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Udienza, Papa: “Pazzia pensare all’uso di armi nucleari”

Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la Sua meditazione sul suo recente viaggio in Kazakhstan

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.00 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la Sua meditazione sul suo recente viaggio in Kazakhstan in occasione del settimo Congresso dei Leaders delle Religioni Mondiali e Tradizionali.

Catechesi del Santo Padre in lingua italiana

Cari fratelli e sorelle, buongiorno! La settimana scorsa, da martedì a giovedì, mi sono recato in Kazakhstan, vastissimo Paese dell’Asia centrale, in occasione del settimo Congresso dei Leaders delle religioni mondiali e tradizionali. Rinnovo al Signor Presidente della Repubblica e alle altre Autorità del Kazakhstan la mia gratitudine per la cordiale accoglienza che mi è stata riservata e per il generoso impegno profuso
nell’organizzazione. Così pure ringrazio di cuore i Vescovi e tutti i collaboratori per il grande lavoro che hanno fatto, e soprattutto per la gioia che mi hanno dato di poterli incontrare e di vederli tutti insieme.

Come dicevo, il motivo principale del viaggio è stato di prendere parte al Congresso dei
Leader delle religioni mondiali e tradizionali. Questa iniziativa è portata avanti da vent’anni dalle Autorità del Paese, che si presenta al mondo come luogo di incontro e di dialogo, in questo caso a livello religioso, e quindi come protagonista nella promozione della pace e della fratellanza umana. Un’immagine può ben rappresentare tutto questo: un grandissimo salone a pianta circolare, dotato dei più moderni strumenti tecnologici, con al centro un’enorme tavola rotonda dove eravamo seduti noi Leader religiosi e, tutt’intorno, erano disposte le delegazioni di varie istituzioni e organismi internazionali.

Questo significa mettere le religioni al centro dell’impegno per la costruzione di un
mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità. E di questo va dato atto al Governo kazako, che, dopo essersi liberato dal giogo del regime ateistico, ora propone una strada di civiltà che tenga insieme politica e religione, senza confonderle né separarle, condannando nettamente fondamentalismi ed estremismi.

Il Congresso ha discusso e approvato la Dichiarazione finale, che si pone in continuità con
quella firmata ad Abu Dhabi nel febbraio 2019 sulla fratellanza umana. Mi piace interpretare questo passo avanti come frutto di un cammino che parte da lontano: penso naturalmente allo storico Incontro interreligioso per la pace convocato da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986; penso allo sguardo lungimirante di San Giovanni XXIII e San Paolo VI; e anche a quello di grandi anime di altre religioni – mi limito a ricordare il Mahatma Gandhi. Ma come non fare memoria di tanti martiri, uomini e
donne di ogni età, lingua e nazione, che hanno pagato con la vita la fedeltà al Dio della pace e della fraternità?

Lo sappiamo: i momenti solenni sono importanti, ma poi è l’impegno quotidiano, è la
testimonianza concreta che costruisce un mondo migliore per tutti.
Oltre al Congresso, questo viaggio mi ha dato modo di incontrare le Autorità del Kazakhstan e la Chiesa che vive in quella terra.

Dopo aver visitato il Signor Presidente della Repubblica – che ancora ringrazio per la sua
gentilezza –, ci siamo recati nella nuova Sala da Concerti, dove ho potuto parlare ai Governanti, ai rappresentanti della società civile e al Corpo diplomatico. Ho messo in risalto la vocazione del Kazakhstan ad essere Paese dell’incontro: in esso, infatti, convivono circa centocinquanta gruppi etnici e si parlano più di ottanta lingue. Questa vocazione, che è dovuta alle sue caratteristiche geografiche e alla sua storia, è stata accolta e abbracciata come un cammino, che merita di essere incoraggiato e sostenuto. Come pure ho auspicato che possa proseguire la costruzione di una democrazia sempre più matura, in grado di rispondere effettivamente alle esigenze dell’intera società.

È un compito arduo, che richiede tempo, ma già bisogna riconoscere che il Kazakhstan ha fatto scelte molto positive, come quella di dire “no” alle armi nucleari e quella di buone politiche energetiche e ambientali.

Per quanto riguarda la Chiesa, mi ha tanto rallegrato incontrare una comunità di persone contente, gioiose, con entusiasmo. I cattolici sono pochi in quel Paese così vasto. Ma questa condizione, se vissuta con fede, può portare frutti evangelici: anzitutto la beatitudine della piccolezza, dell’essere lievito, sale e luce contando unicamente sul Signore e non su qualche forma di rilevanza umana.

Inoltre la scarsità numerica invita a sviluppare le relazioni con i cristiani di altre confessioni,
e anche la fraternità con tutti. Dunque piccolo gregge, sì, ma aperto, non chiuso, non difensivo, aperto e fiducioso nell’azione dello Spirito Santo, che soffia liberamente dove e come vuole. Abbiamo ricordato i martiri di quel Popolo santo di Dio, uomini e donne che hanno sofferto tanto per la fede nel lungo periodo della persecuzione.

Con questo gregge piccolo ma gioioso abbiamo celebrato l’Eucaristia, sempre a Nur Sultan, nel piazzale di Expo 2017, circondato da architetture ultra-moderne. Era la festa della Santa Croce. E questo ci fa riflettere: in un mondo nel quale progresso e regresso si intrecciano, la Croce di Cristo rimane l’ancora di salvezza: segno della speranza che non delude perché fondata sull’amore di Dio, misericordioso e fedele. A Lui va il nostro ringraziamento per questo viaggio, e la preghiera affinché esso sia ricco di frutti per il futuro del Kazakhstan e per la vita della Chiesa pellegrina in quella terra.

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