Ecco i danni dell’emergenza Covid alle strutture di ospitalità spirituale

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Sos turismo religioso. L’associazione Ospitalità religiosa italiana (Ori) registra un calo generalizzato nelle presenze. “Il settore delle strutture ricettive religiose in Italia non poteva non subire l’onda disastrosa della pandemia”, osserva il Rapporto 2021.

Allarme turismo religioso

In un anno sono spariti “in maniera irreversibile” 22 mila posti letto. Ovvero il 10% di quelli finora destinati all’ospitalità spirituale o turistica. Per studenti, lavoratori, gruppi e famiglie. L’assenza di ospiti e i pesanti costi fissi hanno costretto congregazioni, diocesi e associazioni a chiudere i battenti. Stop, quindi, a centinaia di strutture. Destinate ad altri usi. Se non addirittura vendute. Il calo più marcato si registra al centro-sud. Con esclusione di Roma. Dove si confida che i pellegrini possano tornare al più presto.

Posti letto

Il Lazio rappresenta l’offerta più ampia con oltre 33 mila posti-letto dei 210 mila disponibili su tutto il territorio nazionale. Seguono distanziati Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Ma la regione con la maggiore “densità” di posti-letto è la Valle d’Aosta. “Per chi è rimasto aperto, questo anno di sostanziale pausa è servito per adeguarsi. Ad esempio all’accessibilità per le persone con disabilità motorie. In cui spicca il Friuli-Venezia Giulia. Con il 69% di strutture attrezzate”, evidenzia l’Ori. In questo ambito gli sforzi maggiori premiano Umbria, Basilicata e Calabria. Con un incremento del 13% rispetto alla rilevazione del 2019. Tra i servizi più diffusi nelle strutture ricettive dell’ospitalità religiosa c’è il parcheggio auto (76%). Il giardino (69%). La sala riunioni (68%). Una cappella (60%). La sala Tv (57%). E la chiesa (42%).

Gianluca Franco: