“Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Continuiamo con il discernimento“. Così ha esordito Papa Francesco da Piazza san Pietro nell’Udienza Generale. Nel discorso il Papa, continuando il ciclo di catechesi sul Discernimento, ha incentrato la Sua meditazione sul tema: “La materia del discernimento. La desolazione” (Lettura: Sir 2,1-2.4-5).
La catechesi integrale del Papa
“Il discernimento, lo abbiamo visto nelle precedenti catechesi, non è principalmente un
procedimento logico; esso verte sulle azioni, e le azioni hanno una connotazione affettiva, che va riconosciuta, perché Dio parla al cuore. Entriamo allora in merito alla prima modalità affettiva, oggetto del discernimento: la desolazione. Di cosa si tratta?
La desolazione è stata così definita: «L’oscurità dell’anima, il turbamento interiore, lo stimolo verso le cose basse e terrene, l’inquietudine dovuta a diverse agitazioni e tentazioni: così l’anima s’inclina alla sfiducia, è senza speranza e senza amore, e si ritrova pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Creatore e Signore» (S. Ignazio di L., Esercizi spirituali, 317). Credo che tutti noi in qualche modo abbiamo fatto esperienza di desolazione. Il problema è come poterla leggere, perché anch’essa ha qualcosa di importante da dirci, e se abbiamo fretta di liberarcene, rischiamo di smarrirla.
Nessuno vorrebbe essere desolato, triste. Tutti vorremmo una vita sempre gioiosa, allegra e appagata. Eppure questo, oltre a non essere possibile, non sarebbe neppure un bene per noi. Infatti, il cambiamento di una vita orientata al vizio può iniziare da una situazione di tristezza, di rimorso per ciò che si è fatto. È molto bella l’etimologia di questa parola, “rimorso”: letteralmente è la coscienza che morde, che non dà pace.
Alessandro Manzoni, nei Promessi sposi, ci ha dato una splendida descrizione del rimorso come occasione per cambiare vita. Si tratta del celebre dialogo tra il cardinale Federico Borromeo e l’Innominato, il quale, dopo una notte terribile, si presenta distrutto dal cardinale, che si rivolge a lui con parole sorprendenti: «“Voi avete una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?”. “Una buona nuova, io? Ho l’inferno nel cuore […]. Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova”. “Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo”, rispose pacatamente il cardinale» (cap. XXIII).
La tristezza, il rimorso sono un invito a cambiare strada – dice a braccio il Papa.
L’uomo di Dio sa notare in profondità ciò che si muove nel cuore. È importante imparare a leggere la tristezza. Nel nostro tempo, essa è considerata per lo più negativamente, come un male da fuggire a tutti i costi, e invece può essere un indispensabile campanello di allarme per la vita, invitandoci a esplorare paesaggi più ricchi e fertili che la fugacità
e l’evasione non consentono.
San Tommaso definisce la tristezza un dolore dell’anima: come i nervi per il corpo, essa ridesta l’attenzione di fronte a un possibile pericolo, o a un bene disatteso (cfr Summa Th. I-II, q. 36, a. 1). Per questo, essa è indispensabile per la nostra salute, ci protegge perché
non facciamo del male a noi stessi e ad altri. Sarebbe molto più grave e pericoloso non avvertire questo sentimento.
La tristezza lavora come un semaforo e ci dice: ‘Fermati, Fermat, lì c’è un pericolo’ – aggiunge ancora a braccio il Pontefice
Per chi invece ha il desiderio di compiere il bene, la tristezza è un ostacolo con il quale il tentatore vuole scoraggiarci. In tal caso, si deve agire in maniera esattamente contraria a quanto suggerito, decisi a continuare quanto ci si era proposto di fare (cfr Esercizi spirituali, 318).
Pensiamo al lavoro, allo studio, alla preghiera, a un impegno assunto: se li lasciassimo appena avvertiamo noia o tristezza, non concluderemmo mai nulla. È anche questa un’esperienza comune alla vita spirituale: la strada verso il bene, ricorda il Vangelo, è stretta e in salita, richiede un combattimento, un vincere sé stessi. Inizio a pregare, o mi dedico a un’opera buona e, stranamente, proprio allora mi vengono in mente cose da fare con urgenza.
È importante, per chi vuole servire il Signore, non lasciarsi guidare dalla desolazione. Purtroppo, alcuni decidono di abbandonare la vita di preghiera, o la scelta intrapresa, il matrimonio o la vita religiosa, spinti dalla desolazione, senza prima fermarsi a leggere questo stato d’animo, e soprattutto senza l’aiuto di una guida. Una regola saggia dice di non fare cambiamenti quando si è desolati. Sarà il tempo successivo, più che l’umore del momento, a mostrare la bontà o meno delle nostre scelte.
È interessante notare, nel Vangelo, che Gesù respinge le tentazioni con un atteggiamento di ferma risolutezza (cfr Mt 3,14-15; 4,1-11; 16,21-23). Le situazioni di prova gli giungono da varie parti, ma sempre, trovando in Lui questa fermezza, decisa a compiere la volontà del Padre, vengono meno e cessano di ostacolare il cammino. Nella vita spirituale la prova è un momento importante, la Bibbia lo ricorda esplicitamente: «Se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione» (Sir 2,1).
È come quando un professore esamina lo studente: se vede che conosce i punti essenziali della materia, non insiste: ha superato la prova. Se sappiamo attraversare solitudine e desolazione con apertura e consapevolezza, possiamo uscirne rafforzati sotto l’aspetto umano e spirituale. Nessuna prova è al di fuori della nostra portata;
Nessuna prova sarà superiore a quello che riusciamo a fare. Ma non fuggire dalla prova altrimenti no sai cosa accadrà – aggiunge a braccio il Papa.
San Paolo ricorda che nessuno è tentato oltre le sue possibilità, perché il Signore non ci abbandona mai e, con Lui vicino, possiamo vincere ogni tentazione (cfr 1 Cor 10,13).
Anche di fronte ad una nuova tentazione, non fermarti. Non sederti. Bisogna sempre andare avanti nella vita spirituale – dice un’ultima volta a braccio il Pontefice, a conclusione dell’udienza generale.
Papa: “Inorridito dalle violenze inaccettabili in Congo”
Il Papa all’udienza generale ha pregato per le vittime delle violenze nella Repubblica Democratica del Congo. “Assistiamo inorriditi agli eventi che continuano ad insanguinare la Repubblica Democratica del Congo. Esprimo la mia ferma deplorazione per l’inaccettabile assalto avvenuto nei giorni scorsi a Maboya, nella provincia del Nord Kivu, dove sono state uccise persone inermi tra cui una religiosa impegnata nell’assistenza sanitaria. Pregiamo per le vittime e i loro familiari – ha chiesto il Papa ai fedeli in Piazza San Pietro – come pure per quella comunità cristiana e gli abitanti di quella regione da troppo tempo stremati dalla violenza”.