Se Dio è Padre, “perché non ascolta” la preghiera di una mamma per un figlio malato o di tanti “perché cessi una guerra”? Da questa domanda parte la catechesi di Papa Francesco nell’udienza generale di questa mattina, tenuta, per la terza volta in questo mese di maggio, nel cortile di San Damaso, e ancora dedicata alla preghiera cristiana.
Il bacio della bimba al Papa
Il Papa – scrive il Sir – è arrivato intorno alle 9 nel Cortile di San Damaso e ha cominciato, sorridente e rilassato, il giro a piedi tra i fedeli radunati intorno alle transenne, che ha benedetto più volte e con i quali si è fermato a più riprese a chiacchierare, ascoltando le loro storie. Tra i saluti, anche quello ad una bimba con un vestitino celeste che si è seduta sulla transenna, sorretta dai propri genitori, per ricevere la benedizione di Francesco. Un’altra bimba, vestitino blu e capelli biondi raccolti in trecce, quando ha ricevuto la carezza del Papa si è avvicinata alla sua guancia per dargli un bacio.
Non sono mancati gli autografi del Santo Padre su libri, disegni e immagini. Un gruppo di ragazzi gli ha fatto firmare un cartellone variopinto con disegni e lettere a carattere cubitali. Il pre-udienza è durato così oltre un quarto d’ora, prima che Francesco si dirigesse a piedi verso la sua postazione al centro del Cortile.
Guardiamo al “Padre nostro” e alle preghiere nei Vangeli
Nella catechesi, seguendo la traccia del Catechismo della Chiesa Cattolica, il Papa affronta “una contestazione radicale alla preghiera”, che deriva da una osservazione comune: “noi preghiamo, domandiamo, eppure a volte le nostre preghiere sembrano rimanere inascoltate”.
Francesco trova la risposta nel “Padre nostro”, dove le domande che Gesù ci insegna a fare “chiedono che si realizzi non il nostro progetto, ma la sua volontà nei confronti del mondo”. E poi nelle preghiere a Gesù e al Padre descritte nei Vangeli, dove a volte la risposta ad un dramma personale “non è immediata”, ma “differita nel tempo”.
Il Papa – scrive Vatican News – riconosce che se “il motivo per cui abbiamo pregato era nobile, come può essere l’intercessione per la salute di un malato, o perché cessi una guerra, il non esaudimento ci appare scandaloso”.
Per questo, sottolinea il Catechismo al numero 2734, “alcuni smettono perfino di pregare perché, pensano, la loro supplica non è esaudita”. E ci chiediamo, se Lui “ha assicurato di dare cose buone ai figli che gliele chiedono, perché non risponde alle nostre richieste?”.
Quando pretendiamo che sia Dio a servire noi
Il Catechismo, prosegue Francesco, “ci mette in guardia dal rischio di non vivere un’autentica esperienza di fede, ma di trasformare la relazione con Dio in qualcosa di magico”.
“In effetti, quando preghiamo possiamo cadere nel rischio di non essere noi a servire Dio, ma di pretendere che sia Lui a servire noi. Ecco allora una preghiera che sempre reclama, che vuole indirizzare gli avvenimenti secondo il nostro disegno, che non ammette altri progetti se non i nostri desideri”.
San Paolo: a volte non sappiamo nemmeno cosa chiedere
Per questo Gesù ci mette sulle labbra il “Padre nostro”, “una preghiera di sole domande”, ricorda il Pontefice, “ma le prime che pronunciamo sono tutte dalla parte di Dio”. E “chiedono che si realizzi non il nostro progetto, ma la sua volontà nei confronti del mondo”. Meglio lasciar fare a Lui: per questo diciamo: “Sia fatta la tua volontà”. L’apostolo Paolo, inoltre, nella Lettera ai Romani, “ci ricorda che noi non sappiamo nemmeno cosa sia conveniente domandare”.
“Quando preghiamo dobbiamo essere umili, perché le nostre parole siano effettivamente delle preghiere e non un vaniloquio che Dio respinge. Si può anche pregare per motivi sbagliati: ad esempio, per sconfiggere il nemico in guerra, senza domandarsi che cosa pensa Dio di quella guerra”.
Lo scandalo di una preghiera sincera che sembra inascoltata
Infatti tra quelli che scrivono “Dio è con noi”, prosegue Papa Francesco “pochi si preoccupano di verificare se loro sono effettivamente con Dio. Nella preghiera, è Dio che deve convertire noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio”.
Ma, sottolinea “rimane lo scandalo: quando gli uomini pregano con cuore sincero, quando domandano beni che corrispondono al Regno di Dio, quando una mamma prega per il figlio malato, perché a volte sembra che Dio non ascolti?”. E qui il Papa invita a meditare i Vangeli, che “sono pieni di preghiere”.
“Tante persone ferite nel corpo e nello spirito gli chiedono di essere guarite; c’è chi lo prega per un amico che non cammina più; ci sono padri e madri che gli portano figli e figlie malati… Sono tutte preghiere impregnate di sofferenza. È un immenso coro che invoca: ‘Abbi pietà di noi!'”.
La risposta non è immediata, ma poi arriva
“A volte – chiarisce il Pontefice – la risposta di Gesù è immediata, invece in qualche altro caso essa è differita nel tempo”. Ricorda la donna cananea “che supplica Gesù per la figlia: questa donna deve insistere a lungo per essere esaudita”, e il paralitico portato dai suoi quattro amici: “Inizialmente Gesù perdona i suoi peccati e solo in un secondo tempo lo guarisce nel corpo”.
Dunque, “in qualche occasione la soluzione del dramma non è immediata”. Esemplare è la guarigione della figlia di Giairo, raccontata dall’evangelista Marco, in un brano letto all’inizio dell’udienza. C’è un padre che chiede l’aiuto di Gesù per sua figlia che sta morendo. “Il Maestro accetta subito, ma mentre vanno verso casa succede un’altra guarigione, e poi giunge la notizia che la bambina è morta. Sembra la fine, invece Gesù dice al padre: ‘Non temere, soltanto abbi fede!'”.
“‘Continua ad avere fede’: è la fede che sostiene la preghiera. E infatti, Gesù risveglierà quella bambina dal sonno della morte. Ma per un certo tempo, Giairo ha dovuto camminare nel buio, con la sola fiammella della fede”.
Il Male è signore del penultimo giorno, non dell’ultimo
Anche “la preghiera che Gesù rivolge al Padre nel Getsemani sembra rimanere inascoltata” conclude Papa Francesco, perché il Figlio “dovrà bere fino in fondo il calice della passione. Ma il Sabato Santo non è il capitolo finale, perché il terzo giorno c’è la risurrezione: il Male è signore del penultimo giorno, mai dell’ultimo”. Quello appartiene solo a Dio, “ed è il giorno in cui si compiranno tutti gli aneliti umani di salvezza”.
Il Papa affida a Maria tutte le madri
“In questo mese di maggio, in cui veneriamo la Beata Vergine Maria, affido alla sua intercessione tutte le madri, soprattutto quelle che attendono la nascita dei figli”. È il saluto del Papa ai fedeli polacchi, al termine dell’udienza di oggi, nel Cortile di San Damaso.
“La Madre di Dio estenda la sua protezione premurosa su tutte le donne e invochi dal suo Figlio per ciascuna le grazie necessarie e la benedizione sulla vita famigliare, materna e professionale”, ha proseguito Francesco.
Salutando, infine, i fedeli di lingua italiana il Papa ha ricordato la figura di San Filippo Neri, comunemente chiamato il “santo della gioia”, di cui oggi si celebra la memoria liturgica. “La letizia rasserenante, dono del Signore, accompagni e arricchisca il cammino di ciascuno di voi”, l’augurio del Santo Padre.
Il testo integrale della catechesi del Papa
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! C’è una contestazione radicale alla preghiera, che deriva da una osservazione che tutti facciamo: noi preghiamo, domandiamo, eppure a volte le nostre preghiere sembrano rimanere inascoltate: ciò che abbiamo chiesto – per noi o per gli altri – non si è realizzato. Se poi il motivo per cui abbiamo pregato era nobile (come può essere l’intercessione per la salute di un malato, o perché cessi una guerra), il non esaudimento ci appare scandaloso. «Alcuni smettono perfino di pregare perché, pensano, la loro supplica non è esaudita». Se Dio è Padre, perché non ci ascolta? Lui che ha assicurato di dare cose buone ai figli che gliele chiedono, perché non risponde alle nostre richieste?
Il Catechismo ci offre una buona sintesi sulla questione. Ci mette in guardia dal rischio di non vivere un’autentica esperienza di fede, ma di trasformare la relazione con Dio in qualcosa di magico. In effetti, quando preghiamo possiamo cadere nel rischio di non essere noi a servire Dio, ma di pretendere che sia Lui a servire noi. Ecco allora una preghiera che sempre reclama, che vuole indirizzare gli avvenimenti secondo il nostro disegno, che non ammette altri progetti se non i nostri desideri. Gesù invece ha avuto una grande sapienza mettendoci sulle labbra il “Padre nostro”. È una preghiera di sole domande, come sappiamo, ma le prime che pronunciamo sono tutte dalla parte di Dio. Chiedono che si realizzi non il nostro progetto, ma la sua volontà nei confronti del mondo. Meglio lasciar fare a Lui: “Sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà”.
L’apostolo Paolo ci ricorda che noi non sappiamo nemmeno cosa sia conveniente domandare. Quando preghiamo dobbiamo essere umili, perché le nostre parole siano effettivamente delle preghiere e non un vaniloquio che Dio respinge. Si può anche pregare per motivi sbagliati: ad esempio, per sconfiggere il nemico in guerra, senza domandarsi che cosa pensa Dio di quella guerra. È facile scrivere su uno stendardo “Dio è con noi”; molti sono ansiosi di assicurare che Dio sia con loro, ma pochi si preoccupano di verificare se loro sono effettivamente con Dio. Nella preghiera, è Dio che deve convertire noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio.
Tuttavia, rimane lo scandalo: quando gli uomini pregano con cuore sincero, quando domandano beni che corrispondono al Regno di Dio, quando una mamma prega per il figlio malato, perché a volte sembra che Dio non ascolti? Per rispondere a questa domanda, bisogna meditare con calma i Vangeli. I racconti della vita di Gesù sono pieni di preghiere: tante persone ferite nel corpo e nello spirito gli chiedono di essere guarite; c’è chi lo prega per un amico che non cammina più; ci sono padri e madri che gli portano figli e figlie malati… Sono tutte preghiere impregnate di sofferenza. È un immenso coro che invoca: “Abbi pietà di noi!”.
Vediamo che a volte la risposta di Gesù è immediata, invece in qualche altro caso essa è differita nel tempo. Pensiamo alla donna cananea che supplica Gesù per la figlia: questa donna deve insistere a lungo per essere esaudita. Oppure pensiamo al paralitico portato dai suoi quattro amici: inizialmente Gesù perdona i suoi peccati e solo in un secondo tempo lo guarisce nel corpo. Dunque, in qualche occasione la soluzione del dramma non è immediata.
Da questo punto di vista, merita attenzione soprattutto la guarigione della figlia di Giairo. C’è un padre che corre trafelato: sua figlia sta male e per questo motivo chiede l’aiuto di Gesù. Il Maestro accetta subito, ma mentre vanno verso casa succede un’altra guarigione, e poi giunge la notizia che la bambina è morta. Sembra la fine, invece Gesù dice al padre: «Non temere, soltanto abbi fede!».
“Continua ad avere fede”: è la fede che sostiene la preghiera. E infatti, Gesù risveglierà quella bambina dal sonno della morte. Ma per un certo tempo, Giairo ha dovuto camminare nel buio, con la sola fiammella della fede. Anche la preghiera che Gesù rivolge al Padre nel Getsemani sembra rimanere inascoltata. Il Figlio dovrà bere fino in fondo il calice della passione. Ma il Sabato Santo non è il capitolo finale, perché il terzo giorno c’è la risurrezione: il Male è signore del penultimo giorno, mai dell’ultimo. Perché quello appartiene solo a Dio, ed è il giorno in cui si compiranno tutti gli aneliti umani di salvezza.