All’indomani del rientro in Vaticano dal viaggio apostolico in Messico, Bergoglio partecipa alle catechesi quaresimale guidate dal predicatore pontificio. “La liturgia riscopra il dinamismo proprio dello Spirito Santo, il cui ruolo vitale nella vita della fede cristiana resta talvolta ancora in ombra”, afferma padre Raniero Cantalamessa, nella prima predica di tenuta al Papa e alla Curia Romana nella Cappella “Redemtoris Mater” del Palazzo Apostolico.
Al giorno d’oggi, se lo Spirito Santo “non è più ‘lo sconosciuto’ della Trinità, questo lo si deve al Concilio Vaticano II, che ha permesso alla Chiesa di prendere una più chiara coscienza della sua presenza e della sua azione”. Cantalamessa parte da questa premessa per riflettere sul fatto di come questo “risveglio” non abbia portato a un giusto risalto del ruolo dello Spirito Santo, rimasto ancora in ombra rispetto alle altre Persone della Trinità. Il problema – sostiene il predicatore pontificio – rilevabile già nel testo conciliare sul rinnovamento liturgico, la Sacrosanctum Concilium, di cui cita e commenta un passo:
“Ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza e nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado’. È nei soggetti, o negli ‘attori’, della liturgia che oggi siamo in grado di notare una lacuna in questa descrizione. I protagonisti qui messi in luce sono due: Cristo e la Chiesa. Manca ogni accenno al posto dello Spirito Santo. Anche nel resto della costituzione, lo Spirito Santo non è mai oggetto di un discorso diretto, solo nominato qua e là, e sempre ‘in obliquo’”.
Non si tratta “di fare, per così dire, il tifo per l’una o l’altra delle tre Persone della Trinità, ma di salvaguardare il dinamismo trinitario della liturgia”. Un dinamismo ben espresso da San Basilio quando dice che “Come le cose divine discendono a noi dal Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo, così le cose umane ascendono al Padre attraverso il Figlio, nello Spirito Santo”. Dunque, afferma il religioso francescano “non basta perciò ricordare ogni tanto che c’è anche lo Spirito Santo; bisogna riconoscergli il ruolo di anello essenziale, sia nel cammino di uscita delle creature da Dio che in quello di ritorno delle creature a Dio. Il fossato esistente tra noi e il Gesù della storia è colmato dallo Spirito Santo. Senza di lui, tutto nella liturgia è soltanto memoria; con lui, tutto è anche presenza”.
Una liturgia resa viva dallo Spirito assolve, assicura padre Cantalamessa, a uno dei suoi “compiti primari che è la santificazione delle anime. Lo Spirito Santo non autorizza a inventare nuove e arbitrarie forme di liturgia o a modificare di propria iniziativa quelle esistenti (compito che spetta alla gerarchia). Egli è l’unico però che rinnova e da la vita a tutte le espressioni della liturgia. In altre parole, lo Spirito Santo non fa cose nuove, ma fa nuove le cose”. Dunque, “lo Spirito Santo vivifica in modo particolare la preghiera di adorazione che è il cuore di ogni preghiera liturgica. La sua peculiarità deriva dal fatto che è l’unico sentimento che possiamo nutrire solo ed esclusivamente verso le persone divine. Noi veneriamo la Madonna, non la adoriamo, contrariamente a quanto alcuni pensano dei cattolici”.
“Lo Spirito Santo intercede per noi e ci insegna a intercedere, a nostra volta, per gli altri”. L’intercessione, conclude, è “una componente essenziale della preghiera liturgica”, come dimostra la Chiesa che “non fa che intercedere: per se stessa e per il mondo, per i giusti e per i peccatori, per i vivi e per i morti. La preghiera di intercessione è così accetta a Dio, perché è la più libera da egoismo, riflette più da vicino la gratuità divina e si accorda con la volontà di Dio, la quale vuole ‘che tutti gli uomini siano salvi’. Dio è come un padre pietoso che ha il dovere di punire, ma che cerca tutte le possibili attenuanti per non doverlo fare ed è felice, in cuor suo, quando i fratelli del colpevole lo trattengono dal farlo”.