Giurista, instancabile predicatore, evangelizzatore, difensore dell'ortodossia cattolica e della cristianità in Europa. Tutto questo è stato San Giovanni da Capestrano (1386 – 1456) sacerdote francescano dell’ordine dei frati minori, proclamato patrono dei cappellani militari di tutto il mondo da Giovanni Paolo II nel 1984, che nella lettera apostolica Servandus quidem scrisse a proposito del Santo “anche in questi nostri tempi egli è da proporsi come esempio di santità al Popolo di Dio e specialmente ai sacerdoti e a coloro che ovunque presiedono alla Pastorale Militare”.
La vita
Giovanni nasce a Capestrano, in Abruzzo , in una nobile famiglia di origini tedesche e presto si trasferisce a Perugia per studiare diritto ma una vita movimentata e il contesto storico che vede l’inarrestabile avanzata dei turchi in tutto l’Est Europa lo porteranno ad essere uno dei personaggi del continente più influenti del suo tempo, richiesto da molti sovrani e principi per il suo carisma e le sua abilità da condottiero sul campo di battaglia. Ovviamente bisogna tenere conto del contesto storico del XIV: la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi, avvenuta il 23 maggio 1453, e l’esercito ottomano che cerca di raggiungere l’Ungheria, furono eventi che lasciarono una scia di sangue e terrore lungo tutta la penisola balcanica e che rappresentarono una seria minaccia per la tenuta dell’intera Europa cristiana. Insomma Giovanni non era un guerriero assetato di battaglie ma un apostolo dell’Europa unita che con il fervore della sue prediche incoraggiò molti popoli ad impegnarsi nella difesa della libertà di milioni di fedeli che rischiavano di essere ridotti a schiavi della “Sublime Porta”.
L'incontro con San Francesco
Ma facciamo qualche passo indietro per comprendere come e perché il santo abruzzese divenne il pastore degli eserciti cristiani. Divenuto uno stimato giurista, nel 1413 il giovane Capestrano viene chiamato ad amministrare la giustizia in un rione di Perugia. Nel luglio dello stesso anno la città umbra viene occupata dai Malatesta e Giovanni finisce imprigionato. In carcere ha una visione di san Francesco d’Assisi che lo invita a seguirlo, così, una volta uscito, diventa sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori. Per diversi decenni Giovanni si dedica alla predicazione del Vangelo. Le sue predicazioni, soprattutto in Avvento e in Quaresima, infiammano le persone, operano conversioni e rinnovano spiritualmente le popolazioni che lo ascoltano. Affronta anche difficili dispute teologiche. Nella Quaresima del 1426, accompagnato da un gruppo di aquilani, si reca a Roma per difendere l’amico e confratello francescano Bernardino da Siena, accusato di idolatria perché faceva adorare il Nome di Gesù (JHS) siglato sulle tavolette. La difesa sostenuta da frà Giovanni ha successo e, al suo ritorno a l’Aquila, ottiene che la sigla del Santo Nome faccia parte dello stemma della città. Con la stessa energia Giovanni lavora anche da grande riformatore dell’Ordine ed è soprannominato la “Colonna dell’osservanza”, fra le altre cose smaschera “il fraticellismo”, la pratica di diffondere dottrine camuffate dalla Regola Francescana e dichiarate eretiche dalla Chiesa, e viene incaricato di contrastare la pratica dell’usura.
Il viaggio in Europa centrale
Intanto con il passare degli anni si fa sempre più concreta la minaccia dei turchi che con la spada risalgono i Balcani sottomettendo intere popolazioni europee, che sono obbligate da pagare pesanti tributi al sultano e a inviare i loro figli a servire nell’esercito ottomano. Nel 1453 cade la Capitale dell’Impero romano d’Oriente, Costantinopoli. Giovanni, su incarico di Papa Niccolò V, si trova in Austria con 12 compagni per evangelizzare le terre europee più trascurate e a combattere le eresie diffuse, ma presto fu incaricato dal papa Callisto III, insieme ad alcuni frati, di viaggiare per l’Europa centrale nel tentativo di reclutare uomini per animare un crociata contro l’impero ottomano. A rispondere sono soprattutto gli ungheresi. A capo di un esercito di cinquemila uomini si mette in cammino verso Belgrado allo scopo di rompere l’assedio della città, roccaforte sul Danubio circondata dalle truppe di Maometto II e dalla flotta turca. L’ormai anziano Giovanni è seguito anche dal condottiero ed eroe nazionale ungherese Hunyadi János (alleato del famigerato conte Vlad che allo stesso tempo combatte i turchi in Romania) che arma una flotta di duecento navi che il 14 luglio del 1456 distrugge le imbarcazioni ottomane. Una settimana dopo arriva anche la vittoria terrestre, che consegna alla storia l’anziano frate come un generale vittorioso. La morte non arriva quindi per mano dei turchi ma per la peste che si era diffusa in tutto l’accampamento militare cristiano. L'11 agosto dello stesso anno, colpito dall’epidemia si spegne Hunyadi che viene sepolto nella cattedrale cattolica di Gyulafehérvár, in Transilvania, il 23 ottobre 1456 tocca a Giovanni che muore sulla via del ritorno, prostrato anche dalle fatiche, nel convento di Ilok, nell’attuale Croazia. Il suo corpo rimane esposto alla venerazione per otto giorni. Le spoglie di San Giovanni sono tuttora conservate ad Ilok, nella chiesa francescana di San Giovanni da Capestrano.
La preghiera
Questa la preghiera che i cappellani militari rivolgono al loro Santo patrono:
“O glorioso San Giovanni, uomo di Dio e della Chiesa, animatore di schiere audaci,
noi Cappellani militari delle Forze armate di Terra, di Cielo e di Mare
ti preghiamo con lo stesso ardore che avesti tu quando invocavi il Signore
a guidare i tuoi uomini alla salvaguardia della cristiana civiltà.
Anche noi, per dovere sacro a Dio e alla Patria,
siamo chiamati a sostenere le nuove generazioni nella ricerca e nella difesa dei supremi valori della giustizia e della pace.
Insegnaci ad amare i nostri soldati come tu li amavi, a sentirli vicini più che fratelli, a capirli nelle loro aspirazioni umane e spirituali.
Aiutaci a portare nel cuore delle nostre unità la stessa passione di fede e l’integrità della nostra testimonianza.
Questo ci chiedono i nostri uomini d’arme e questo dobbiamo porgere loro.
A te, perciò, o celeste nostro Patrono, noi ricorriamo; da te, o apostolo serafico, noi impetriamo e per i tuoi meriti aspettiamo i Doni dello Spirito.
Amen.”