Chiesa Cattolica

Perdonanza Celestiniana, il Papa: “La forza degli umili è il Signore”

La vita dei Santi, ricorda Papa Francesco, “è il punto di vista privilegiato da cui possiamo scorgere la buona notizia che Gesù è venuto ad annunciare”. Nel giorno della Padronanza Celestiniana, a L’Aquila, il Santo Padre celebra la Santa Messa parlando della figura di Papa Celestino V, persona che viene ricordata perlopiù per la possibile citazione nella Divina Commedia, in associazione al famoso verso del Canto III dell’Inferno “colui che per viltade fece il gran rifiuto”. Al di là del possibile riferimento ad altre persone, Francesco ricorda come Celestino non fu “l’uomo del ‘no’ ma l’uomo del ‘sì’: non esiste altro modo di realizzare la volontà di Dio che assumendo la forza degli umili”. In quanto tali, essi “appaiono agli occhi degli uomini deboli e perdenti, ma in realtà sono i veri vincitori, perché sono gli unici che confidano completamente nel Signore e conoscono la sua volontà”.

L’omelia del Papa

La Parola di Dio, in un mondo dominato dall’orgoglio, invita a farci umili: “L’umiltà non consiste nella svalutazione di sé stessi, bensì in quel sano realismo che ci fa riconoscere le nostre potenzialità e anche le nostre miserie. A partire proprio dalle nostre miserie, l’umiltà ci fa distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo a Dio, Colui che può tutto e ci ottiene anche quanto da soli non riusciamo ad avere. La forza degli umili è il Signore, non le strategie, i mezzi umani, le logiche di questo mondo, i calcoli”.

In Celestino V, ricorda ancora il Papa, vediamo “un testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è Misericordia”. Non è possibile “capire la misericordia se non si capisce la propria miseria. Essere credenti non significa accostarsi a un Dio oscuro e che fa paura”.

L’Aquila, custode del dono

È proprio la città de L’Aquila, ricorda il Santo Padre, che da secoli “mantiene vivo il dono che Papa Celestino V le ha lasciato. Misericordia è l’esperienza di sentirci accolti, rimessi in piedi, rafforzati, guariti, incoraggiati. Essere perdonati è sperimentare qui e ora ciò che più si avvicina alla risurrezione. Il perdono è passare dalla morte alla vita, dall’esperienza dell’angoscia e della colpa a quella della libertà e della gioia”. Partire dalla miseria, “cercando come arrivare al perdono, perché anche nella propria miseria sempre troveremo una luce che è la strada per andare al Signore. È Lui che fa la luce nella miseria“.

La sofferenza causata dal terremoto non ha scoraggiato i cittadini aquilani dal rialzarsi e rimettersi in piedi: “Ma chi ha sofferto deve poter fare tesoro della propria sofferenza, deve comprendere che nel buio sperimentato gli è stato fatto anche il dono di capire il dolore degli altri. Voi potete custodire il dono della misericordia perché conoscete cosa significa perdere tutto, veder crollare ciò che si è costruito, lasciare ciò che vi era più caro, sentire lo strappo dell’assenza di chi si è amato. Voi potete custodire la misericordia perché avete fatto l’esperienza della miseria”.

Dove non c’è libertà interiore c’è individualismo

Ognuno nella vita, spiega il Papa, può fare esperienza “di un ‘terremoto dell’anima’, che lo mette in contatto con la propria fragilità, i propri limiti, la propria miseria. In questa esperienza si può perdere tutto, ma si può anche imparare la vera umiltà”. Quando la misericordia viene da noi “è perché noi la custodiamo, e anche perché noi possiamo dare testimonianza di questa misericordia. È un dono per me, la misericordia, per me misero, ma questa misericordia dev’essere anche trasmessa agli altri come dono da parte del Signore”.

Il cristiano sa “che la sua vita non è una carriera alla maniera di questo mondo, ma una carriera alla maniera di Cristo… Finché non comprenderemo che la rivoluzione del Vangelo sta tutta in questo tipo di libertà, continueremo ad assistere a guerre, violenze e ingiustizie, che altro non sono che il sintomo esterno di una mancanza di libertà interiore. Lì dove non c’è libertà interiore, si fanno strada l’egoismo, l’individualismo, l’interesse, la sopraffazione e tutte queste miserie. E prendono il comando, le miserie”.

Damiano Mattana

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