“E’ iniziato un nuovo tempo per la Siria. Ed è di nuovo un tempo difficile“, afferma all’agenzia missionaria vaticana Fides l’arcivescovo Jacques Mourad. Come arcivescovo siro cattolico di Homs le cose che vede e che sente sui nuovi patimenti della Siria non collimano con la rappresentazione mediatica prevalente, soprattutto in Occidente. Quella che racconta di un “regime change”, un cambio di regime riuscito e in via di assestamento. Con nuovi leader di matrice islamista in cerca di accreditamento internazionale, dopo lo schianto del blocco di potere coagulatosi per oltre 50 anni intorno al clan degli Assad. Racconta il presule: “La violenza sembra una trappola in cui cadono tutti quelli che qui conquistano il potere. Nelle ultime settimane ci sono persone che spariscono, le prigioni si riempiono. E lì dentro non si sa più chi è ancora vivo o chi è morto”. Ci sono torture inflitte in pubblico a quelli accusati di connivenza col regime che è crollato. E anche “diversi casi di giovani cristiani minacciati e seviziati sulla strada, davanti a tutti, per incutere terrore e costringerli a abiurare la fede e diventare musulmani”. Crimini che avvengono lontano da Damasco, dove sono concentrati i giornalisti.

Sos Siria
Le cose non vanno bene. E l’arcivescovo Mourad ha l’impressione che “nessuno può fare nulla” per uscire da questo nuovo tempo di paura e vendetta. “Io – spiega l’esponente dell’episcopato della Siria- accolgo le persone. Provo a incoraggiare, consolare, chiedo di aver pazienza, cerco soluzioni. Ho fatto un giro nelle nostre 12 parrocchie, anche quelle nei villaggi. Per incoraggiare, a custodire insieme la speranza. Ci sono stati incontri belli con diversi gruppi. Ma quando le violenze aumentano, le nostre parole e i nostri inviti alla pazienza non riescono a convincerli”. Il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese orientali, ha da poco visitato la Siria come inviato del Papa. Per testimoniare la vicinanza del successore di Pietro alle comunità cristiane che vivono questo momento della martoriata vicenda siriana con un carico aggiuntivo di preoccupazioni, rispetto a quelle sofferte dagli altri siriani. Evidenzia l’arcivescovo Mourad: “Il regime di prima si presentava come quello che difendeva i cristiani. Dicevano: ‘se andiamo via noi, ritornano i fanatici’. Adesso, molti sacerdoti sono pessimisti sul futuro. La mia risposta è sempre la stessa: in ogni caso, la situazione rimane imparagonabile a quella di prima, quando ci sono stati crimini inimmaginabili. Ma da quando sono accadute le nuove violenze, c’è chi dice: ‘hai visto, è vero quello che diceva Bashar al Assad’. Il risultato è che adesso, ancora più di prima, tanti cristiani non vedono altra strada che emigrare. Andare via dalla Siria. E per noi è difficile dire che dobbiamo vivere nella speranza. Ci proviamo, ma le persone non credono ai nostri discorsi. Quello che vivono e che vedono è troppo diverso”.