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Ucciso da indigeni. Chi era John Allen Chau

La notizia del giovane americano ucciso a colpi di freccia da una delle tribù più isolate del pianeta sta catturando l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale, suscitando reazioni contrastanti. Il mondo fatica a capire lo slancio missionario che ha smosso John Allen Chau a recarsi sull'inaccessibile isola di North Sentinel, nel golfo del Bengala, per avvicinare ed evangelizzare gli indigeni locali che vi vivono da 60 mila anni e rifiutano qualsiasi contatto con l'esterno. 

L'impresa rischiosa

L'accesso all'isola, che fa parte dell'arcipelago delle Andamane, è stato vietato dalle autorità indiane per preservare le tradizioni della tribù indigena e la fauna endemica, necessaria al loro fabbisogno. John Allen Chau ha sfidato questa proibizione pagando alcuni pescatori per farsi accompagnare dai Sentinelesi. Sbarcato sulle rive abitate dai nativi, il giovane ha cercato un primo approccio portando con sè forbici, pesci e palloni da calcio e dichiarando subito il suo intento; quello di diffondere anche a loro il messaggio cristiano.

Il segno divino

Una parte degli indigeni non ha accolto con favore lo sbarco di un esterno ed ha reagito lanciando frecce contro di lui. Una di esse si è conficcata nella Bibbia che il cristiano evangelico portava con sè, salvandogli miracolosamente la vita. Questo episodio è stato interpretato da John Allen Chau come un segnale divino per andare avanti nel suo intento: Dopo essersi rifugiato nella barca dei pescatori attraccata a poche miglia di distanza dalla spiaggia, ha passato qui la notte raccontando la sua esperienza in un diario il cui contenuto è stato reso pubblico dal portale indiano “The News Minute”. Il ragazzo ha affidato allo scritto i suoi pensieri sull'accoglienza contrastante riservatagli dalla tribù: Alcuni di loro si erano mostrati “buoni”, altri “arrabbiati e molto aggressivi”. Dal diario si capisce anche come il ragazzo fosse consapevole dei rischi a cui stava andando incontro insistendo con il suo tentativo di evangelizzare quelle persone: “Sto cercando di stabilire il regno di Gesù sull'isola..non condannate i nativi se io sarò ucciso“. Parole che, secondo la fonte indiana, il cittadino statunitense avrebbe scritto nel suo memoriale.

Il triste epilogo

Tornato nel luogo dello sbarco il giorno successivo in canoa, John Allen Chau è riuscito a malapena a sbarcare a riva: Travolto da una pioggia di frecce, il giovane non si è arreso ed ha continuato a camminare verso gli indigeni che a quel punto lo hanno catturato con una corda stretta attorno al collo. I pescatori hanno assistito alla scena in lontananza ed hanno potuto vedere il corpo del ragazzo trascinato dai membri della tribù. Terrorizzati, sono scappati ma sono ritornati il giorno successivo per cercare di recuperare, senza successo, il cadavere dell'americano. A quel punto hanno deciso di avvertire la sua famiglia informando di quanto accaduto un predicatore evangelico di Port Blair, il centro principale delle Andamane. L'uomo, a sua volta, è riuscito a mettersi in contatto con i genitori di Chau per comunicare il triste evento. 

Il perdono della famiglia

La grande fede della famiglia Chau è emersa anche nel dolore: Con un messaggio sulla pagina Instagram di John, i suoi cari hanno detto di perdonare i responsabili dell'uccisione ed hanno invitato le autorità indiane a rilasciare i pescatori che, nel frattempo, sono stati arrestati per aver aiutato il ragazzo a raggiungere la riva proibita. Nel post, la famiglia ha descritto John come un “figlio, un fratello e uno zio devoto” che ha tratto la sua “ispirazione per la vita da Gesù”. Proprio “Gesù vi ama” sembrerebbe essere stata la frase con cui il ragazzo si è approcciato agli indigeni che lo hanno poi ucciso.

Chi era John Allen Chau

John era un avventuriero, come si evince bene dalle foto pubblicate sul suo profilo social. Era laureato in Medicina di Emergenza ed ha dedicato tutta la sua vita ad aiutare gli altri, mosso dalla sua forte fede in Cristo. Tra le sue attività a beneficio del prossimo anche quella di allenatore di calcio in contesti difficili: Chau ha infatti lavorato per due anni per la noprofit “More than a game” che insegna a giocare a pallone ai bambini delle zone di guerra. Per questo motivo, John aveva vissuto in Iraq e in Siria. Figlio di un rifugiato cinese arrivato negli States durante la Rivoluzione Culturale, il ragazzo era stato anche volontario in un campo che accoglie bambini profughi a Tulsa, nello Stato dell'Oklahoma. La sua passione per la montagna e per l'avventura lo aveva portato pochi mesi fa ad un passo dalla morte a causa di un morso di un serpente a sonagli durante uno dei tanti viaggi estremi compiuti e documentati su Instagram. 

La tribù più isolata

Quella dei Sentinelesi è considerata la tribù più isolata del mondo. Rifiutano da sempre il contatto con individui esterni come ha testimoniato la fotografia che fece il giro del mondo nel 2004: Ritraeva uno dei membri lanciare una freccia contro l'elicottero della Marina indiana arrivato a controllare la situazione dopo lo tsunami. L'ostilità della tribù è motivata anche dalla volontà di difendere l'habitat naturale in cui vivono da sempre dalla pesca selvaggia di aragoste. Nel febbraio del 2006 erano stati uccisi, sempre con le frecce, due pescatori indiani che si erano avvicinati troppo alla riva ed erano stati notati dagli indigeni. Anche il governo indiano ha rinunciato da anni, dopo numerosi tentativi non andati a buon fine, a stabilire contatti con i nativi. 

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