“Il grido straziante d’aiuto dei nostri fratelli ucraini ci spinge” a “piangere con loro e a darci da fare per loro; a condividere l’angoscia di un popolo ferito nella sua identità, nella sua storia e tradizione”. Lo dice il Papa nel messaggio alle Giornate Sociali Cattoliche Europee.
“Il sangue e le lacrime dei bambini, le sofferenze di donne e uomini che stanno difendendo la propria terra o scappando dalle bombe scuotono la nostra coscienza. Ancora una volta l’umanità è minacciata da un abuso perverso del potere e degli interessi di parte, che condanna la gente indifesa a subire ogni forma di brutale violenza”, aggiunge Francesco.
#PapaFrancesco: "Perdonaci la #guerra, Signore. Ferma la mano di Caino!". #Udienza pic.twitter.com/HJg3WyovEo
— Vatican News (@vaticannews_it) March 16, 2022
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre invia a S.E. Mons. Gintaras Grušas,Arcivescovo di Vilnius e Presidente del CCEE, in occasione dell’apertura delle Giornate Sociali Cattoliche Europee (Bratislava, 17-20 marzo 2022).
Il discorso integrale del Papa
In occasione della Terza edizione delle Giornate Sociali Cattoliche Europee, organizzate dal CCEE insieme alla COMECE e alla Conferenza Episcopale Slovacca a Bratislava dal 17 al 20 marzo, desidero rivolgere a Lei, caro Fratello, e a tutti i partecipanti il mio cordiale saluto. Ciò che stiamo vivendo in queste ultime settimane non è quello che speravamo dopo la difficile emergenza sanitaria provocata dalla pandemia, che ci ha fatto sperimentare un segno di impotenza e di timore, assieme alla condizione di fragilità della nostra esistenza.
La tragedia della guerra che si sta consumando nel cuore dell’Europa ci lascia attoniti; mai avremmo pensato di rivedere simili scene che ricordano i grandi conflitti bellici del secolo scorso. Il grido straziante d’aiuto dei nostri fratelli ucraini ci spinge come Comunità di credenti non solo a una seria riflessione, ma a piangere con loro e a darci da fare per loro; a condividere l’angoscia di un popolo ferito nella sua identità, nella sua storia e tradizione.
Il sangue e le lacrime dei bambini, le sofferenze di donne e uomini che stanno difendendo la propria terra o scappando dalle bombe scuotono la nostra coscienza. Ancora una volta l’umanità è minacciata da un abuso perverso del potere e degli interessi di parte, che condanna la gente indifesa a subire ogni forma di brutale violenza.
Ringrazio voi tutti, cari Fratelli nell’episcopato, per la sollecita e corale risposta nel soccorrere quella popolazione, garantendole aiuti materiali, accoglienza e ospitalità. Non stanchiamoci in questo, e non cessiamo di invocare da Dio e dagli uomini la pace. Vi esorto pertanto a continuare a pregare, affinché quanti detengono le sorti delle Nazioni non lascino nulla di intentato per fermare la guerra e aprire un dialogo costruttivo per porre fine all’immane tragedia umanitaria che sta provocando. Oggi più che mai urge rivedere lo stile e l’efficacia dell’ars politica. Davanti ai tanti mutamenti a cui stiamo assistendo a livello internazionale, è doveroso «rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale».
La guerra, che «lascia il mondo peggiore» ed è «un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa alle forze del male», possa suscitare in questo senso una reazione di segno opposto, un impegno a rifondare un’architettura di pace a livello globale, dove la casa europea, nata per garantire la pace dopo le guerre mondiali, abbia un ruolo primario.
Il titolo che avete scelto per queste giornate, L’Europa oltre la pandemia: un nuovo inizio, invita riflettere sulla transizione in atto nella società europea. Questo tempo, ancora condizionato dalla pandemia, ha provocato notevoli cambiamenti sociali, economici, culturali e anche ecclesiali. In questa situazione segnata dalla sofferenza sono cresciute le paure, è aumentata la povertà e si sono moltiplicate le solitudini; mentre tanti hanno perso il lavoro e vivono in modo precario, per tutti è mutato il modo di relazionarsi con gli altri.
In tale contesto, anche la vita ecclesiale non è stata risparmiata da molteplici difficoltà, specialmente dovute alla limitazione delle attività pastorali. Non possiamo starcene con le mani in mano; come cristiani e come cittadini europei, siamo chiamati ad attuare con coraggio quanto disse uno dei grandi padri fondatori della Comunità europea, Alcide De Gasperi, parlando «del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra patria Europa».
Sì, l’Europa e le Nazioni che la compongono non si oppongono tra loro e costruire il futuro non significa uniformarsi, ma unirsi ancora di più nel rispetto delle diversità. Per i cristiani ricostruire la casa comune vuol dire «farsi artigiani di comunione, tessitori di unità a ogni livello: non per strategia, ma per Vangelo».
In altre parole occorre ripartire dal cuore stesso del Vangelo: Gesù Cristo e il suo amore che salva. Questo è l’annuncio sempre nuovo da portare al mondo, anzitutto attraverso la testimonianza di vite che mostrino la bellezza dell’incontro con Dio e dell’amore per il prossimo. Lo esprime bene l’immagine che avete scelto come logo di queste Giornate: quella di San Martino di Tours che taglia in due il suo mantello per donarlo a un povero. Essa ricorda che l’amore è prossimità concreta, condivisione, cura per l’altro.
Chi ama supera la paura e la diffidenza nei confronti di quanti si affacciano alle nostre frontiere in cerca di una vita migliore: se accogliere, proteggere, accompagnare e integrare tanti fratelli e sorelle che scappano da conflitti, carestie e povertà è doveroso e umano, ancor più è cristiano. Si trasformino i muri ancora presenti in Europa in porte di accesso al suo patrimonio di storia, di fede, di arte e cultura; si promuovano il dialogo e l’amicizia sociale, perché cresca una convivenza umana fondata sulla fraternità. Affido caro Fratello i vostri lavori alla materna intercessione della Madre della Chiesa e Regina della pace, e alla protezione delle Sante e dei Santi patroni d’Europa. Vi benedico di cuore e vi chiedo, per favore, di continuare a pregare per me.