti di prim’ordine che ha per protagonisti Violante Placido, Ninni Bruschetta e Woody Neri e altri sei attori, insieme a una scenografia imponente firmata da Alessandro Chiti, che si avvale di videoproiezioni, telecamere a circuito chiuso ed effetti speciali, completati dal disegno video visionario di Alessandro Papa, dagli iconici costumi di Paola Marchesin e dalle suggestive luci di Giuseppe Filipponio. Le musiche originali composte dal duo Oragravity completano una produzione di grande spettacolo dal vivo e a fortissimo impatto sul pubblico, per raccontare un modern classic della letteratura in maniera innovativa, coinvolgente e inaspettata. “‘1984‘ è un romanzo straordinario, profondamente complesso e affascinante, e probabilmente il capolavoro del Novecento più destinato a rinnovare di continuo la sua cifra di attualità nel tempo – spiega Giancarlo Nicoletti- Non mi stupirei di leggere ‘vedi 1984’ alla descrizione della voce ‘profetico’ del dizionario. Ed è sulla base di questo presupposto che si è installato tutto il lavoro della regia e dei creativi per riuscire a portare in scena – rendendolo un’esperienza assai impattante di spettacolo dal vivo, sia nei significati che nel suo farsi sulla scena – il nucleo centrale del capolavoro orwelliano”. “‘Il Grande Fratello sei tu, che osservi’ fa dire Orwell dal personaggio di O’Brien all’antieroe protagonista Winston. In tempi di abbuffata voyeuristico-mediatica derivata dai canali di comunicazione e di auto-rappresentazione del sé sui social, sono parole che non potrebbero risultare più attuali – spiega ancora il regista – Orwell scrive immaginando un mondo distopico – l’Oceania a trazione totalitaria del Partito – e creando un universo frutto della deriva socialista e tecnologica. Neanche lui poteva immaginare, probabilmente, che quell’intuizione si sarebbe prestata così tanto a rappresentare questo nostro presente post-ideologico che, archiviati i concetti di destra e sinistra per come ce li ha lasciati il Novecento, vede alla ribalta una nuova forma soft di dittatura, fatta di hi-tech, globalizzazione tradita, media e social”.

 

“Il nostro Grande Fratello e l’Oceania orwelliana in scena, dunque, vivranno non in una dittatura del secolo scorso, ma nelle odierne Silicon Valley, negli Apple Store, a Guantanamo o in Iraq, in una diretta streaming o nel mondo dell’intelligenza artificiale e fonderanno il proprio potere sull’invasione della sfera privata – autorizzata ovviamente dal consenso informato - aggiunge – Il Grande Fratello digitale dei nostri giorni esiste ed è una rete che avvolge tutti e ci accompagna in ogni momento del quotidiano. La suggestione che il Big Brother possa essere solo un algoritmo e non un politico in carne ed ossa, peraltro, è già nelle pagine del romanzo. Queste le riflessioni che sono state la bussola del progetto prosegue il regista – senza però ridurre il tutto a facili scenari futuristici da tute spaziali, ma semmai astraendo la nostra quotidianità, trasportandola nel tempo e immaginando cosa-potrebbe-essere e come-potrebbe-essere. E, naturalmente, con uno sforzo esegetico che non tradisse mai lo spirito dell’autore e del romanzo”. “Attenzione, però, che non si tratta di un’operazione di mera attualizzazione – promette Nicoletti – Sarebbe stato riduttivo e probabilmente improprio. Si può attualizzare un’opera ambientata in un passato definito, ma Orwell, quando scriveva nel 1948, immaginava il futuro, e quella data, il 1984, altro non è che un divertissement numerico. Quindi ho immaginato il futuribile, prendendo atto che la cifra profetica del discorso orwelliano, riletta con le lenti contemporanee, si presta ancora a raccontare noi e l’oggi, lasciandoci di nuovo sbigottiti, affascinati e sgomenti”. “E questo spero possa essere l’effetto finale sul pubblico – continua – a cui verrà richiesto, ogni sera, di specchiarsi, farsi delle domande e di mettere continuamente in discussione l’autenticità degli eventi in scena. Confrontandosi, in definitiva, col vero nucleo del capolavoro orwelliano: l’ambiguità e gli interrogativi ‘Cos’è il reale? Cos’è la verità e cos’è una bugia? Siamo veramente in grado di distinguerne il confine, e cosa ci aiuta a farlo?’. Che, nei giorni delle fake news, del ‘è vero perché l’ho letto su Facebook’ e della realtà virtuale, sono interrogativi imprescindibili”.

Giacomo Galeazzi: