Il criterio etico non cambia” davanti all'uso di nuovi farmaci che consentono nuove forme di sedazione, poiché questa, “soprattutto quando protratta e profonda, annulla quella dimensione relazionale e comunicativa che abbiamo visto essere cruciale nell’accompagnamento delle cure palliative”. Dunque risulta “sempre almeno in parte insoddisfacente, sicché va considerata come estremo rimedio, dopo aver esaminato e chiarito con attenzione le indicazioni”. E' quanto afferma Papa Francesco nel messaggio a firma del cardinale Parolin, Segretario di Stato, inviato all’apertura del congresso internazionale sulle cure palliative promosso oggi e domani a Roma dalla Pontificia Accademia per la Vita. Il Pontefice riconosce “la complessità e la delicatezza dei temi presenti nelle cure palliative”, e proprio per questo chiede “di continuare la riflessione e di diffonderne la pratica per facilitarvi l’accesso: un compito in cui i credenti possono trovare compagni di strada in molte persone di buona volontà”. Parla anche di terapia del dolore, già legittimata da Pio XII, soffermandosi poi sulla “dimensione di mutua dipendenza d’amore”; in apertura anche un accenno al concetto cristiano del “prendersi cura”.
Continuare a sperare
Quello delle cure palliative è un argomento che spesso suscita “ribellione e angoscia. Per questo nella società odierna si cerca in molti modi di evitarlo e di rimuoverlo”, si legge nel messaggio, privando l'uomo “di una occasione per maturare un modo più sensato di vivere, sul piano sia personale sia sociale”. Al contrario, le cure palliative “non assecondano questa rinuncia alla sapienza della finitezza”; infatti, “esse indicano una riscoperta della vocazione più profonda della medicina, che consiste prima di tutto nel prendersi cura: il suo compito è di curare sempre, anche se non sempre è possibile guarire”. Il Pontefice sa bene che “l’impresa medica si basa sull’impegno instancabile di acquisire nuove conoscenze e di sconfiggere un numero sempre maggiore di malattie”, tuttavia, precisa, “le cure palliative attestano, all’interno della pratica clinica, la consapevolezza che il limite richiede non solo di essere combattuto e spostato, ma anche riconosciuto e accettato”. In altre parole: “non abbandonare le persone malate, ma anzi stare loro vicino e accompagnarle nella difficile prova che si fa presente alla conclusione della vita”. E quando tutte le risorse del “fare” sembrano esaurite, prosegue il testo, “proprio allora emerge l’aspetto più importante nelle relazioni umane che è quello dell’essere: essere presenti, vicini, accoglienti”. In questa prospettiva, il fine della vita non è “più luogo di separazione e di solitudine, ma occasione di incontro e di comunione. La morte stessa viene introdotta in un orizzonte simbolico al cui interno può risaltare non tanto come il termine contro cui la vita si infrange e soccombe, quanto piuttosto come il compimento di un’esistenza gratuitamente ricevuta e amorevolmente condivisa“.
Dipendenza d'amore
“La logica della cura richiama infatti quella dimensione di mutua dipendenza d’amore che emerge certo con particolare evidenza nei momenti di malattia e di sofferenza, soprattutto al termine della vita, ma che in realtà attraversa tutte le relazioni umane e anzi ne costituisce la più specifica caratteristica”, prosegue il testo. Per il Pontefice è “ragionevole gettare un ponte tra quella cura che si è ricevuta fin dall’inizio della vita e che ha consentito ad essa di dispiegarsi in tutto l’arco del suo svolgersi, e la cura da prestare responsabilmente agli altri, nel susseguirsi delle generazioni fino ad abbracciare l’intera famiglia umana”. Su questa via “può accendersi la scintilla che collega l’esperienza dell’amorevole condivisione della vita umana, fino al suo misterioso congedo, con l’annuncio evangelico che vede tutti come figli dello stesso Padre e riconosce in ciascuno la sua immagine inviolabile”. Questo legame, che il Papa definisce “prezioso”, “sta a presidio di una dignità, umana e teologale, che non cessa di vivere, neppure con la perdita della salute, del ruolo sociale e del controllo sul proprio corpo”. Le cure palliative, allora, “mostrano il loro valore non solo per la pratica medica, ma anche più in generale per l’intera convivenza umana”. Rivolgendosi ai partecipanti del Congresso, afferma: “Oltre alle diverse figure professionali, va sottolineata l’importanza della famiglia per questo percorso. Essa riveste un ruolo unico come luogo in cui la solidarietà tra le generazioni si presenta come costitutivo della comunicazione della vita e il reciproco aiuto si sperimenta anche nei momenti di sofferenza o di malattia”. E spiega: “Proprio per questo, nelle fasi finali della vita, la rete familiare, per quanto fragile e disgregata possa risultare nel mondo odierno, costituisce pur sempre un elemento fondamentale. Sicuramente possiamo imparare molto su questo punto dalle culture in cui la coesione familiare, anche nei momenti di difficoltà, è tenuta in grande considerazione”.
La terapia del dolore
Parla poi della “terapia del dolore”, già legittimata con chiarezza da Pio XII, “distinguendola dall’eutanasia, la somministrazione di analgesici per alleviare dolori insopportabili non altrimenti trattabili, anche qualora, nella fase di morte imminente, fossero causa di un accorciamento della vita”. Ma se oggi “l’accorciamento della vita non è più un effetto collaterale frequente”, “lo stesso interrogativo si ripropone con farmaci nuovi che rendono possibili diverse forme di sedazione”. Il Papa è chiaro e invita alla prudenza: “Il criterio etico non cambia, ma l’impiego di queste procedure richiede sempre un attento discernimento e molta prudenza. Esse sono infatti assai impegnative sia per gli ammalati, sia per i familiari, sia per i curanti: con la sedazione, soprattutto quando protratta e profonda, viene annullata quella dimensione relazionale e comunicativa che abbiamo visto essere cruciale nell’accompagnamento delle cure palliative. Essa risulta quindi sempre almeno in parte insoddisfacente, sicché va considerata come estremo rimedio, dopo aver esaminato e chiarito con attenzione le indicazioni”. Infine, ricorda che “la complessità e la delicatezza dei temi presenti nelle cure palliative chiedono di continuare la riflessione e di diffonderne la pratica per facilitarvi l’accesso: un compito in cui i credenti possono trovare compagni di strada in molte persone di buona volontà“.
Il congresso
Si tiene oggi e domani a Roma il Congresso internazionale dal titolo: “Palliative Care: everywhere & by Everyone. Palliative care in every region. Palliative care in every religion or belief”, organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita. In questa occasione verrà presentato ufficialmente il Progetto Pal-Life, ideato e realizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita per la diffusione globale delle cure palliative. Durante il Congresso verranno affrontate diverse e importanti tematiche, quali il contributo delle cure palliative alla medicina, all’assistenza sanitaria e alla società, la diffusione delle cure palliative, l’impatto delle diverse fedi religiose e prospettive spirituali sulla cura del morente, le implicazioni politiche ed economiche delle cure palliative. L’obiettivo principale del Congresso e del Progetto Pal-Life è quello di promuovere il dialogo e la cooperazione tra i differenti attori coinvolti nell’esercizio e nella diffusione delle cure palliative e, attraverso ciò, tutelare la dignità del morente, facendosi carico della sua vulnerabilità.