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Il Papa ai Pueri Cantores: “Nel mondo c’è angoscia, cantare è un atto d’amore”

In Aula Paolo VI Papa Francesco ha ricevuto in udienza la Federazione Internazionale Pueri Cantores: "Voi non siete artisti qualsiasi, non fate spettacolo. Aiutate gli altri a pregare"

In Aula Paolo VI Papa Francesco ha ricevuto in udienza la Federazione Internazionale Pueri Cantores. Al cospetto del Pontefice sono stati radunati oltre tremila bambini e ragazzi.

I pueri cantores sono cori di voci bianche che accompagnano con il canto la liturgia nella Chiesa cattolica. L’istituzione di una “Schola Puerorum” nelle basiliche di San Pietro in Vaticano e di San Giovanni in Laterano risale a papa san Gregorio Magno, nel VI secolo e successivamente l’uso si diffuse presso tutte le chiese di una certa importanza. Riportiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’udienza.

Discorso del Santo Padre

Cari ragazzi e ragazze, fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti! Saluto il vostro Presidente, il Maestro Jean Henric, i Presidenti nazionali presenti, quanti vi accompagnano e tutti voi, cantori, che mi avete accolto con un bellissimo canto e che con la vostra presenza riempite di vita quest’aula. Quello che fate è molto importante, perché con le vostre voci aiutate le comunità a pregare, ad aprire il cuore al Signore, e questo è fondamentale per la vita della Chiesa. Vi ringrazio tanto, e vorrei affidarvi tre parole-chiave per il vostro servizio: gioia, preghiera e umiltà.

Partiamo dalla gioia. Il canto è gioia, specialmente quando è fatto in coro. E la gioia del vostro canto è un regalo che avete ricevuto da chi ha composto le musiche che eseguite, da chi ve le insegna e da chi ve le ha tramandate, a volte addirittura attraverso i secoli. Pensate a quanti altri bambini e ragazzi hanno cantato le note che intonate! Erano bambini e bambine, ragazzi e ragazze come voi, pieni di vita e di sogni, che amavano giocare e stare insieme, e che hanno dedicato generosamente, come voi, tempo e fatica per imparare, eseguire e così consegnare anche a noi quello che hanno ricevuto. Questo è molto bello: ricevere un dono prezioso e trasmetterlo arricchito della propria gioia. Come dice la Bibbia: «Dio ama chi dona con gioia» (cfr 2 Cor 9,7). Perciò, quando mettete il vostro entusiasmo nel cantare, voi fate un dono grande a quelli che vi ascoltano. C’è tanto bisogno di gioia nel mondo! Molte persone, anche giovani, sono prigioniere dell’angoscia, o della noia; il canto e la musica possono toccare i cuori, regalare bellezza e restituire gusto e speranza per la vita.

Secondo: la preghiera. Voi non siete artisti qualsiasi, non fate spettacolo. Aiutate gli altri a pregare con la vostra preghiera canora. Allora è importante per ognuno di voi tenere il cuore vicino a Gesù non solo quando canta, ma sempre, e questo si fa nella preghiera, ogni giorno. Se il vostro cuore è pieno di amore per Gesù, questo traspare nelle voci ed è come una freccia che coglie in pieno nel segno, arrivando al cuore delle persone.

Sant’Agostino insegnava che «il cantare è proprio  di chi ama» (Sermo 336, 1: PL 38, 1472) e che chi canta prega due volte. È vero: cantare è un atto d’amore, e facendolo preghiamo con le parole e con la musica, con il cuore e con la voce, con la devozione e con l’arte. Così, quando cantate “Signore pietà”, oppure “Santo, santo, santo”, o ancora “il Signore è il mio pastore”, voi sentite con il cuore quello che dite, perché avete incontrato Dio che è generoso nel perdono, è Santo, è buono e attento a tutti i nostri bisogni, e cammina sempre con noi.

Ma non solo. Cantando e pregando insieme, in armonia, ascoltandovi, aspettandovi, inserendo i ritmi di ciascuno nel ritmo di tutti, voi aiutate la comunità a fare altrettanto, e insegnate quanto è bello camminare e crescere insieme.

Infine, l’umiltà. Il canto è una scuola di umiltà, perché il cantore, anche nelle parti solistiche, è sempre inserito in un coro, che è più grande di lui e in cui tutti sono al servizio di tutti, anche il maestro che dirige. Il vostro canto, poi, è ancora più umile, perché è al servizio di Dio e dunque, mentre aiuta gli altri a incontrare il Signore, sa anche farsi fa da parte al momento giusto, per lasciare spazio al silenzio, dove ognuno può ascoltare nel segreto le parole che solo Gesù sa dire a ciascuno di noi. Un cantore che cerca di mettere al centro sé stesso, o di prevalere sugli altri, non è un buon cantore, anzi, spesso rischia di rovinare il lavoro di tutti, e questo si sente subito. Perciò, non cercate di apparire: sforzatevi piuttosto di fondervi insieme, perché nell’unità, che viene dall’umiltà, il vostro canto esprima vera amicizia, con Dio, con gli altri e tra voi.

E vorrei dirvi un’ultima cosa. Siete in tanti, qui presenti, eppure quando cantavate, poco fa, sembravate uno solo. Ciò non è avvenuto per caso, ma perché avete studiato le parti, avete fatto le prove, vi siete impegnati, e anche questo è un messaggio importante per tutti. Cantare bene insieme richiede fatica, come richiede fatica vivere bene insieme. Voi, però, con l’armonia delle vostre esecuzioni, con la luce dei vostri volti e con la bellezza delle vostre voci, ci aiutate a capire che ne vale la pena!

Cari ragazzi, quante cose ci insegna la musica! E a maggior ragione la musica sacra, la cui anima è la Parola di Dio. Siete fortunati ad aver ricevuto questo dono, e sono fortunati quelli che vi ascoltano quando lo condividete con loro. Grazie per il vostro servizio! Continuate a svolgerlo con passione, sotto la guida dei vostri educatori. Vi benedico di cuore. E vi raccomando, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie. E buon cammino nel nuovo anno!

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