All'indomani della “chiusura del Santo Sepolcroā, disposta dai capi delle Chiese che ne condividono la gestione per protestare contro la politica di āflagrante violazione dello Status Quoā della cittĆ di Gerusalemme,Ā attribuita alle autoritĆ israeliane, ĆØ stata rinviata la discussione per far approvare dal Parlamento d'Israele un disegno di legge (sostenuto da un terzo dei parlamentari) che a determinate condizioni consentirebbe allo Stato ebraico di espropriare le proprietĆ ecclesiastiche sparse in tutto ilĀ Paese. Come riprota l'Agenzia Fides, giĆ il 25 febbraio le commissioni parlamentari incaricate avrebbero dovuto far avanzare l'iter parlamentare del ddl che permetterebbe allo Stato di confiscare le proprietĆ della Chiesa, cedute in passato ai privati, e che in futuro potrebbero diventare oggetto di contese giudiziarie.Ā
Il disegno di legge
Secondo i suoi sostenitori, il testo si pone l'obiettivoĀ di proteggere gli israeliani che risiedono in case costruite su terre appartenenti alle Chiese, e in particolare al Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme. In molti casi, i contratti di affitto erano stati sottoscritti tra le istituzioni ecclesiastiche e il Fondo ebraico nazionale negli anni Cinquanta del secolo scorso, e garantivano agli affittuari la fruizione temporanea dei beni immobiliari per un periodo di 99 anni . In tempi recenti, per far fronte a debiti consistenti, il Patriarcato greco ortodosso avrebbe venduto parte del suo patrimonio a grandi gruppi immobiliari privati, che alla scadenza dei contratti d'affitto potrebbero non rinnovarli o imporre condizioni insostenibili per il loro prolungamento. Ecco perchĆ© il Parlamento israeliano vorrebbe garantirsi la possibilitĆ di confiscare terre e beni immobiliari, sottraendoli a possibili contese proprietarie (soprattutto per tutelare gli interessi degli attuali affittuari). Ma il ddl sulla confisca delle proprietĆ rappresenta solo un elemento di quella che Capi delle Chiese di Gerusalemme hanno presentatoĀ come una ācampagna sistematicaā di attacco alla presenza cristiana nella CittĆ Santa messa in atto dalla attuale leadership israeliana.
Mobilitazione unanime
La mobilitazione delle realtĆ ecclesiali di Gerusalemme ĆØ scattata unanime anche davanti alle misure messe in atto dalla municipalitĆ di Gerusalemme per imporre tasse su beni ecclesiastici e reclamare il pagamento di imposte fiscali finora non corrisposte. Tra le altre cose, i legali della municipalitĆ hanno chiesto il congelamento dei conti bancari del Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme fino a quando non verrĆ saldato il conto di quasi nove milioni di dollari di presunte tasse inevase. Nir Barkat, sindaco di Gerusalemme, sostiene che le esenzioni fiscali garantite dallo Status Quo non possono essere estese alle proprietĆ ecclesiastiche che non hanno come principale o esclusiva destinazione d'uso il culto divino.
Politiche “illegali”
Secondo Issa Kassissieh, ambasciatore dello Stato di Palestina presso la Santa Sede, le autoritĆ israeliane, congelando i conti bancari delle Chiese, hanno āsuperato la linea rossaā, e che l'attuale dirigenza israeliana ha messo in atto una vera e propria escalation per āporre fine alla presenza cristiana nella CittĆ Santa di Gerusalemmeā. Kassissieh,Ā in un messaggio inviato all'Agenzia Fides, fa appello alla Santa Sede e ai Paesi che si considerano custodi dei Luoghi Santi, affinchĆØ si ponga fine alle illegalitĆ politiche del governo israelianoā, e fa anche notare che la successione di recenti misure israeliane sulle proprietĆ ecclesiastiche di Gerusalemme ha preso forza dalla dichiarazione del Presidente Trump del 6 dicembre 2017, che preannunciava il riconoscimento di Gerusalemme come capitale d'Israele.