Di ritorno dal suo viaggio apostolico in Egitto, il diciottesimo per Papa Bergoglio, Francesco parla con i giornalisti che lo seguono sul volo papale. Tanti gli argomenti trattati, dal caso Regeni, alle tensioni tra Usa e Corea del Nord, fino alla questione dei migranti e alla crisi che sta attanagliando il Venezuela. Non sono poi mancati riferimenti al dialogo ecumenico che la Santa Sede sta portando avanti con i leaders religiosi di tutte le confessioni.
Il caso Regeni
Alla domanda: “Ieri ha incontrato il presidente Al Sisi: avete parlato di diritti umani e del caso di Giulio Regeni? Si potrà conoscere la verità?”, Papa Francesco risponde: “Sono preoccupato: dalla Santa Sede mi sono mosso su questo tema, perché anche i genitori me lo hanno chiesto. Non dirò come e dove, ma ci siamo mossi”. Del colloquio con Al-Sisi ha invece detto che “era privato, e per rispetto si deve mantenere la riservatezza. Generalmente, quando parlo con un capo di Stato in dialogo privato, quello rimane privato – spiega il Pontefice -. A meno che, di comune accordo, su un certo punto si decide di renderlo pubblico”. In Egitto, ha aggiunto “ho avuto quattro dialoghi”, col grande imam di Al-Azhar, col presidente Al-Sisi, col patriarca copto ortodosso Tawadros e col patriarca copto cattolico Ibrahim. Per rispetto si deve mantenere la riservatezza”.
Difendere la pace
Durante la visita in Egitto, più volte ha sottolineato che la pace, la prosperità e lo sviluppo meritano ogni sacrificio, ed è importante il rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo. Alla domanda: “È stato il suo un supporto al governo egiziano che cerca di difendere i cristiani?”, Bergoglio risponde: “Ho parlato dei valori in se stessi, del difendere la pace, l’armonia dei popoli, l’uguaglianza dei cittadini, qualsiasi sia la religione che professano. Sono valori e io ho parlato di valori. Se un governante difende uno o l’altro di questi valori è un altro problema”. Poi, aggiunge: “Ho fatto finora 18 viaggi e in parecchi paesi ho sentito: ‘il Papa appoggia questo o quel governo'”. Francesco fa notare che un governo ha sempre “le sue debolezze o i suoi avversari politici che dicono una cosa e un’altra. Io non mi immischio, parlo dei valori: ognuno veda e giudichi se un governo o uno Stato porta avanti questi valori”.
Diplomazia unica strada per la pace
In più momenti, durante il suo viaggio in Egitto, il Santo Padre sottolinea come ogni essere umano possa essere “costruttore di pace”. Il mondo trema difronte all’idea di una guerra nucleare tra Usa e Corea del Nord. Alla domanda: “Se vedrà Trump e altri leader, che cosa dirà loro?”, Bergoglio risponde: “Li richiamo e li richiamerò a un lavoro per risolvere i problemi sulla strada della diplomazia”. Il Papa fa l’esempio della Norvegia, “sempre pronta ad aiutare”. Bergoglio fa notare che davanti all’ombra della guerra, l’unica via è quella “negoziato e della diplomazia”. Sono due anni, ricorda, che “parlo di guerra mondiale a pezzi”. Oggi questi “pezzi si sono allargati e si concentrano in punti che erano già caldi”. Il richiamo al negoziato è urgente, afferma il Pontefice, “perché è il futuro dell’umanità: oggi una guerra allargata distruggerebbe una buona parte dell’umanità ed è terribile!”. Quindi chiede alle Nazioni Unite di “riprendere un po’ la loro leadership perché si è un po’ annacquata”.
L’incontro con Trump
Alla domanda: “Lei vuol incontrare il presidente Trump?”, il Papa risponde senza esitazioni: “Non sono stato ancora informato di richieste da parte della Segreteria di Stato, ma io ricevo ogni capo di Stato che chiede udienza”.
Il voto in Francia
Un giornalista, ricordando le parole dette dal Pontefice all’università di Al Azhar, dove Bergoglio ha definito i populismi “demagogici”, domanda: “I cattolici francesi sono tentati dal voto populista ed estremo e sono divisi tra due candidati. Quali elementi di discernimento può dare per questi elettori cattolici?”. “Ho dovuto re-imparare in Europa la parola ‘populismi’ – afferma il Papa – perché in America Latina ha un altro significato”. “Ogni Paese è libero di fare le scelte che crede convenienti e davanti a questo io non posso giudicare se questa scelta la fa per un motivo o per l’altro”, aggiunge Bergoglio. “È vero che l’Europa è in pericolo di sciogliersi” ma oggi, prosegue, “c’è un problema che spaventa e forse alimenta questi fenomeni”, l’immigrazione. Tuttavia, fa notare il Papa, “l’Europa è stata fatta dai migranti, da secoli e secoli di migranti. È un problema che si deve studiare bene, rispettando le opinioni, una discussione politica con la lettera maiuscola”. Poi, tornando sulla questione del voto in Francia, afferma: “Dico la verità, non capisco la politica interna francese”.
No ai migranti chiusi in lager
Restando sull’argomento “migranti”, Papa Francesco precisa: “Il mio non è stato un lapsus. Ho parlato dei Paesi più generosi dell’Europa, citando Italia e Grecia”. Per quanto riguarda la Germania, “ho sempre ammirato la capacità di integrazione dei tedeschi. Quando io studiavo lì, c’erano tanti turchi integrati a Francoforte che facevano una vita normale”. Tuttavia, “ci sono campi di rifugiati che sono veri campi di concentramento. Qualcuno forse c’è in Italia, qualcuno forse in altre parti. Lei pensi che cosa fa la gente quando è rinchiusa in un campo senza poter uscire. Pensi che cos’è successo in Nord Europa quando i migranti volevano attraversare il mare per andare in Inghilterra, e sono stati chiusi dentro”. Poi racconta un avvenimento che lo ha fatto “ridere”, “questa è un po’ la cultura italiana: in Sicilia, in un piccolo paese, c’è un campo rifugiati. I capi di quel paese hanno parlato ai migranti e hanno detto loro: ‘Stare qui dentro farà male alla vostra salute mentale, dovete uscire, ma per favore non fate cose brutte! Noi non possiamo aprire i cancelli, ma facciamo un buco dietro, voi uscite, fate una passeggiata in paese…'”. In questa maniera, aggiunge, si sono “costruiti buoni rapporti con gli abitanti di quel paesino: i migranti non fanno atti di delinquenza o criminalità. Ma stare chiusi è un lager”.
La crisi in Venezuela
Nella conferenza stampa ad alta quota, trova spazio anche la crisi in Venezuela, dove la situazione sta precipitando. “Che cosa si può fare? Il Vaticano può fare una mediazione?”, Papa Francesco ricorda che c’è già stato un intervento della Santa Sede “su richiesta dei quattro presidenti che stavano lavorando come facilitatori, ma la cosa non ha avuto esito perché le proposte non sono state accettate, o venivano diluite”. Tutti sono consapevoli della difficle situazione che sta vivendo il Venezuela, prosegue, “un paese che io amo molto. So che ora stanno insistendo, non so bene da dove, credo ancora da parte dei quattro presidenti, per rilanciare questa facilitazione. Siamo in movimento. Tutto quello che si può fare bisogna farlo con le necessarie garanzie”.
I rapporti tra Santa Sede, Ortodossi e Copti
Infine, Papa Francesco parla dei rapporti con gli ortodossi russi e i copti. “Il riconoscimento comune del battesimo è importante – domandano i giornalisti -. Come valuta il rapporto tra Vaticano e Russia alla luce della difesa dei cristiani in Medio Oriente e Siria?”. “Con gli ortodossi ho sempre avuto una grande amicizia – risponde Bergoglio -. A Buenos Aires, ogni vigilia di Natale andavo ai vespri alla cattedrale del patriarca ortodosso che adesso è arcivescovo in Ucraina: due ore e 40 di preghiera in una lingua che non capivo. E poi partecipavo alla cena della comunità. Anche gli altri ortodossi, alcune volte, quando avevano bisogno di aiuto legale, venivano alla Curia cattolica. Siamo Chiese sorelle”. Poi, parlando del Papa copto, Tawadros II, afferma: “Ho un’amicizia speciale, per me è un grande uomo di Dio, è un grande patriarca che porterà la Chiesa avanti. Ha un grande zelo apostolico, è uno dei più ‘fanatici’ per trovare la data fissa della Pasqua. Anche io lo sono, ma lui dice: lottiamo!”. Nel concludere la conferenza stampa, Bergoglio non dimentica la diemnsione ecumenica del viaggio in Egitto: “In questo viaggio abbiamo fatto l’incontro ecumenico, c’era anche Bartolomeo, c’erano gli anglicani… L’ecumenismo si fa in cammino con le opere di carità, stando insieme. Non esiste un ecumenismo statico. I teologi devono studiare ma questo non è possibile che finisca bene se non si cammina insieme, pregando insieme. So che lo Stato russo parla della difesa dei cristiani in Medio Oriente, questa credo che sia una cosa buona: parlare contro la persecuzione. Oggi ci sono più martiri che in passato”.