La liturgia di questa seconda domenica dopo Natale, prima dell’Epifania, ci porta a fare un volo altissimo fino al “in principio”. Giovanni, come un’aquila in volo, apre il Vangelo non con un racconto, ma con un inno che opera un’irruzione nello spazio e nel tempo: in principio era il Verbo (= la Parola) e il Verbo era Dio. In principio “bereshit”, prima parola della Bibbia, punto sorgivo da cui tutto ha inizio e senso. E punto di arrivo. E anche sorgente nel cuore di ognuno (Giovanni 7, 38). Dio Rivelatore: come è il tuo dio? Facendoci voce degli ultimi, siamo ormai certi che se non diventiamo tutti mendicanti di Dio, siamo più poveri. Senza Dio saremmo nulla. Non avremmo neppure la vita se Dio non ce l’avesse donata. E, tuttavia, quante volte viviamo come se fossimo noi i padroni della vita o come se dovessimo conquistarla! La mentalità mondana chiede di diventare qualcuno, di farsi un nome a dispetto di tutto e di tutti, infrangendo regole sociali pur di giungere a conquistare ricchezza. Che triste illusione! La felicità non si acquista calpestando il diritto e la dignità degli altri (dal messaggio del Papa per la giornata dei poveri) .
La povertà umana di questo tempo dunque, si può racchiudere dentro l’insignificanza di Dio. Dio non è cercato, non è combattuto, non è volutamente escluso. E’ insignificante. Il Natale stracolmo di luci, dolci, feste non dice piu’ il Mistero. E’ il trionfo della devozione al dio-mercato. Lo dice forte il Papa. “Il Dio Mercato e la Dea Guadagno sono false divinità che ci conducono alla disumanizzazione e alla distruzione del pianeta. La storia lo ha dimostrato in molte, e molto tristi, occasioni. Sono un Moloch che divora le generazioni appena nate”.
Ma tu, Chiesa, esprimi la ricerca del volto di Dio? Tu, Chiesa, compi prima di tutto una verifica della tua immersione nel Mistero di Dio. Tu, Chiesa, dove vai a cercarlo ? Tra le statue o anche le opere d’arte o le grandi basiliche o i grandi trattati di teologia. Il Papa francescano ci porta nel cuore dell’uomo, di ogni uomo. “Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo”. Nessuno escluso. Nessun peccatore escluso. Ecco il dono del Giubileo.
Un giorno l’ho contemplato con questa poesia. ET VERBUM /caro/ factum est / perché / ogni misera vita / e amore acerbo/ e nascita inattesa/ e morte ingiusta / ogni aborto/ e solitudine / e tentazione / e debolezza / umana,/ tutto / il gemere/ del mondo,/ e del creato/ il parto,/ tutto/ sia fatto, /parola /e senso.
Niente è estraneo a Dio. E Dio ha preso dimora in noi, nelle tenebre. Per farci Figli suoi. Legame di senso e d’amore pieno, che niente e nessuno potrà strapparlo dalle sue mani. Dunque accoglienza senza se e senza ma. “A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.” (Gv 1,9-14) Ed ecco l’annuncio: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità”. Quando si parla della carne si parla di uno scandalo come in Gv 6,53-55.
Giovanni non scrive, come ci saremmo aspettati, “si fece uomo”, ma “si fece carne!” Una Parola che diviene carne. E così noi incominciamo a vivere la nostra carne, la nostra realtà fisica, nel suo limite, nella sua materialità, anche nella sua fragilità, a viverla in un modo divino. Che significa in modo divino? Sì, la carne è il luogo stesso della mia comunione con gli altri. Il cardine del cristianesimo è la carne; non è qualcosa di disincarnato, non è il buttar via l’umanità o i desideri dell’uomo, è la carne coi suoi bisogni, i suoi limiti, i suoi desideri. È questo l’ambito dove viviamo la rivelazione stessa di Dio. Una sorpresa! A noi fa paura – almeno a qualcuno – un Dio debole, limitato, che è fragile, che nasce a Betlemme, che è carne, che muore: che Dio sarà? Ecco, per Giovanni la carne è il luogo stesso della rivelazione di Dio. E ognuno di noi, senza essere religioso per professione, è la rivelazione di Dio nei suoi gesti e parole e scelte.