La pastorale familiare come missione universale. A fare il punto sull’impegno della Chiesa per la “chiesa domestica” è l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, gran cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II e presidente della Federazione Biblica cattolica internazionale.
Famiglia sotto attacco
“La famiglia, nonostante tutti gli attacchi, resta salda, per sua forza interna. Non esistono sostituti o equivalenti funzionalità della famiglia. E’ un ideale che chiede stabilità. E’ uno dei cardini di quel nuovo umanesimo di questo nuovo millennio. La prova la stiamo vedendo in questo tempo di pandemia. Di fronte all’assalto del Covid-19 è la famiglia, con tutte le sue debolezze, ad essere il luogo del rifugio e della stabilità. Questo tempo di pandemia mostra con evidenza che la famiglia è una forma sociale unica. La famiglia consente di articolare in maniera stabile due tipi di relazione. Quella sessuale (maschio-femmina) e quella generazionale (genitore-figlio). Queste due relazioni sono segnate da un’irriducibile differenza accompagnata e custodita nel legame e nella reciprocità. La famiglia, è comunque il luogo di relazioni forti che incidono in maniera profonda nella vita dei singoli membri. E ciò in un mondo in cui la scelta è sempre e solo provvisoria”.
L’orizzonte dell’accoglienza
Afferma monsignor Paglia: “Il Papa sa bene che non è facile o scontato accogliere questo orizzonte. Può accadere che ci siano coloro che vorrebbero una Chiesa simile ad un pubblico ministero dell’accusa o a un notaio che registra adempimenti e inadempienze senza tener conto delle dolorose circostanze della vita e l’interiore riscatto delle coscienze. Del resto la Chiesa è stata impegnata dal suo Signore ad essere coraggiosa e forte proprio nella protezione dei deboli. E nel riscatto dei debiti, nella cura delle ferite dei padri e delle madri, dei figli e dei fratelli. A cominciare da quelli che si riconoscono prigionieri delle loro colpe e disperati per aver fallito la loro vita”.