Sant’Alfonso, il “dottore zelantissimo”

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Sicuramente quando si parla di S. Alfonso Maria de’ Liguori la mente corre al periodo natalizio. Il sacerdote campano, nato a Marianella nel 1696, una località nel comune di Napoli, situata nel quartiere Piscinola, nell’area nord della città vesuviana, infatti è l’autore della popolarissima canzone “Tu scendi dalle stelle”.

All’età di 12 anni s’iscrisse all’Università di Napoli e a soli sedici anni conseguì il dottorato, diritto civile e canonico, dopo aver sostenuto un esame con il filosofo Giambattista Vico (1668-1744) e cominciò ad essere avvocato.

Dopo aver esercitato per diversi anni la professione, per un errore commesso involontariamente nella discussione di una causa, decise di abbandonare tutto e di sentire la voce di Dio che lo chiamava al sacerdozio.

A 30 anni viene ordinato sacerdote, era il 21 dicembre  del 1726, dedica tutto il suo apostolato ai più poveri e bisognosi della città partenopea, dove non arrivava con la parola, cercava di raggiungere tutti con i suoi scritti.

Nel 1728 scriverà le “Massime Eterne” che diventerà uno dei più noti libri classici di spiritualità e ascetismo. L’opera può essere considerata una preparazione all’“Apparecchio della morte”, scriverà nel 1758 lo stesso Alfonso: “La morte: un argomento di cui non si parla, o non si parla volentieri, un tabù per l’attuale società che fonda spesso il suo valore esclusivamente sul consumismo e sull’efficientismo. Eppure, morire bene è un atto che non dovrebbe cogliere nessuno impreparato… Se osservata dal punto di vista della nostra sensibilità, la morte incute spavento e si fa temere. Ma dal punto di vista della fede, porta consolazione e si fa desiderare…“.

Nel 1732 lasciò Napoli, ritirandosi nel paesino di Scala, vicino Salerno, dove diede vita alla Congregazione del Santissimo Redentore, i sacerdoti saranno poi chiamati “Redentoristi”, questa nuova congregazione venne poi riconosciuta ufficialmente nel 1749 da Papa Benedetto XIV (1740-1758).

Inizia per il futuro S. Alfonso, un periodo per dedicarsi ancora alla scrittura di testi a carattere ascetico, dogmatico e sulla morale, si ricorda la “Theologia moralis” (1753-1755) e “La pratica del confessore” (1755).

Proprio l’amore misericordioso di Dio, verso l’uomo peccatore, portò Alfonso a dire “prendete l’abitudine di parlare a Dio da solo a solo, familiarmente con fiducia e amore, come a un amico, il più caro, quello che amate di più”.

Fu nominato, nel 1762, vescovo da papa Clemente XIII (1758-1769) e consacrato dal cardinale Ferdinando Maria de’ Rossi (1696-1775) della diocesi di S. Agata dei Goti, vicino Benevento.

Nel 1775 lasciò la carica vescovile per problemi di salute, una forma di artrite le aveva causato un danno alla spina dorsale, ciò lo costrinse a camminare curvo.

Morì il 1° agosto del 1787 a 90 anni, a Pagani, e il suo corpo riposa in un’urna all’interno della basilica pontificia a lui intitolata.

Fu beatificato da Pio VII (1800-1823) il 15 settembre del 1816 e canonizzato il 26 maggio del 1839 da Gregorio XVI (1831-1846).

Anche S. Alfonso per volontà di Pio IX (1846-1878), il 23 marzo 1871 fu proclamato “Dottore della Chiesa” coll’appellativo di “Doctor Zelantissimus” per indicare il suo costante impegno per un agire pastorale radicato nell’amore a Dio e al suo popolo e come ha detto Benedetto XVI: “E’ un esempio di pastore zelante, che ha conquistato le anime predicando il Vangelo e amministrando i Sacramenti, unito ad un modo di agire improntato a una soave e mite bontà, che nasceva dall’intenso rapporto con Dio, che è la Bontà infinita”.