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Riforma dell’immigrazione, appello dei vescovi al Congresso Usa

Sos dell'episcopato Usa: "La mancanza di una legislazione sull'immigrazione positiva e lungimirante ha gravi conseguenze per le vite umane e il benessere di questo paese"

L’appello dell’episcopato Usa arriva al termine di un altro anno senza una riforma dell’immigrazione. I vescovi statunitensi intervengono  sulle proposte riguardanti l’immigrazione. “Non possiamo continuare a relegare ai margini questi membri della nostra società”. I presuli esortano a “promuovere il giusto processo nel sistema dell’immigrazione”. Monsignor Mario E. Dorsonville è il vescovo ausiliare di Washington. E presiede la Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb). “Nel 2022 continueremo a pregare e a lavorare. Per una soluzione che fornisca un sollievo immediato. Ai membri privi di documenti della nostra società- spiega all’agenzia missionaria vaticana Fides-. Manteniamo il nostro appello di lunga data. Affinché il Congresso lavori su base bipartisan. Per promuovere la piena integrazione delle persone prive di documenti. E per creare un sistema di immigrazione più sostenibile. Coerente con il bene comune”.Immigrazione

Sos immigrazione

Prosegue monsignor Mario E. Dorsonville: “Abbiamo a lungo esortato il Congresso e il presidente a lavorare insieme. Per emanare una legislazione che fornisca protezioni permanenti. Incluso un percorso verso la cittadinanza. Per i nostri fratelli e sorelle privi di documenti. C’è un forte sostegno tra il popolo americano per l’azione del Congresso sull’immigrazione”. L’ostacolo secondo l’episcopato è “l’incapacità dei leader politici di riunirsi”. Per raggiungere un consenso necessario a una “legislazione sull’immigrazione positiva e lungimirante”. Ciò ha “gravi conseguenze per le vite umane e il benessere di questo paese”. La strada da percorrere è “incerta”. La realtà attuale “rimane chiara: lo status quo non può reggere”.

11 milioni

11 milioni di persone prive di documenti vivono oggi negli Stati Uniti. La metà di loro ha vissuto negli Usa per almeno 15 anni. “Molti altri stanno ricevendo protezioni temporanee. Ma non hanno accesso a soluzioni permanenti. Sono madri, padri, figli e figlie– puntualizza il presule-. Sono lavoratori essenziali. Proprietari di case e imprenditori. Soprattutto sono persone create allo stesso modo a immagine di Dio”.

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