Tratta di esseri umani, la peggiore schiavitù del XXI secolo

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Il Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e le Unioni internazionali femminili e maschili dei Superiori e Generali (UISG e USG), promuovono la Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone che sarà celebrata in tutte le diocesi e le parrocchie del mondo il prossimo 8 febbraio 2015, festa di Santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana.

L’obiettivo “è innanzitutto quello di creare, attraverso questa Giornata, maggiore consapevolezza del fenomeno e riflettere sulla situazione globale di violenza e ingiustizia che colpisce tante persone, che non hanno voce, non contano, non sono nessuno: sono semplicemente schiavi. Al contempo provare a dare risposte a questa moderna forma di tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete”.

La tratta di esseri umani è una delle peggiori schiavitù del XXI secolo che, secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) e l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) colpisce circa 21 milioni di persone, quasi sempre povere e vulnerabili, a scopo di sfruttamento sessuale o lavoro forzato, espianto di organi, accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimonio forzato, adozione illegale e altre forme di sfruttamento. Questa attività criminale rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno a trafficanti e sfruttatori, ed è il terzo “business” più redditizio, dopo il traffico di droga e di armi.

Questa prima Giornata si inserirà all’interno dell’Anno liturgico dedicato alla Vita Consacrata e vi aderiscono la Comunità Papa Giovanni XXIII, la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Caritas Internationalis, Talitha Kum, l’Ufficio “Tratta donne e minori” Usmi, Slaves no More, l’Unione mondiale associazioni femminili cattoliche, Jesuit Refugee Service (Jrs), International Catholic Migration Commission, International Forum Catholic Action, la Congregazione Figlie della Carità Canossiane.

don Marco Mondelci: