Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l'uomo felice”: su questo tema sarĆ basato il XXXIX Meeting per l'amicizia fra i popoli, l'annuale appuntamento romagnolo del movimento 'Comunione e liberazione', inaugurato oggi e inĀ programma fino al prossimo 25 agosto. Un evento che, quest'anno, vedrĆ la partecipazione di personalitĆ come il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi,Ā il Sottosegretario alla PresidenzaĀ Giancarlo Giorgetti, il presidente del Coni Giovanni MalagĆ² e rappresentanti della Chiesa cattolica, come l'arcivescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi, e il card. Angelo Scola. Meeting che ha ricevuto anche il saluto di Papa Francesco, contenuto in un messaggio inviato tramite il segretario di Stato card. Pietro Parolin, di cui riportiamo di seguito il testo integrale.
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“A Sua Eccellenza Reverendissima
Mons. Francesco Lambiasi
Vescovo di Rimini
Eccellenza Reverendissima,
Anche questāanno il Santo Padre Francesco desidera far pervenire, attraverso di Lei, un cordiale saluto agli organizzatori, ai volontari e ai partecipanti al XXXIX Meeting per lāamicizia fra i popoli, saluto al quale unisco il mio personale augurio per la buona riuscita dellāevento.
Il titolo del Meeting ā Ā«Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono lāuomo feliceĀ» ā, riprende unāespressione di Don Giussani e fa riferimento a quella svolta cruciale avvenuta nella societĆ intorno al Sessantotto, i cui effetti non si sono esauriti a cinquantāanni di distanza, tanto che Papa Francesco afferma che Ā«oggi non viviamo unāepoca di cambiamento quanto un cambiamento dāepocaĀ» (Discorso al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze, 10 novembre 2015).
La rottura con il passato divenne lāimperativo categorico di una generazione che riponeva le proprie speranze in una rivoluzione delle strutture capace di assicurare maggiore autenticitĆ di vita. Tanti credenti cedettero al fascino di tale prospettiva e fecero della fede un moralismo che, dando per scontata la Grazia, si affidava agli sforzi di realizzazione pratica di un mondo migliore.
Per questo ĆØ significativo che, in quel contesto, a un giovane tutto preso dalla ricerca delle āforze che dominano la storiaā, Don Giussani disse cosƬ: Ā«Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono lāuomo feliceĀ» (Vita di don Giussani, BUR 2014, p. 412). Con queste parole lo sfidava a verificare quali siano le forze che cambiano la storia, alzando lāasticella con cui misurare il suo tentativo rivoluzionario.
Che ne ĆØ stato di tale tentativo? Che cosa ĆØ rimasto di quel desiderio di cambiare tutto? Non ĆØ questa la sede per un bilancio storico, ma possiamo riscontrare alcuni sintomi che emergono dalla situazione attuale dellāOccidente. Si torna ad erigere muri, invece di costruire ponti. Si tende ad essere chiusi, invece che aperti allāaltro diverso da noi. Cresce lāindifferenza, piuttosto che il desiderio di prendere iniziativa per un cambiamento. Prevale un senso di paura sulla fiducia nel futuro. E ci domandiamo se in questo mezzo secolo il mondo sia diventato piĆ¹ abitabile.
Questo interrogativo riguarda anche noi cristiani, che siamo passati attraverso la stagione del ā68 e che ora siamo chiamati a riflettere, insieme a tanti altri protagonisti, e a domandarci: che cosa abbiamo imparato? Di che cosa possiamo fare tesoro?
Da sempre la tentazione dellāuomo ĆØ quella di pensare che la sua intelligenza e le sue capacitĆ siano i principi che governano il mondo; una pretesa che si realizza secondo due modi: Ā«Uno ĆØ il fascino dello gnosticismo, [ā¦] dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nellāimmanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti. Lāaltro ĆØ il neopelagianesimo [ā¦] di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forzeĀ» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 94).
Ma allora, il cristiano che vuole evitare queste due tentazioni deve necessariamente rinunciare al desiderio di cambiamento? No, non si tratta di ritirarsi dal mondo per non rischiare di sbagliare e per conservare alla fede una sorta di purezza incontaminata, perchĆ© Ā«una fede autentica [ā¦] implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondoĀ» (ibid., 183), di muovere la storia, come recita il titolo del Meeting.
In tanti si domanderanno: ĆØ possibile? Il cristiano non puĆ² rinunciare a sognare che il mondo cambi in meglio. Ć ragionevole sognarlo, perchĆ© alla radice di questa certezza cāĆØ la convinzione profonda che Cristo ĆØ lāinizio del mondo nuovo, che Papa Francesco sintetizza con queste parole: Ā«La sua risurrezione non ĆØ una cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. Ć una forza senza uguali. [ā¦] Nel mezzo dellāoscuritĆ comincia sempre a sbocciare qualcosa di nuovoĀ» (ibid., 276).
Abbiamo visto allāopera questa āforza di vitaā in tante situazioni lungo la storia. Come non ricordare quellāaltro cambiamento dāepoca che ha segnato il mondo? Ne ha parlato il Santo Padre allāepiscopato europeo lo scorso anno: Ā«Nel tramonto della civiltĆ antica, mentre le glorie di Roma divenivano quelle rovine che ancora oggi possiamo ammirare in cittĆ ; mentre nuovi popoli premevano sui confini dellāantico Impero, un giovane fece riecheggiare la voce del Salmista: āChi ĆØ lāuomo che vuole la vita e desidera vedere giorni felici?ā. Nel proporre questo interrogativo nel Prologo della Regola, san Benedetto [ā¦] non bada alla condizione sociale, nĆ© alla ricchezza, nĆ© al potere detenuto. Egli fa appello alla natura comune di ogni essere umano, che, qualunque sia la sua condizione, brama certamente la vita e desidera giorni feliciĀ» (Discorso sullāEuropa, 28 ottobre 2017).
Chi salverĆ oggi questo desiderio che abita, seppure confusamente, nel cuore dellāuomo? Solo qualcosa che sia allāaltezza della sua brama infinita. Se infatti il desiderio non trova un oggetto adeguato, rimane bloccato e nessuna promessa, nessuna iniziativa potranno smuoverlo. Da questo punto di vista, Ā«ĆØ perfettamente concepibile che lāetĆ moderna, cominciata con un cosƬ eccezionale e promettente rigoglio di attivitĆ umana, termini nella piĆ¹ mortale e nella piĆ¹ sterile passivitĆ che la storia abbia mai conosciutoĀ» (H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Milano 1994, 239-240).
Nessuno sforzo, nessuna rivoluzione puĆ² soddisfare il cuore dellāuomo. Solo Dio, che ci ha fatti con un desiderio infinito, lo puĆ² riempire della sua presenza infinita; per questo si ĆØ fatto uomo: affinchĆ© gli uomini possano incontrare Colui che salva e compie il desiderio di giorni felici, come ricorda un passo del Documento di Aparecida (29 giugno 2007), frutto della V Conferenza dellāepiscopato del Continente latino-americano e dei Caraibi. Il Santo Padre, ringraziando per lāesposizione dedicata al grande Santuario mariano di Aparecida, offre tale passo come contributo allāapprofondimento del tema del Meeting: Ā«Lāavvenimento di Cristo ĆØ [ā¦] lāinizio di questo soggetto nuovo che nasce nella storia [ā¦]: āAllāinizio dellāessere cristiano non cāĆØ una decisione etica o una grande idea, bensƬ lāincontro con un avvenimento, con una Persona, che dĆ alla vita un nuovo orizzonte e con ciĆ² la direzione decisivaā (Deus caritas est, 1). [ā¦] La natura stessa del cristianesimo consiste, pertanto, nel riconoscere la presenza di GesĆ¹ e seguirlo. Questa fu la bella esperienza di quei primi discepoli che, incontrando GesĆ¹, rimasero affascinati e pieni di stupore dinanzi alla figura straordinaria di chi parlava loro, dinanzi al modo in cui li trattava, dando risposte alla fame e sete di vita dei loro cuori. Lāevangelista Giovanni ci ha raccontato, con forza icastica, lāimpatto che la persona di GesĆ¹ produsse nei primi due discepoli, Giovanni e Andrea, che lo incontrarono. Tutto comincia con la domanda: āChe cercate?ā (Gv 1,38). Alla quale fece seguito lāinvito a vivere unāesperienza: āVenite e vedreteā (Gv 1,39). Questa narrazione rimarrĆ nella storia come sintesi unica del metodo cristianoĀ» (Doc. di Aparecida, 243-244).
Il Santo Padre augura che il Meeting di questāanno sia, per tutti coloro che vi parteciperanno, occasione per approfondire o per accogliere lāinvito del Signore GesĆ¹: Ā«Venite e vedreteĀ». Ć questa la forza che, mentre libera lāuomo dalla schiavitĆ¹ dei āfalsi infinitiā, che promettono felicitĆ senza poterla assicurare, lo rende protagonista nuovo sulla scena del mondo, chiamato a fare della storia il luogo dellāincontro dei figli di Dio col loro Padre e dei fratelli tra loro.
Mentre assicura la sua preghiera perchĆ© siate allāaltezza di questa sfida entusiasmante, Papa Francesco domanda di pregare per lui e per lāIncontro mondiale delle famiglie che avrĆ luogo a Dublino il 25 e 26 agosto corrente.
Nellāunire il mio personale augurio, accompagnato dalla preghiera, mi valgo della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio”.
Card. Pietro Parolin
Segretario di Stato