Cercare subito il telefonino “non aiuta, ci fa scivolare nella superficialità”. A lanciare il grido d’allarme, a braccio, è stato il Papa nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata a San Giuseppe, dal quale “dobbiamo imparare a coltivare il silenzio: quello spazio di interiorità nelle nostre giornate in cui diamo la possibilità allo Spirito di rigenerarci, di consolarci, di correggerci”.

“Non dico di cadere in un mutismo”, ha precisato Francesco a braccio: “silenzio: tante volte stiamo facendo un lavoro e quando finiamo subito cerchiamo il telefonino. Sempre stiamo così, e questo non aiuta, ci fa scivolare nella superficialità. La profondità del cuore cresce nel silenzio, che non è mutismo ma lasciar spazio alla saggezza, alla riflessione e allo Spirito Santo”.

Non abbiamo paura dei momenti di silenzio, ci farà tanto bene”, l’invito ancora una volta fuori testo riportato dal Sir: “E il beneficio del cuore che ne avremo guarirà anche la nostra lingua, le nostre parole e soprattutto le nostre scelte”. San Giuseppe, infatti, “ha unito al silenzio l’azione. Egli non ha parlato, ma ha fatto, e ci ha mostrato così quello che un giorno Gesù disse ai suoi discepoli: ‘Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli’”.

“Silenzio, parole feconde quando parliamo”, l’indicazione a braccio: “Abbiamo memoria di quella canzone: ‘parole parole, parole’ e niente di sostanziale. Silenzio, parlare il giusto, mordersi un po’ la lingua invece di dire stupidaggini”.