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“Per rilanciare l'Italia serve un grande progetto”

Serve un grande progetto per rilanciare l’Italia. Solo così si può veramente cercare il bene comune. “Il tempo delle parole è finito”. Il cardinal Bassetti rilancia l'invito con cui aveva aperto la Settimana Sociale dei Cattolici. Il presidente della Cei, nel suo intervento alla Corte dei Conti, parla del futuro dell'Italia e dell'importante ruolo che la politica deve assumere per rilanciare il Bel Paese: “In questo contesto sociale così complesso e difficile non è più sufficiente elaborare delle belle teorie, ma diventa di fondamentale importanza mettere in atto delle buone pratiche che possano portare concretamente alla ricerca del bene comune”. Bassetti ne indica tre, spiegando che “non sono le uniche ma sono senza dubbio di cruciale importanza: la riscoperta dell’umanesimo; la difesa della casa comune; la politica come missione”.

Riscoprire l'umanesimo

“La riscoperta dell’umanesimo – spiega il porporato – significa essenzialmente dar vita ad una reale cultura dell’incontro attraverso la costruzione di luoghi e momenti di dialogo. Dialogo tra scienza e fede, dialogo tra fedi religiosi differenti, dialogo tra cultura laica e cattolica in vista della promozione e della diffusione di un nuovo umanesimo”. Poi aggiunge: “L’umanesimo cristiano e quello laico vantano una tradizione secolare che proprio attorno all’unità ontologica dell’uomo possono ritrovarsi e incontrarsi in modo fecondo. 'Andare verso l’uomo’ era una sorta di slogan del primo Novecento coniato da filosofi come Emmanuel Mounier. Oggi questa espressione potrebbe essere modificata dicendo: ‘Ripartire dall’uomo’. Per una nuova alleanza tra scienza, cultura umanistica e persona umana”. Quindi auspica “un nuovo umanesimo che sappia umanizzare una realtà produttiva che sembra sempre più disumanizzata. Oggi la procedura sembra contare più dell’elemento umano. Nel nuovo mondo digitale che si sta affermando in modo impetuoso, ciò che conta veramente sono i dati e le informazioni, mentre l’uomo è posto in secondo piano”. Da qui la necessità di “ridare la doverosa importanza e la giusta proporzione all’elemento umano in questo mondo immateriale”.

La difesa dell'ambiente

La seconda buona pratica, è la difesa della casa comune. Bassetti cita la Laudato si’, enciclica in cui Papa Francesco “mette in relazione l’etica pubblica, le risorse collettive e il bene comune”, denunciando il “relativismo pratico” e mettendo in guardia da un uomo “non umano”, già stigmatizzato da Romano Guardini: “L’uomo slegato da relazioni umane solide, che vive solo per sé stesso, è essenzialmente un uomo pervaso dalla cultura dell’usa e getta che ha prodotto la mercificazione della vita umana e dell’ambiente in cui essa si sviluppa: dalla tratta degli esseri umani a quella dei gameti, fino allo sfruttamento pervasivo della terra e delle acque del pianeta”. Bisogna allora “invertire la rotta”, come chiede il Papa, mettendo in atto “una serie di pratiche che salvaguardino in ogni modo la Terra” mettendo un argine al potere tecnocratico. “Alla volontà di potenza occorre sostituire la vocazione del custodire; alla pretesa di dominio sul mondo e sugli uomini, occorre sostituire la vocazione al dialogo, alla pace e alla giustizia”.

“Il bene comune non è una bandiera cattolica”

L'arcivescovo di Perugia parla anche di ricerca del bene comune, una ricerca che, secondo il porproato, “non può e non deve essere ridotta ad un argomento da esporre nei convegni o negli incontri pubblici, come se si trattasse di una bandiera cattolica o di una medaglia al valore”. Spiega poi che “la tensione ideale e concreta verso il bene comune si riferisce all’intera società, delinea un orizzonte valoriale, organizza delle buone pratiche e contribuisce a definire l’etica pubblica”. “La cultura morale e sociale di ispirazione cattolica può trovare dei luoghi di incontro e mediazione con altre fedi e culture, e soprattutto non è in contrapposizione con la cultura morale e sociale di ispirazione laica. Anzi, queste culture differenti sono chiamate al confronto, al dialogo e all’incontro in un terreno comune assai fertile e di cruciale importanza per l’intera società”. Questo “terreno comune è rappresentato, prima di tutto, dalla difesa e dalla valorizzazione della dignità della persona umana. Non la società, non la nazione, non la classe, ma è la persona umana che si pone come punto di partenza e, al tempo stesso, come baricentro di ogni nostro impegno sociale – ammonisce il cardinale – perché è la persona umana il centro gravitazionale della ricerca del bene comune”. Una persona, fa notare il porporato, “è sempre un essere-in-relazione e non è mai un’anonima individualità: essa nasce in una famiglia; entra a far parte di gruppi sociali e culturali differenti; vive in comunità cittadine o di campagna; frequenta le scuole e le più diverse strutture educative; svolge delle attività lavorative in ambienti privati e pubblici e, infine, abita all’interno dell’oikos: la nostra casa comune, l’ambiente naturale che ogni persona trova alla propria nascita. Un ambiente estremamente complesso e fragile che siamo chiamati a custodire per il bene e nell’interesse di tutti”. Poi precisa: “Quando diciamo di ricercare il bene comune non ci riferiamo mai solamente alla ‘semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale’ ma, come si legge nella Gaudium et spes, all’‘insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente’”. Ecco allora che questa ricerca “deve sempre essere orientata ad uno sviluppo, sostenibile, condiviso e integrale, di tutti gli uomini e di tutto l’uomo”.

L'etica pubblica è minacciata da consumismo e nichilismo

Bassetti parla poi dell'etica pubblica dei nostri giorni, minacciata da due “tentazioni” che rappresentano “due ostacoli per la ricerca del bene comune: il consumismo e il nichilismo”. Citato il discorso di Papa Bergoglio rivolto alla Curia per gli auguri natalizi del 2015 (in quell'occasione il Pontefice elencò 15 “malattie” chiedendo ai suoi collaboratori “un vero esame di coscienza”) e afferma: “Anche la nostra società, come la Chiesa, avrebbe bisogno di un vero esame di coscienza”. Poi aggiunge: “Paolo VI, Papa che per primo si confrontò con questi temi, disse, con grande coraggio e con spirito profetico, che il denaro è un bene isolante, cioè può trasformarsi in un idolo che gli uomini venerano quasi senza accorgersene e che li distacca dalle relazioni umane circostanti. La ricerca del denaro diventa, in questo modo, l’unica vera liturgia dell’uomo moderno. Quest’uomo in carriera finisce per diventare, come ha affermato in tempi recenti Zygmunt Bauman, un homo consumens la cui identità si definisce, non solo sull’avere e sul possedere, ma nel ricoprire un posto di comando nella società e soprattutto nel consumare avidamente ogni bene, persino il corpo umano, che gli si pone davanti”. Secondo il Presidente della Cei “non è casuale che l’ultimo rapporto del Censis descriva l’Italia come un Paese in cui “il futuro è incollato al presente”, dove “i cittadini hanno una sfiducia nelle istituzioni civili e nella politica, ma investono i propri risparmi sempre di più nei generi di comfort. Attraverso l’acquisto di questi generi di consumo, in definitiva, molti nostri concittadini colmano un vuoto interiore e scoprono sé stessi, o meglio, si danno un’identità sociale”. Poi precisa: “Questa tipologia di uomo non è per forza ricco e benestante, anzi molto spesso è un povero, umanamente povero, ma abita il mondo contemporaneo come se la sua individualità fosse il baricentro del suo vivere”. Ribadisce poi questo concetto parafrasando Giovanni Paolo II: “quest’uomo ha un nuovo dio: è un ‘Io’ assoluto, ovvero un dio a cui hanno tolto la ‘d’ iniziale”. Un uomo, cioè, che “vive in una sorta di circolo vizioso: uomo-denaro-carriera-consumo-uomo. Un circolo chiuso che tende a spezzare ogni relazione sociale e che porta l’uomo moderno a vivere sempre più per sé stesso, come se l’altro non esistesse, se non in virtù del proprio piacere individuale o successo personale”. In questo quadro, “l’etica pubblica non può non essere influenzata da un sempre crescente e diffuso nichilismo che si configura, essenzialmente, come un vuoto valoriale di ogni tipo: spirituale, prima di tutto, ma anche culturale, ideale, antropologico, di senso civico e perfino politico. Un nichilismo che non è stato teorizzato o propagandato da qualche attore sociale, ma che si afferma da sé stesso, come conseguenza di quel desiderio di gratificazione che l’uomo vuole raggiungere a tutti i costi”. In questa prospettiva, secondo il cardinale, “l’evocazione della ricerca del bene comune finisce per essere soltanto un luogo ideale, vagheggiato, teorizzato, ma mai realmente desiderato o cercato”.

La politica è una missione

Infine, l’ultima buona pratica suggerita dal cardinal Bassetti consiste nel “concepire la politica come una missione”: “Una missione laica ma ispirata da principi cristiani che possono valere per tutti”. Per fare ciò, afferma il presidente della Cei, “occorre combattere culturalmente un duplice errore: che ‘la politica è una cosa sporca’ come diceva La Pira; e che la politica serve solo ad acquisire potere”. Non solo. E' necessario “che si affermi culturalmente e socialmente la logica del servizio. Servire gli altri significa amare disinteressatamente. Essere dei servitori pubblici è l’invito della Chiesa italiana per far sì che si affermi culturalmente e socialmente la logica del servizio”. “Tornarniamo a pensare l’Italia – conclude – come una comunità popolare, culturale e ideale, con un passato millenario da ricordare e valorizzare e con un deposito storico costituito anche dalla fede cristiana e dal suo multiforme radicamento sociale. E l’Italia come comunità politica unita, di più recente formazione, che ha dato vita a preziosi vincoli di solidarietà, di fratellanza e giustizia. A questa Italia, bella e fragile, occorre tornare a dare una visione chiara del presente e soprattutto una visione lungimirante del futuro che tenga conto, concretamente, della persona umana in ogni sua manifestazione: nei poveri, nei giovani, nelle famiglie, nei lavoratori, negli anziani”.

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