21esima domenica del Tempo Ordinario (B)
Giovanni 6,60-69: “Signore, da chi andremo?”
Il giorno del grande scandalo!
Siamo giunti alla fine del capitolo 6 del vangelo di Giovanni, che abbiamo ascoltato durante cinque domeniche, interrompendo la lettura del vangelo di Marco, previsto dal calendario liturgico per quest’anno. Il passo di oggi ci presenta la reazione dei discepoli di Gesù al discorso che egli aveva appena concluso, nella sinagoga di Cafarnao, il giorno dopo il miracolo della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci. Non si parla più della folla o dei giudei, ma del seguito dei discepoli che prendono posizione davanti all’affermazione di Gesù di essere il Pane/Parola e il Pane/cibo e bevanda disceso dal cielo.
Il brano si divide in due parti. Nella prima, troviamo il gruppo dei suoi seguaci che mormora: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. Questi discepoli si scandalizzano e decidono di andarsene. Nella seconda parte del testo, Gesù interpella il gruppo dei Dodici, domandando loro: “Volete andarvene anche voi?”. San Pietro si fa portavoce del gruppo e risponde: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
L’ambiente è carico di tensione, quasi palpabile. Man mano che Gesù rivela il senso profondo del segno che aveva operato, il disagio, la mormorazione e la critica si impadroniscono di tutto il suo uditorio: la folla, poi i “giudei”, cioè, i capi religiosi suoi avversari, e adesso addirittura il folto gruppo dei discepoli che lo seguivano, attirati dai suoi miracoli più che dalla novità del suo messaggio. E accade allora qualcosa di inaspettato: il più grande segno operato da Gesù, riconosciuto come il segno messianico che tutti si aspettavano (“Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!”, v.14) diventa il suo primo grande fallimento. Si è capovolta la situazione. Non che Gesù sia stato preso alla sprovvista. Infatti, fin dal giorno prima, quando la gente voleva “prenderlo” (v.15) per farlo re, Gesù aveva percepito tutta l’ambiguità delle attese della folla. Satana era ritornato per tentarlo!
Come si spiega Gesù questa situazione? Ci sono due tipi di mentalità che si contendono il cuore dell’uomo: la carne che “non giova a nulla” e lo Spirito che “dà la vita”. Lo spirito della carne agisce per istinto, mentre lo Spirito di Dio agisce per fede. La fede, però, non è conquista dell’uomo ma dono di Dio: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre”.
Questo è un momento drammatico di crisi nel ministero di Gesù, che corrisponde a quello del suo insuccesso a Nazareth, riportato dai tre vangeli sinottici. Lì Gesù aveva reagito con lo stupore, qui con l’amarezza. Non crediamo che Gesù fosse indifferente o insensibile alle reazioni dei suoi ascoltatori! Anche lui ha sperimentato tutti i sentimenti nostri. In questo caso possiamo pensare che abbia provato tristezza, frustrazione e amarezza per la chiusura di cuore degli uditori.
Cosa dire dei Dodici? È la prima volta che compare il gruppo nel vangelo di Giovanni. Forse nemmeno loro hanno capito granché e un miscuglio di pensieri e di sentimenti ha riempito di confusione la loro mente e il loro cuore. Pietro parla qui per la prima volta e con la sua professione di fede aiuta il gruppo a ritrovare la compattezza. Ma niente sarà come prima. Oltre l’incredulità e l’abbandono di molti, fluttua adesso sul gruppo la nube nera dell’annuncio di un tradimento.
3. Evangelizzare i nostri fallimenti. Tutti noi accumuliamo esperienze e ricordi di insuccessi e fallimenti che possono diventare una zavorra nel nostro cammino. Non sempre il tempo li guarisce. Hanno bisogno di essere evangelizzati. Col passare degli anni, ci accorgiamo che la nostra vita non è una marcia vittoriosa di raccolta di trionfi e medaglie, come avevamo sognato. Accettare con serenità la nostra fragilità e i nostri limiti, riconciliarsi con la propria realtà, incassare le sconfitte senza scoraggiarsi, è l’unica via per ritrovare la pace e la libertà interiore.
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