Slitta la decisione su Asia Bibi

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Doveva essere il giorno del verdetto su Asia Bibi, la cattolica pakistana che si trova da più di 3300 giorni in carcere con l'accusa di blasfemia. La Corte Suprema del Pakistan, però, ha posticipato la sentenza definitiva. Un buon segno, secondo i pareri raccolti da Aiuto alla Chiesa che Soffre, l'associazione impegnata a sostegno dei cristiani perseguitati nel mondo. “Il fatto che non si siano espressi immediatamente – ha detto Thair Khalil Sindhufa che fa parte della difesa della donna – fa  ben sperare”. 

La storia

Asia Bibi è la prima fedele cattolica condannata a morte in Pakistan. La bracciante venne accusata nove anni va dalle sue colleghe di aver pronunciato parole irrispettose nei confronti di Maometto. Un'accusa sempre respinta dalla donna ma che le è valsa la condanna a morte nel 2010 in virtù della legge sulla blasfemia in vigore nel Paese. Il Pakistan è una Repubblica Islamica dove i cristiani sono una minoranza che rappresenta appena il 2% della popolazione. 

Preghiera e attesa

L'udienza è molto attesa dalla comunità cattolica del Paese che si è riunita in preghiera nella speranza di vedere riconosciuta l'innocenza di Asia. La storia della madre cristiana detenuta non ha lasciato indifferenti i cristiani di tutto il mondo che da anni invocano la liberazione della loro correligionaria e pregano affinchè la notizia di un lieto fine a questa triste vicenda possa arrivare presto. Nel corso di questi anni, la Chiesa ha fatto sentire la sua vicinanza a questa donna che sta soffrendo per la sua fede. Nel 2010, Benedetto XVI aveva espresso chiaramente la sua “vicinanza spirituale alla signora Asia Bibi e ai suoi familiari” augurandosi “che, al più presto, le sia restituita la piena libertà”. Papa Francesco, invece, aveva ricevuto la famiglia della donna in Vaticano confessando alla primogenita di pensare spesso alla madre e di pregare per lei.

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