Papa Francesco dedica l’udienza generale del mercoledì, la seconda di dicembre, ancora a San Giuseppe, “l’uomo del silenzio, della concretezza, delle periferie predilette da Dio”.
Papa: “Cercare il telefonino non aiuta”
Cercare subito il telefonino “non aiuta, ci fa scivolare nella superficialità”. A lanciare il grido d’allarme, a braccio, è stato il Papa nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a San Giuseppe, dal quale “dobbiamo imparare a coltivare il silenzio: quello spazio di interiorità nelle nostre giornate in cui diamo la possibilità allo Spirito di rigenerarci, di consolarci, di correggerci”.
“Non dico di cadere in un mutismo”, ha precisato Francesco a braccio: “silenzio: tante volte stiamo facendo un lavoro e quando finiamo subito cerchiamo il telefonino. Sempre stiamo così, e questo non aiuta, ci fa scivolare nella superficialità. La profondità del cuore cresce nel silenzio, che non è mutismo ma lasciar spazio alla saggezza, alla riflessione e allo Spirito Santo”.
“Non abbiamo paura dei momenti di silenzio, ci farà tanto bene”, l’invito ancora una volta fuori testo riportato dal Sir: “E il beneficio del cuore che ne avremo guarirà anche la nostra lingua, le nostre parole e soprattutto le nostre scelte”. San Giuseppe, infatti, “ha unito al silenzio l’azione. Egli non ha parlato, ma ha fatto, e ci ha mostrato così quello che un giorno Gesù disse ai suoi discepoli: ‘Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli’”.
“Silenzio, parole feconde quando parliamo”, l’indicazione a braccio: “Abbiamo memoria di quella canzone: ‘parole parole, parole’ e niente di sostanziale. Silenzio, parlare il giusto, mordersi un po’ la lingua invece di dire stupidaggini”.
Il testo integrale del Papa
Cari fratelli e care sorelle, buongiorno! Continuiamo il nostro cammino di riflessione su San Giuseppe. Dopo aver illustrato l’ambiente in cui è vissuto, il suo ruolo nella storia della salvezza e il suo essere giusto e sposo di Maria, oggi vorrei prendere in esame un altro aspetto importante della sua figura: il silenzio. I Vangeli non ci riportano nessuna parola di Giuseppe di Nazaret. Ciò non significa che egli fosse taciturno, no, c’è un motivo più profondo. Con questo suo silenzio, Giuseppe conferma quello che scrive Sant’Agostino: «Nella misura in cui cresce in noi la Parola – il Verbo fatto uomo – diminuiscono le parole». Lo stesso Giovanni Battista, che è «la voce che grida nel deserto: “Preparate la via del Signore”» , dice nei confronti del Verbo: «Egli deve crescere e io devo diminuire». Giuseppe con il suo silenzio ci invita a lasciare spazio alla Presenza della Parola fatta carne, a Gesù.
Il silenzio di Giuseppe non è mutismo; è un silenzio pieno di ascolto, un silenzio operoso, un silenzio che fa emergere la sua grande interiorità. «Una parola pronunciò il Padre, e fu suo Figlio – commenta San Giovanni della Croce – ed essa parla sempre in eterno silenzio, e nel silenzio deve essere ascoltata dall’anima».
Gesù è cresciuto a questa “scuola”, nella casa di Nazaret, con l’esempio quotidiano di Maria e Giuseppe. E non meraviglia il fatto che Lui stesso, cercherà spazi di silenzio nelle sue giornate e inviterà i suoi discepoli a fare tale esperienza: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’». Come sarebbe bello se ognuno di noi, sull’esempio di San Giuseppe, riuscisse a recuperare questa dimensione contemplativa della vita spalancata proprio dal silenzio. Ma tutti noi sappiamo per esperienza che non è facile: il silenzio un po’ ci spaventa, perché ci chiede di entrare dentro noi stessi e di incontrare la parte più vera di noi. Il filosofo Pascal osservava che «tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera».
Cari fratelli e sorelle, impariamo da San Giuseppe a coltivare spazi di silenzio, in cui possa emergere un’altra Parola: quella dello Spirito Santo che abita in noi. Non è facile riconoscere questa Voce, che molto spesso è confusa insieme alle mille voci di preoccupazioni, tentazioni, desideri, speranze che ci abitano; ma senza questo allenamento che viene proprio dalla pratica del silenzio, può ammalarsi anche il nostro parlare. Esso, invece di far splendere la verità, può diventare un’arma pericolosa. Infatti le nostre parole possono diventare adulazione, vanagloria, bugia, maldicenza, calunnia. È un dato di esperienza che, come ci ricorda il Libro del Siracide, «ne uccide più la lingua che la spada».
Gesù lo ha detto chiaramente: chi parla male del fratello e della sorella, chi calunnia il prossimo, è omicida. La sapienza biblica afferma che «morte e vita sono in potere della lingua: chi ne fa buon uso, ne mangerà i frutti». E l’apostolo Giacomo, nella sua Lettera, sviluppa questo antico tema del potere, positivo e negativo, della parola con esempi folgoranti: «Se uno non sbaglia nel parlare, è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo. […] anche la lingua è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. […] Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini, che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni”.
Questo è il motivo per cui dobbiamo imparare da Giuseppe a coltivare ilsilenzio: quello spazio di interiorità nelle nostre giornate in cui diamo la possibilità allo Spirito di rigenerarci, di consolarci, di correggerci. E il beneficio del cuore che ne avremo guarirà anche la nostra lingua, le nostre parole e soprattutto le nostre scelte. Infatti Giuseppe ha unito al silenzio l’azione. Egli non ha parlato, ma ha fatto, e ci ha mostrato così quello che un giorno Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli».
Concludiamo con una preghiera:
San Giuseppe, uomo del silenzio, tu che nel Vangelo non hai pronunciato nessuna parola, insegnaci a digiunare dalle parole vane, a riscoprire il valore delle parole che edificano, incoraggiano, consolano, sostengono. Fatti vicino a coloro che soffrono a causa delle parole che feriscono, come le calunnie e le maldicenze, e aiutaci a unire sempre alle parole i fatti. Amen.
I saluti in lingua italiana
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della parrocchia di Santa Maria del Popolo in Surbo (Lecce), i calciatori della Nazionale Old Italia di Roma e i componenti dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Arezzo. Sono lieto di accogliere gli alunni della scuola Bartolena di Livorno, accompagnati dagli insegnanti e da varie Autorità: cari ragazzi, vi ringrazio della vostra visita e vi incoraggio a coltivare i valori della solidarietà e del dialogo fraterno. Il mio pensiero va infine in modo speciale agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli. Cari anziani e ammalati, grazie per il vostro esempio, prego perché portiate la vostra croce con la pazienza mite e docile di San Giuseppe. Cari giovani, vi invito a guardare San Giuseppe come guida per i sogni della vostra giovinezza. Cari sposi, possiate trovare nella santa Famiglia di Nazaret le virtù e la serenità per il vostro cammino di vita. A tutti la mia Benedizione.