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VISITA A TORINO, BERGOGLIO CONDANNA LA “CULTURA DELLO SCARTO”

E’ stata una giornata intensa quella del Papa a Torino. Il Pontefice è sbarcato nel capoluogo piemontese poco dopo le 8 di ieri. Al suo arrivo è stato accolto dalle massime istituzioni regionali e cittadine: il governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, il sindaco di Torino, Piero Fassino, e l’Arcivescovo Cesare Nosiglia. Dopo i saluti di rito Francesco è stato prelevato da un’automobile scoperta per recarsi verso il centro della città dove è iniziata la visita vera e propria. Si tratta di un viaggio particolarmente significativo per il Santo Padre, non solo per la meditazione davanti alla Santa Sindone ma anche perché avviene in Piemonte, regione dalla quale i suoi antenati partirono alla volta dell’Argentina, Paese natale del Papa venuto “dalla fine del mondo”.

La prima tappa si è svolta in piazzetta Reale dove ha incontrato gli esponenti del mondo del lavoro. C’erano l’Ad di Fca, Sergio Marchionne, il responsabile di Fca per la Regione Emea Alfredo Altavilla, il presidente della Camera di Commercio di Torino Vincenzo Ilotte, il presidente di Confindustria Piemonte Gianfranco Carbonato e Lavinia Elkann, moglie del presidente di John Elkann, che è invece in America. “Esprimo la mia vicinanza ai giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie – ha detto il Pontefice – ma anche agli imprenditori, agli artigiani e a tutti i lavoratori dei vari settori, soprattutto a quelli che fanno più fatica ad andare avanti. Il lavoro – ha ricordato il Papa – non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e per l’inclusione sociale. In questa crisi, non si può solo aspettare la ripresa. Il lavoro è fondamentale, lo dichiara fin dall’inizio la Costituzione Italiana, ed è necessario che l’intera società, in tutte le sue componenti, collabori perché esso ci sia per tutti e sia un lavoro degno dell’uomo e della donna”.

Il Papa ha poi sottolineato il valore della famiglia all’indomani della manifestazione dei cattolici a Roma. “Mi è piaciuto che voi – ha detto il Santo Padre rivolgendosi ai rappresentanti del mondo del lavoro – abbiate parlato di famiglia, dei figli e dei nonni, non dimenticate questa ricchezza”. Figli e nonni sono “la forza” per andare avanti. “I figli sono la promessa da portare avanti: questo lavoro che voi avete segnalato, che avete ricevuto dai vostri antenati. E gli anziani – ha detto Bergoglio parlando a braccio della famiglia – sono la ricchezza della memoria. Una crisi non può essere superata, noi non possiamo uscire dalla crisi senza i giovani, i ragazzi, i figli e i nonni. Forza per il futuro, e memoria del passato che ci indica dove si deve andare. Non trascurare questo, per favore. I figli e i nonni sono la ricchezza e la promessa di un popolo”.

Dopo l’applauso dei fedeli di fronte alla cattedrale di San Giovanni, e la benedizione, il Pontefice è entrato nella Chiesa e si è seduto di fronte al telo, la testa reclinata verso il basso e le luci abbassate. In cattedrale erano presenti suore di clausura e sacerdoti ospiti delle case del Clero della Diocesi, il Capitolo dei canonici, la Commissione Sindone, alcuni parenti del Beato Piergiorgio Frassati, l’arcivescovo emerito di Torino, cardinale Severino Poletto, e i vescovi della Conferenza Episcopale Piemontese e Valdostana. Bergoglio ha pregato per alcuni minuti, poi dopo il segno della croce si è alzato e si è avvicinato alla teca che custodisce la Sindone toccandola con la mano destra.

Finita la meditazione davanti al Sacro Telo si è diretto in piazza Vittorio, dove ha concelebrato al Messa. Significativi alcuni passaggi dell’Omelia. Il Papa ha invitato a spogliarsi dei rancori e delle inimicizie senza ascoltare “lo spirito del mondo che è sempre alla ricerca di novità, ma soltanto la fedeltà di Gesù capace della vera novità di farci uomini nuovi”. Secondo il Papa occorre “condividere le difficoltà di tanta gente, delle famiglie specialmente quelle più fragili e segnate dalla crisi economica”. “Anche noi cristiani – ha proseguito – corriamo il rischio di lasciarci paralizzare dalle paure del futuro e cercare sicurezze in cose che passano, o in un modello di società chiusa che tende ad escludere più che a includere”. Da qui l’appello ad ancorarsi all’amore stabile e sicuro di Dio, “sicuro come gli scogli rocciosi che riparano dalla violenza delle onde”. Bergoglio ha ricordato l’amore fedele di Gesù: “Lui non si stanca mai di volerci bene, di sopportarci, di perdonarci, e così ci accompagna nel cammino della vita, secondo la promessa che fece ai discepoli: ‘Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo’. Per amore si è fatto uomo, per amore è morto e risorto, e per amore è sempre al nostro fianco, nei momenti belli e in quelli difficili. Gesù ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura. E ci ama tutti, al punto che ognuno di noi può dire: ‘Ha dato la vita per me’. La fedeltà di Gesù non si arrende nemmeno davanti alla nostra infedeltà”.

Nell’omelia il Pontefice ha poi affermato: “L’amore di Dio ri-crea tutto, cioè fa nuove tutte le cose, come ci ha ricordato la seconda Lettura. Riconoscere i propri limiti, le proprie debolezze, è la porta che apre al perdono di Gesù, al suo amore che può rinnovarci nel profondo, che può ri-crearci. La salvezza può entrare nel cuore quando noi ci apriamo alla verità e riconosciamo i nostri sbagli, i nostri peccati; allora facciamo esperienza, quella bella esperienza di Colui che è venuto non per i sani, ma per i malati, non per i giusti, ma per peccatori; sperimentiamo la sua pazienza, ne ha tanta, la sua tenerezza, la sua volontà di salvare tutti”. Particolarmente toccante il momento in cui il Santo Padre ha recitato “Rassa Nostrana” di Nino Costa, un’antica poesia piemontese, insegnatagli dall’amata nonna Rosa. “Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono – ha esordito Bergoglio, visibilmente commosso – teste quadre, polso fermo e fegato sano, parlano poco ma sanno quel che dicono, anche se camminano adagio, vanno lontano. Gente che non risparmia tempo e sudore, razza nostrana libera e testarda. Tutto il mondo conosce chi sono e, quando passano… tutto il mondo li guarda”. In questa terra, ha poi commentato, sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l’amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi. Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia”.

Dopo la Messa Francesco ha pronunciato l’Angelus domenicale davanti a migliaia di fedeli. A Maria Consolata, protettrice di Torino e del Piemonte, Bergoglio ha affidato queste terre. “Renda salda la vostra fede, sicura la vostra speranza e feconda la vostra carità, per essere ‘sale e luce’ di questa terra benedetta”. Ha poi pregato la Madonna affinché protegga “questa città e il suo territorio e coloro che vi abitano, perché possano vivere nella giustizia, nella pace e nella fraternità. In particolare affido le famiglie, i giovani, gli anziani, i carcerati e tutti i sofferenti, con un pensiero speciale per i malati di leucemia nell’odierna Giornata Nazionale contro leucemie, linfomi e mieloma”. Un terra di cui “di sono nipote” ha ricordato il Papa in un fuori programma, facendo riferimento ai nonni che proprio dal Piemonte partirono, nel 1929, alla volta dell’Argentina. Il Santo Padre ha poi definito la Sindone “icona dell’amore di Cristo” che “attira verso il volto e il corpo martoriato di Gesù e, nello stesso tempo, spinge verso il volto di ogni persona sofferente e ingiustamente perseguitata. Ci spinge nella stessa direzione del dono di amore di Gesu”. Al termine dell’Angelus ha lasciato piazza Vittorio e ha raggiunto in auto l’Episcopio e lungo il tragitto, in via dell’Arcivescovado, ha salutato i Militari dell’attigua Scuola di Formazione che si trovano schierati al suo passaggio. Il pranzo si è svolto nella sede della diocesi torinese, Francesco ha mangiato insieme ad alcuni detenuti del carcere minorile, una famiglia rom e alcuni immigrati.

Il programma è proseguito con la visita a Santa Maria Ausiliatrice. Ad attenderlo, davanti all’ingresso della basilica eretta da San Giovanni Bosco come monumento di riconoscenza alla Vergine Maria e centro spirituale dell’Opera Salesiana nel mondo, il Rettor Maggiore dei Salesiani don Angel Fernandez Artime, e suor Yvonne Reungoat, Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Sul sagrato erano presenti delegazioni di oratori da tutta Italia e, dall’estero, da Svizzera, Uruguay, Brasile e Argentina. “Cerea Francesco don Bosco nel cuore”, è stato lo striscione dei salesiani di Chieri. I ragazzi hanno sventolato palloncini gialli e blu. Un gruppo del centro di formazione di Bra ha realizzato una moto dedicata a Francesco con i colori del Vaticano e dell’Argentina. Francesco, che sulla piazza ha baciato alcuni neonati, si è fermato a pregare davanti alle spoglie di San Giovanni Bosco, di cui quest’anno ricorrono i duecento anni dalla nascita. Davanti ai 500 salesiani che lo ascoltavano Bergoglio non ha seguito il protocollo rinunciando a leggere il discorso preparato, preferendo parlare a braccio.”Ho pensato tanto a cosa dirvi e l’ho scritto – ha detto il Papa – ma è troppo formale. Lo consegno al rettor maggiore, che ho conosciuto in confessionale…” Francesco ha voluto ricordare l’importanza di quest’ordine nella sua vita. “Sono tanto riconoscente ai salesiani, per quello che hanno fatto per la mia famiglia che era molto attaccata a loro – ha spiegato – mia mamma e mio papà sono stati sposati da un salesiano, missionario della Patagonia, proveniente da Lodi, che mi ha molto aiutato nella mia vocazione”. Allo stesso modo per Don Bosco fu importante una figura particolare: la madre. “Don Bosco sapeva educare l’affettività dei ragazzi perché aveva avuto una mamma buona e carina che con tanto amore educò il suo cuore – ha aggiunto il Papa – Non si può capire Don Bosco senza sua madre”. In seguito ha detto che “la Chiesa, poveretta, deve convertirsi tutti i giorni, dal Papa in giù, non bisogna vergognarsi della Santa Madre Chiesa”. Raccontando la storia di Don Bosco il Pontefice ha rammentato che a fine ‘800 questa regione dell’Italia “era massonica, c’erano mangiapreti, anticlericali, era anche demoniaca. Ma quanti santi sono usciti! quanti santi, fate il conto”.

Bergoglio è anche tornato sull’opera del Santo a favore dei giovani. “Oggi siamo in una situazione dove il 40 per cento dei giovani in Italia dai 25 anni in giù sono senza lavoro, né studiano né lavorano, e voi salesiani avete la stessa sfida che ha avuto don Bosco. Prendere questi ragazzi e queste ragazze – ha sottolineato – Don Bosco cosa faceva? Lo sport, perché lo sport ti porta a essere sociale, a una competitività sana, alla bellezza di lavorare tutti insieme, e poi l’educazione, le scuole salesianie dove si imparava un mestiere. Ma oggi i salesiani sono capaci di formarli in questi mestieri di urgenza? Non pensiamo che questi ragazzi di strada oggi, penso alla mia patria, possono andare a fare il liceo classico o scientifico: diamo loro qualcosa che sia fonte di lavoro, un lavoro piccolo anche, un lavoro che oggi sì domani no, ma un lavoro, aiutarli, dare una educazione di emergenza. Oggi i ragazzi di strada hanno bisogno di educazione di emergenza, imparare in poco tempo un mestiere pratico, poi si vedrà. Questo 40 per cento ha bisogno di qualcosa e la creatività salesiana deve prendere in mano queste sfide di oggi”. Insomma, “diamo da mangiare ai ragazzi di strada, è vero, con lo stomaco vuoto non si può lodare Dio, ma promuoverli con questa creatività di educazione a misura della crisi”.

Particolarmente toccante è stata poi la tappa alla Piccola casa della Divina Provvidenza di Torino, conosciuta come Cottolengo, nella quale sono ricoverate persone con handicap fisici e mentali, anziani, minori abbandonati, orfani e tossicodipendenti. Nel suo intervento ha ricordato che “l’esclusione dei poveri e la difficoltà per gli indigenti a ricevere l’assistenza e le cure necessarie, è una situazione che purtroppo è presente ancora oggi. Sono stati fatti grandi progressi nella medicina e nell’assistenza sociale, ma si è diffusa anche una cultura dello scarto, come conseguenza di una crisi antropologica che non pone più l’uomo al centro, ma il consumo e gli interessi economici”.

L’ultimo appuntamento di questa domenica torinese si è svolto a piazza Vittorio Veneto davanti a migliaia di giovani. Parlando ancora una volta a braccio Francesco ha ricordato il motto del beato Pier Giorgio Frassati “Vivere, non vivacchiare!”. “Che tristezza – ha detto – i giovani che vanno in pensione a vent’anni!”. Il Papa ha poi parlato dell’amore: “non è amore soltanto dire ‘ti amo’ ma chiedersi: Cosa fai per amore? L’amore si dà. Pensate che Dio ha iniziato a parlare dell’amore quando ha scelto il suo popolo, ha fatto allenza e ha salvato il suo popolo. Ha perdonato tanto, ha fatto cose di amore, opere di amore. L’amore si fa nel dialogo, nella comunione. L’amore non è né sordo, né muto”. Subito dopo ha scherzato per affrontare un argomento scomodo. “Io so che voi siete buoni e mi permetterei di parlare con sincerità – ha esordito -. Non vorrei fare il moralista ,ma vorrei dire una parola impopolare. Anche il Papa a volte deve rischiare sulle cose per dire la verità. L’amore è nelle opere, è molto rispettoso delle persone. E’ casto, e a voi giovani, in questo mondo edonista, dico: siate casti. Questa è la prova dell’amore genuino che sa dare la vita, che non sa usare l’altro per il proprio piacere. E’ l’amore che fa sacra la vita, l’amore del rispetto. Non è facile: tutti sappiamo le difficoltà per superare questa concezione facilista, edonista dell’amore. Vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente. E di questo paghiamo una conseguenza”. Bergoglio ha sottolineato che “se l’amore è nelle opere, nel comunicare, l’amore si sacrifica. Ma guardate l’amore dei genitori, di tante mamme e papà che al mattino arrivano al lavoro stanchi perchè non hanno dormito bene per curare i figli ammalati. Questo è amore, questo è rispetto. Questo è servizio perchè l’amore è servire gli altri”. Bergoglio ha poi invitato a non abbandonarsi alla sfiducia. Ci sono situazioni per cui uno dice: ‘è giusto vivere così?’. Pensiamo in questo modo alle guerre”.

E proprio ai conflitti in atto ha dedicato un passaggio importante. “A volte ho detto che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi. In Europa c’è la guerra, in Africa c’è la guerra, in Medio Oriente c’è la guerra. Bisogna avere fiducia in una vita così? Si può avere fiducia dei dirigenti mondiali? Quando vado a dare il voto mi posso fidare che non porteranno il mio Paese alla guerra. Se ti fidi solo degli uomini hai perso. A me fa pensare una sola cosa. Dirigenti, imprenditori che si dicono cristiani e fabbricano armi. Questo dà un po’ di sfiducia. ‘No padre ho i miei investimenti nelle fabbriche di armi’. Perchè gli interessi sono un po’ più alti. Anche la doppia faccia è moneta corrente oggi: dire una cosa e farne un’altra. L’ipocrisia”. Il Santo Padre ha ricordato “alla grande tragedia dell’Armenia. Tanti milioni sono morti, non so la cifra precisa. Ma dove erano le grandi potenze di allora – si è chiesto -? Guardavano da un’altra parte perché erano interessati nella guerra. Poi, negli anni ’30- ’40 la tragedia la tragedia della Shoah. Un po’ dopo c’erano i lager in Russia, Stalin. Quanti cristiani hanno sofferto e sono stati uccisi. Le grandi potenze si dividevano l’Europa come una torta. Tanti anni sono passati per arrivare ad una certa libertà. Tutta l’ipocrisia di parlare di pace e di vendere le armi. Io capisco la sfiducia nella vita”. Il Papa ha osservato che oggi “tutto si fa per denaro. Come mi posso fidare della vita che non sia di distruzione? Dirò una parola: fare controcorrente. A voi giovani che vivete questa situazione economico-culturale edonista consumista, dico fate cose costruttive”. L’invito finale rivolto ai giovani è stato quello di essere “coraggiosi e creativi” e di andare “controcorrente”.

Ecco il programma dei prossimi appuntamenti del Papa nella due giorni a Torino

Lunedì 22 giugno

ore 9.00 – Corso Vittorio Emanuele II: visita al tempio Valdese;
ore 10.15 – Arcivescovado: il Papa incontra i suoi familiari di origine piemontese. Messa e pranzo privato;
ore 17.00 – Saluto ai ragazzi e viaggio verso l’aeroporto per il rientro

Foto di copertina – Reuters

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