Il “messaggio di questo racconto, molto chiaro per la Chiesa” è che “Dio non ha mandato suo figlio per punire i peccatori o annientare i malvagi, a loro è invece rivolto l’invito alla conversione, a trovare la strada del ritorno”. Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro, durante la quale ha commentato il brano del Vangelo di Matteo in cui Giovanni Battista, che si trova in carcere, manda i discepoli da Gesù a chiedergli: “sei tu quello che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?”.
Bergoglio ha analizzato la diversità dello “stile” della predicazione del Battista rispetto a quella di Gesù: il primo aveva descritto il messia come colui che premia i buoni e castiga i cattivi, usando anche immagini forti, come quella della “scure” “già posta alla radice degli alberi”. Il Pontefice ha anche rimarcato il fatto che il precursore di Gesù si trovava in una situazione di buio: “Giovanni – ha detto il Pontefice – soffre, è nel doppio buio, nel buio della cella, del carcere e nel buio del cuore, soffre e vuole sapere se è proprio Gesù il messia o” se bisogna ancora attendere. Nel Battista si riassumono dunque l’anelito alla giustizia e una condizione di di buio spirituale, una situazione comune anche oggi a molti credenti. Il Santo Padre ha dunque analizzato la risposta che Gesù dà ai discepoli del Battista, e che a” prima vista sembra non corrispondere alla richiesta del Battista”. Da qui il Papa ha sviluppato il concetto del rapporto tra giustizia e misericordia, la prima al centro della predicazione di Giovanni Battista, la seconda al centro della missione di Cristo.
L’obiettivo di Matteo è dunque quello di “farci entrare più profondamente nel mistero di Gesù per cogliere la sua bontà e la sua misericordia”. L’insegnamento di questo brano è dunque che “Dio non ha mandato suo figlio per condannare il mondo o per annientare i malvagi, ma per invitare tutti alla conversione e alla salvezza. La giustizia, che rappresenta il cuore della predicazione di Giovanni Battista, si è rivelata nelle azioni e nelle parole di Gesù innanzitutto come misericordia”.
“L’ammonimento attuale anche per l’uomo di oggi” che viene dai dubbi di Giovanni il Battista di fronte alla misericordia predicata da Cristo, è che “l’uomo si costruisce immagini di Dio che gli impediscono di gustare la sua reale presenza”, ha spiegato Bergoglio. La “fede fai da te”, ha osservato è quella di chi “riduce Dio nello spazio limitato dei propri desideri e delle proprie convinzioni, ma questa fede non è conversione al Signore, anzi, gli impedisce di provocare la nostra vita e la la nostra coscienza”. Altri, ha aggiunto, “usano Dio come un idolo, e usano il suo nome per giustificare i propri interessi o addirittura odio e violenza”. Per altri ancora “Dio è un rifugio psicologico nei momenti difficili e in questo caso si tratta di una fede ripiegata su se stessa, impermeabile all’amore misericordioso di Gesù che spinge verso i fratelli”, e ancora, “per altri Gesù è un buon maestro di insegnamenti etici, uno dei tanti della storia”;
Infine “c’è chi soffoca la Chiesa in un rapporto puramente intimistico con Gesù, annullando la sua spinta missionaria, capace di trasformare l’uomo e la storia. Noi cristiani crediamo nel Dio di Gesù Cristo, e il suo desiderio è crescere nella esperienza viva del suo mistero di amore: impegniamoci dunque nel non frapporre alcuno ostacolo all’agire misericordioso del Padre, ma doniamo una fede grande, per diventare anche noi strumenti di misericordia”.