Icittadini americani che vivono a Puerto Rico non possono essere trattati diversamente da quelli che vivono nei 50 Stati degli Usa. Ma se il governo statunitense tratta “la nostra isola come una giurisdizione straniera, riteniamo che la ripresa per la nostra isola sarà quasi impossibile”. E' quanto scrivono in una lettera indirizzata al Congresso statunitense, i principali leader religiosi di Puerto Rico, l’Arcivescovo di San Juan, Mons. Roberto O. González Nieves, e il segretario della Società biblica di Puerto Rico, il rev. Heriberto Martínez-Rivera.
Cattolici ed evangelici chiedono una riforma fiscale
Come riporta l'Agenzia Fides, nella lettera i due leader cristiani esprimono le loro preoccupazioni, e chiedono “rispettosamente, che tutti i membri del Congresso garantiscano che un piano di riforma fiscale finale non imponga nuove tasse a Porto Rico”. Lavorando insieme al network religioso Jubilee Usa e a gruppi religiosi statunitensi, l'Arcivescovo e il capo evangelico hanno impegnato il Congresso per quasi due anni per sollecitare politiche che promuovano la crescita economica e riducano il carico di debiti paralizzante dell'isola e l'alto tasso di povertà infantile. Nel testo inviato a Washington si sottolinea anche il rischio che, in una situazione già gravissima, decine di migliaia di posti di lavoro americani potrebbero essere persi a Puerto Rico se il comitato del Senato e della Camera non toglierà l'accisa dalla legislazione finale.
Come un uragano
“Se il Congresso non riesce a rimuovere questa accisa nel pacchetto fiscale finale, sarà come colpire Puerto Rico con un altro uragano”, afferma il direttore di Jubilee Usa, Eric LeCompte, che assiste i leader religiosi di Puerto Rico e collabora con gruppi di esperti delle Nazioni Unite. “Prima degli uragani, avevamo a che fare con una grave crisi finanziaria e quasi la metà di tutti i bambini portoricani vivevano in condizioni di povertà – sottolinea LeCompte – ora stiamo affrontando una crisi umanitaria in piena regola, che il Congresso potrebbe risolvere per il meglio o addiruttura per il peggio”.