“È ora di lavorare per la ricostruzione del Paese”, esortano i Vescovi di Juba, capitale del Sud Sudan. “Non è il tempo delle recriminazioni. Non indugiate nelle critiche distruttive; invece rimboccatevi le maniche e andate a lavorare per costruire una nuova nazione per voi, per i nostri figli e i figli dei nostri figli”, incitano gli alti prelati nel messaggio “d’incoraggiamento” pubblicato al termine dell’Assemblea episcopale, tenutasi a Juba dal 14 al 16 giugno scorso.
Nella nota si legge anche l’invito che i vescovi fanno ai fedeli ad appoggiare i leader della nazione, riferendosi al governo di unità nazionale nato dagli accordi di pace dell’agosto 2015 tra il Presidente Salva Kiir e il Vice Presidente Riek Machar. “Sosteneteli e incoraggiateli ad andare oltre i loro interessi personali. Rassicurateli che la nazione e la comunità internazionale comprende la loro situazione – affermano nel messaggio – Sono esseri umani, figli e figlie di Dio. Trattiamoli con amore e misericordia, non con odio e riprovazione. La priorità ora è riformare e ricostruire la nostra nazione a pezzi”. Per questo i Vescovi esortano tutti a “non diffondere discorsi infiammatori e il tribalismo attraverso internet e i social media e invece a propagare messaggi di pace. Lo diciamo chiaramente: basta negatività!”.
Tra le priorità che il governo deve affrontare, i Vescovi indicano il cessate il fuoco in tutto il Paese, il miglioramento dell’economia e l’erogazione di servizi di base per risolvere la grave situazione umanitaria. “La popolazione vive ancora nella paura, diversi lavoratori non sono pagati, e molte famiglie sono prive di cibo. È particolarmente pericoloso quando l’esercito e altre forze di sicurezza non ricevono gli stipendi, perché potrebbe aggravare l’insicurezza”. Nel ricordare suor Veronika Theresia Racková, morta dopo giorni di agonia per le ferite inflitte dai colpi sparati da alcuni militari, i prelati sottolineano che la religiosa “è solo una delle migliaia di donne, uomini e bambini che sono stati uccisi in questo conflitto insensato”. Il documento conclude invitando i due leader, Kiir e Machar, a compiere gesti che rassicurino la popolazione sul loro impegno definitivo per la pace, pregando insieme, girando per il Paese ad incontrare la popolazione, prestando particolare attenzione agli sfollati.
Nel Sud Sudan, ufficialmente Repubblica del Sudan del Sud – Paese indipendente il 9 luglio 2011 – nel dicembre del 2013 è scoppiato un conflitto etnico tra le forze governative del presidente Kiir di etnia dinka e quelle fedeli all’ex vicepresidente Machar di etnia nuer a causa di un tentato colpo di stato nel quale le forze leali al presidente Kiir si sono scontrate con quelle fedeli all’ex vicepresidente Machar. Questi era stato esonerato a luglio a causa dei forti contrasti con Kiir. Il 26 aprile scorso la tregua: Machar ha ripreso il ruolo di vicepresidente nel governo di unità nazionale a fianco di Kiir, che guida l’esecutivo. In quell’occasione, l’arcivescovo cattolico di Juba, monsignor Paolino Lukudu Loro, aveva esortato tutti a lasciarsi alle spalle il passato per iniziare “una nuova vita di gioia e riconciliazione”. Si suppone che almeno 50.000 persone siano state uccise nel corso dei tre anni di conflitto, peggiorando una situazione umanitaria già fragilissima.