Si è svolta stamani l’udienza Generale di Papa Francesco da Piazza san Pietro. Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi sulla vecchiaia, ha incentrato la sua riflessione sul tema “Nicodemo: Come può un uomo nascere quando è vecchio?”.
Papa: “Preoccupa chi considera i figli riproduzione biologica”
Nella nostra epoca e nella nostra cultura c’è “una preoccupante tendenza a considerare la nascita di un figlio come una semplice questione di produzione e di riproduzione biologica dell’essere umano”. Lo ha detto il Papa nell’udienza generale proseguendo le catechesi sulla vecchiaia sottolineando che allo stesso tempo si coltiva poi “il mito dell’eterna giovinezza come l’ossessione, disperata, di una carne incorruttibile. Perché la vecchiaia è, in molti modi, disprezzata?”. Per il Papa perché “porta l’evidenza inconfutabile del congedo di questo mito, che vorrebbe farci ritornare nel grembo della madre, per ritornare sempre giovani nel corpo”.
Papa: “Gli anziani sono il faro delle nuove generazioni”
“La vecchiaia è un tempo di grazia, nel quale il Signore rinnova la Sua chiamata agli anziani a custodire e trasmettere la loro fede e a guidare con la loro sapienza il mondo di oggi, che sta affrontando molte difficoltà, diventando così un faro per le nuove generazioni”, ha detto il Papa in udienza sottolineando “la tenerezza dei vecchi”. “La vecchiaia perciò è un tempo speciale per sciogliere il futuro dall’illusione tecnocratica di una sopravvivenza biologica e robotica, ma soprattutto perché apre alla tenerezza del grembo creatore e generatore di Dio”.
Papa: “Preghiamo ai piedi della croce per la pace in Europa”
Il Papa è tornato a chiedere di pregare per la pace in Europa. Al termine dell’udienza generale, nei saluti ai fedeli di lingua polacca, ha ricordato “la regina Santa Edvige, apostola della Lituania e fondatrice dell’Università Jagellonica. Durante la sua canonizzazione, San Giovanni Paolo II ricordò che per opera sua la Polonia fu unita alla Lituania e alla Rus’. Affidatevi alla sua intercessione, pregando come lei ai piedi della Croce per la pace in Europa”, ha detto il Papa.
Catechesi integrale del Papa
Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Tra le figure di anziani più rilevanti nei Vangeli c’è Nicodemo – uno dei capi dei Giudei –, il quale, volendo conoscere Gesù, ma di nascosto andò da lui di notte. Nel colloquio di Gesù con Nicodemo emerge il cuore della rivelazione di Gesù e della sua missione redentrice, quando dice: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Gesù dice a Nicodemo che per “vedere il regno di Dio” bisogna “nascere dall’alto”. Non si tratta di ricominciare daccapo a nascere, di ripetere la nostra venuta al mondo, sperando che una nuova reincarnazione riapra la nostra possibilità di una vita migliore. Questa ripetizione è priva di senso.
Anzi, essa svuoterebbe di ogni significato la vita vissuta, cancellandola come fosse un esperimento fallito, un valore scaduto, un vuoto a perdere. No, non è questo. Questa vita è preziosa agli occhi di Dio: ci identifica come creature amate da Lui con tenerezza. La “nascita dall’alto”, che ci consente di “entrare” nel regno di Dio, è una generazione nello Spirito, un passaggio tra le acque verso la terra promessa di una creazione riconciliata con l’amore di Dio. Nicodemo fraintende questa nascita, e chiama in causa la vecchiaia come evidenza della sua impossibilità: l’essere umano invecchia inevitabilmente, il sogno di una eterna giovinezza si allontana definitivamente, la consumazione è l’approdo di qualsiasi nascita nel tempo. Come può immaginarsi un destino che ha forma di nascita?
L’obiezione di Nicodemo è molto istruttiva per noi. Possiamo infatti rovesciarla, alla luce della parola di Gesù, nella scoperta di una missione propria della vecchiaia. Infatti, essere vecchi non solo non è un ostacolo alla nascita dall’alto di cui parla Gesù, ma diventa il tempo opportuno per illuminarla, sciogliendola dall’equivoco di una speranza perduta. La nostra epoca e la nostra cultura, che mostrano una preoccupante tendenza a considerare la nascita di un figlio come una semplice questione di produzione e di riproduzione biologica dell’essere umano, coltivano poi il mito dell’eterna giovinezza come l’ossessione – disperata – di una carne incorruttibile. Perché la vecchiaia è – in molti modi – disprezzata? Perché porta l’evidenza inconfutabile del congedo di questo mito, che vorrebbe farci ritornare nel grembo della madre, per ritornare sempre giovani nel corpo.
La tecnica si lascia attrarre da questo mito in tutti i modi: in attesa di sconfiggere la morte, possiamo tenere in vita il corpo con la medicina e la cosmesi, che rallentano, nascondono, rimuovono la vecchiaia. Naturalmente, una cosa è il benessere, altra cosa è l’alimentazione del mito. Non si può negare, però, che la confusione tra i due aspetti ci sta creando una certa confusione mentale. La vita nella carne mortale è una bellissima “incompiuta”: come certe opere d’arte che proprio nella loro incompiutezza hanno un fascino unico. Perché la vita quaggiù è “iniziazione”, non compimento: veniamo al mondo proprio così, come persone reali, per sempre. Ma la vita nella carne mortale è uno spazio e un tempo troppo piccolo per custodire intatta e portare a compimento la parte più preziosa della nostra esistenza nel tempo del mondo. La fede, che accoglie l’annuncio evangelico del regno di Dio al quale siamo destinati, ha un primo effetto straordinario, dice Gesù. Essa consente di “vedere” il regno di Dio. Noi diventiamo capaci di vedere realmente i molti segni di approssimazione della nostra speranza di compimento per ciò che, nella nostra vita, porta il segno della destinazione per l’eternità di Dio.
I segni sono quelli dell’amore evangelico, in molti modi illuminati da Gesù. E se li possiamo “vedere”, possiamo anche “entrare” nel regno, con il passaggio dello Spirito attraverso l’acqua che rigenera. La vecchiaia è la condizione, concessa a molti di noi, nella quale il miracolo di questa nascita dall’alto può essere assimilato intimamente e reso credibile per la comunità umana: non comunica nostalgia della nascita nel tempo, ma amore per la destinazione finale. In questa prospettiva la vecchiaia ha una bellezza unica: camminiamo verso l’Eterno. Nessuno può rientrare nel grembo della madre, e neppure nel suo sostituto tecnologico e consumistico. Sarebbe triste, seppure fosse possibile. Il vecchio cammina in avanti, verso la destinazione, verso il cielo di Dio.
La vecchiaia perciò è un tempo speciale per sciogliere il futuro dall’illusione tecnocratica di una sopravvivenza biologica e robotica, ma soprattutto perché apre alla tenerezza del grembo creatore e generatore di Dio. Lo Spirito ci conceda la riapertura di questa missione spirituale – e culturale – della vecchiaia, che ci riconcilia con la nascita dall’alto.