Dopo aver celebrato la festa di Ognissanti, della santità discreta, ordinaria di tante persone che hanno raggiunto il Paradiso nell'anonimato del mondo ma nel cuore di Dio, la Chiesa oggi commemora tutti i fedeli defunti. Un anniversario dal significato profondo che purtroppo spesso viene malinteso o addirittura travisato. In Terris ne ha parlato con fra François Dermine, domenicano di origine canadese ma da molti anni residente in Italia, dove nel 1984 è stato cofondatore e poi presidente del Gris, Gruppo di Ricerca e di Informazione Socio-religiosa, deputato alle questioni di religiosità alternativa dalla Cei, studioso dell'occultismo e autore di diversi libri su questi temi.
Padre Dermine, perché è proibito parlare con i morti?
“Perché prima di tutto non sono mai i nostri morti che fanno questo, sono demoni che si travestono da morti, che appaiono come se fossero i nostri cari perché conoscono i nostri rapporti con i defunti. E poi faccio notare che è vietato sin dall'Antico Testamento perché se noi avessimo la facoltà di passare a nostro piacimento da questa dimensione all'altra, non saremmo più nulla di preciso, né carne né pesce. Poi penseremmo di poter trovare il modo di soddisfare tutti i nostri desideri, tutte le nostre curiosità, cosa che Dio non può permettere assolutamente. Noi viviamo in un tempo e in uno spazio ben delimitati mentre con lo spiritismo e tutte le forme di divinazione cerchiamo di sfuggire a tutto ciò. Per questo la proibizione dello spiritismo, della cartomanzia e così via, sono pratiche legate a questo desiderio di sfuggire alla nostra condizione umana. Dio non può permettere che noi andiamo di là appena abbiamo un problema, prendiamo il telefono dell'aldilà e abbiamo le nostre risposte. Non funziona così. Dobbiamo affidarci a Dio, alla sua Provvidenza e a quanti mette sulla nostra strada. Ho conosciuto tante persone che hanno fatto spiritismo, che credevano di parlare con i loro morti: inizialmente sembrava tutto bello poi si son resi conto che non si avevano a che fare con chi pensavano che fossero”.
In questi giorni c'è la venerazione e il ricordo di chi ci ha preceduto sulla terra. Eppure è sempre più diffusa la moda di “celebrare” Halloween che molti considerano un'innocua carnevalata. Perché invece questa festa neopagana ha aspetti demoniaci?
“Prima di tutto perché è ovvio che mira a modificare completamente il nostro modo di vedere l'aldilà. E' intrisa di un gusto del macabro, c'è una forma di satanismo, di culto demoniaco, magari fatto in modo apparentemente innocente però è sempre un culto. Tutte queste cose non sono tranquillizzanti per i nostri givovani: la magia, il macabro, il satanismo, non penso che contribuiscano a dare pace ai giovani. E' l'attrattiva del tenebroso e, come accennavo, mira a sconvoglere la nostra visuale dell'aldilà. I nostri morti cosa diventano in un contesto del genere? Degli esseri che aleggiano intorno a noi chissà come. E invece sono presenti nella fede e possiamo avere con loro, attraverso la preghiera, una comunione reale. Poi c'è un altro aspetto”.
Dica pure…
“Halloween non è così innocente. La traduzione 'dolcetto o scherzetto' di 'trick or treat' è una forma di minaccia: se non mi dai il dolcetto, beh, lo scherzetto forse te lo faccio… non è così innocente come sembra, abitua invece i bambini a 'pretendere' qualcosa”.
Perché è importante pregare per i defunti?
“Pregare per i morti è normale perché abbiamo tutti bisogno di convertirci, sia in terra che in purgatorio, per chi ci va e ha bisogno delle nostre preghiere per avvicinarsi a Dio. E' il primo atto di carità da parte nostra nei loro confronti. Dico sempre durante i funerali che non stiamo facendo un gesto sociale, non siamo lì per esprimere la nostra solidarietà ai parenti del defunto o a commemorare una figura; siamo lì per pregare per la sua anima perché giunga quanto prima alla salvezza definitiva. Grazie a Dio le anime del purgatorio sono già salve ma non sono ancora giunte alla destinazione finale e lo desiderano profondamente, molto più di noi, perché noi abbiamo tante distrazioni, loro no e sono assetati di Dio e della visione beatifica”.
Resta però per chi rimane nel distacco e nel dolore la curiosità di sapere cosa c'è di là, come stanno i nostri cari, le persone che abbiamo amato sulla terra. In che modo la fede illumina tutto questo?
“E' giusto che noi ci poniamo delle domande. Nell'insieme non sappiamo cosa c'è dopo la morte e anche nei particolari tante cose ci sfuggono, anzi tantissime. C'è tutta una letteratura derivata da contatti spiritici che descrivono un aldilà in maniera estremamente monotona, ripetitiva, perciò dico sempre scherzando, ma fino a un certo punto, se volete sapere qualcosa su questo argomento leggete l'Apocalisse. Però voler andare oltre, è un voler non essere più nella nostra dimensione, dove non possiamo sapere tutto e subito quello che ci accadrà in questa vita a nell'altra. Siamo chiamati a porre la nostra fiducia in Dio. L'essenziale sull'aldilà Gesù ce l'ha detto, i dettagli no. E' chiaro che anch'io mi pongo delle domande sul dopo però per soddisfare questa mia curiosità non vado a evocare i morti come se loro fossero in grado o gli fosse permesso di intervenire a piacimento da una dimensione all'altra”.
Qual è dunque il giusto modo di rapportarsi con i defunti senza scadere nella superstizione?
“E' la comunione dei santi. Noi sappiamo che i nostri morti non sono scomparsi nel nulla e se sono in Dio, ci seguono attraverso Lui. Non avendo ancora un corpo, perché la risurrezione non è ancora avvenuta, non sono in grado di 'vederci' con i loro occhi ma tutto ciò che sanno o vedono riguardo a noi lo conoscono attraverso Dio che permette loro di assisterci con la loro preghiera, il loro amore. I nostri morti li dobbiamo sentire presentissimi. Per sapere se mio padre o mia madre, che sono morti, ci sono, non ho bisogno di fare una seduta spiritica. So che essendo state persone di fede sono in Dio e in Lui io sono presente a loro e loro a me”.
Una curiosità: è cambiato l'atteggiamento della Chiesa nei confronti della cremazione?
“Sì perché in passato veniva fatta in chiave polemica, soprattutto riguardo alla risurrezione dei corpi. Era un modo per chi non credeva di dimostrare che dopo non c'è nulla. Una volta sperata questa dimensione polemica non c'è motivo di opporsi a questa pratica”.