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Quaresima: la santa messa del Papa con l’imposizione delle ceneri

"La Quaresima è una discesa umile dentro di noi e verso gli altri. È capire che la salvezza non è una scalata per la gloria, ma un abbassamento per amore"

E’ iniziata alle 9:30 di oggi, mercoledì 17 febbraio, presso la Basilica di San Pietro la messa presieduta da Papa Francesco con il rito di benedizione e imposizione delle Ceneri per l’inizio della Quaresima.

L’omelia del Santo Padre

Iniziamo il cammino della Quaresima – esordisce durante l’omelia Papa Francesco -. Esso si apre con le parole del profeta Gioele, che indicano la direzione da seguire. C’è un invito che nasce dal cuore di Dio, che con le braccia spalancate e gli occhi pieni di nostalgia ci supplica: «Ritornate a me con tutto il cuore». Ritornate a me.

La Quaresima è un viaggio di ritorno a Dio. Quante volte, indaffarati o indifferenti, gli abbiamo detto: “Signore, verrò da Te dopo… Oggi non posso, ma domani comincerò a pregare e a fare qualcosa per gli altri”. Ora Dio fa appello al nostro cuore. Nella vita avremo sempre cose da fare e scuse da presentare, ma ora è tempo di ritornare a Dio.

Ritornate a me, dice, con tutto il cuore. La Quaresima è un viaggio che coinvolge tutta la nostra vita, tutto noi stessi – prosegue il Papa -. È il tempo per verificare le strade che stiamo percorrendo, per ritrovare la via che ci riporta a casa, per riscoprire il legame fondamentale con Dio, da cui tutto dipende.

La Quaresima non è una raccolta di fioretti

La Quaresima non è una raccolta di fioretti, è discernere dove è orientato il cuore. Proviamo a chiederci: dove mi porta il navigatore della mia vita, verso Dio o verso il mio io? Vivo per piacere al Signore, o per essere notato, lodato, preferito? Ho un cuore “ballerino”, che fa un passo avanti e uno indietro, ama un po’ il Signore e un po’ il mondo, oppure un cuore saldo in Dio? Sto bene con le mie ipocrisie, o lotto per liberare il cuore dalle doppiezze e dalle falsità che lo incatenano? Il viaggio della Quaresima è un esodo dalla schiavitù alla libertà. Sono quaranta giorni che ricordano i quarant’anni in cui il popolo di Dio viaggiò nel deserto per tornare alla terra di origine.

La fatica di lasciare l’Egitto

Ma quanto fu difficile lasciare l’Egitto! Sempre, durante il cammino, c’era la tentazione di
rimpiangerne le cipolle, di tornare indietro, di legarsi ai ricordi del passato, a qualche idolo. Anche
per noi è così: il viaggio di ritorno a Dio è ostacolato dai nostri malsani attaccamenti, è trattenuto dai lacci seducenti dei vizi, dalle false sicurezze dei soldi e dell’apparire, dal lamento vittimista che paralizza. Per camminare bisogna smascherare queste illusioni.

Come procedere allora nel cammino verso Dio? Ci aiutano i viaggi di ritorno che la Parola
di Dio ci racconta. Guardiamo al figlio prodigo e capiamo che pure per noi è tempo di ritornare al Padre. Come quel figlio, anche noi abbiamo dimenticato il profumo di casa, abbiamo dilapidato beni preziosi per cose da poco e siamo rimasti con le mani vuote e il cuore scontento. Siamo caduti: siamo figli che cadono in continuazione, siamo come bimbi piccoli che provano a camminare ma vanno in terra, e hanno bisogno di essere rialzati ogni volta dal papà.

I passi per tornare a Dio

È il perdono del Padre che ci rimette sempre in piedi: il perdono di Dio, la Confessione, è il primo passo del nostro viaggio di ritorno.

Poi abbiamo bisogno di ritornare a Gesù, di fare come quel lebbroso risanato che tornò a ringraziarlo. In dieci erano stati guariti, ma lui solo fu anche salvato, perché era tornato da Gesù. Tutti abbiamo delle malattie spirituali, da soli non possiamo guarirle; tutti abbiamo dei vizi radicati, da soli non possiamo estirparli; tutti abbiamo delle paure che ci paralizzano, da soli non possiamo sconfiggerle. Abbiamo bisogno di imitare quel lebbroso, che tornò da Gesù e si buttò ai suoi piedi. Ci serve la guarigione di Gesù, serve mettergli davanti le nostre ferite e dirgli: “Gesù, sono qui davanti a Te, con il mio peccato, con le mie miserie. Tu sei il medico, Tu puoi liberarmi. Guarisci il mio cuore”.

Ancora, siamo chiamati a ritornare allo Spirito Santo. La cenere sul capo ci ricorda che siamo polvere e in polvere torneremo. Ma su questa nostra polvere Dio ha soffiato il suo Spirito di vita. Allora non possiamo vivere inseguendo la polvere, andando dietro a cose che oggi ci sono e domani svaniscono. Torniamo allo Spirito, Datore di vita, al Fuoco che fa risorgere le nostre ceneri. Ritorniamo a pregare lo Spirito Santo, riscopriamo il fuoco della lode, che brucia le ceneri del lamento e della rassegnazione.

Le ceneri

Oggi abbassiamo il capo per ricevere le ceneri – commenta il Papa poco prima di ricevere le ceneri sul capo -. Finita la Quaresima ci abbasseremo ancora di più per lavare i piedi dei fratelli. La Quaresima è una discesa umile dentro di noi e verso gli altri. È capire che la salvezza non è una scalata per la gloria, ma un abbassamento per amore. È farci piccoli.

In questo cammino, per non perdere la rotta, mettiamoci davanti alla croce di Gesù: è la cattedra silenziosa di Dio. Guardiamo ogni giorno le sue piaghe. In quei fori riconosciamo il nostro vuoto, le nostre mancanze, le ferite del peccato, i colpi che ci hanno fatto male. Eppure proprio lì vediamo che Dio non ci punta il dito contro, ma ci spalanca le mani. Le sue piaghe sono aperte per noi e da quelle piaghe siamo stati guariti. Baciamole e capiremo che proprio lì, nei buchi più dolorosi della vita, Dio ci aspetta con la sua misericordia infinita. Perché lì, dove siamo più vulnerabili, dove ci vergogniamo di più, Lui ci è venuto incontro. E ora ci invita a ritornare a Lui, per ritrovare la gioia di essere amati.

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