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Tre chiese al centro degli scontri in Etiopia

Tre chiese sono state al centro dei violenti scontri che, in queste ore, stanno avvenendo in Etiopia e che vedono fronteggiarsi le forze di sicurezza etiopi e gli indipendentisti che chiedono la proclamazione dello stato di Sidama. Stando a quanto riporta il portale DW Amharic, le chiese coinvolte sarebbero quella ortodossa Tewahedo di Sidama, quella di Gedo ad Amaro e una chiesa della diocesi di Burjji, “tre luoghi sacri della Chiesa ortodossa etiope” secondo la testimonianza rilasciata dal testimone Megabi Haymanot Kesis Netsanet Aklog

Fedeli uccisi a sangue freddo

La violenza degli attacchi dinamitardi non ha risparmiato i fedeli che si trovavano in chiesa. Alcuni di loro, che hanno cercato di proteggere l'edificio, sono stati freddati sul colpo. Diversi diaconi sono riusciti a scappare in chiese adiacenti, mentre un sacerdote è stato colpito, come mostra il video della sua uccisione pubblicato sui social netwrok e diventato virale in poco tempo, in mezzo allo sconcerto dell'opinione pubblica.

Violenze in aumento

Non è ancora chiaro perché l'escalation dei dissidenti nei giorni scorsi abbia portato a tumulti violenti con il coinvolgimento di diversi civili. L'ultima serie delle violenze risale a giovedì scorso, quando gli indipendentisti hanno dichiarato lo Stato di Sidama quale area federale e parzialmente indipendente. Il processo di velleità indipendentiste ha subito scatenato lo scontro con le comunità etniche non Sidama, tra cui l'etnia Amhara. La frangia indipendentista non perde occasione per rivendicare l'autonomia dello Stato. Le proteste si sono acuite, sebbene la scorsa settimana, come sottoliena Agenzia Nova, il leader del partito che rappresenta al governo il Movimento per la liberazione del Sidama, Million Tumato, avesse dichiarato che gli indipendentisti hanno accettato la promessa fatta del governo di Addis Abeba e dalle autorità elettorali centrali di tenere entro cinque mesi il referendum sulla questione. “Ora la cosa più importante è la pace per il nostro popolo”, aveva detto Tumato.

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