Essere cristiani non è un merito, né un cammino spirituale di perfezione, ma è pura grazia. E’ quanto affermato questa mattina da Papa Francesco nell’omelia pronunciata a Santa Marta. Il vescovo di Roma ha commentato il Vangelo di oggi dove Gesù chiede agli apostoli: “le folle, chi dicono che io sia?”. Il Salvatore custodisce “in una maniera speciale la sua vera identità” affinché la gente non possa equivocare pensando al Messia come a un condottiero venuto a cacciare i Romani. In privato – però – agli apostoli spiega che lui stesso è il Figlio di Dio, “il Figlio dell’uomo, cioè il Messia, l’Unto” che “deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e degli scribi, venire ucciso e risorgere”.
Gesù aggiunge: “questa è la strada della vostra liberazione”, mentre il “mio cammino” è “andare in questa strada di sofferenza”. “E’ tanto l’amore di Dio – ha aggiunto il Pontefice – è tanto brutto il peccato, che Lui ci salva così: con questa identità nella Croce. Non si può capire Gesù Cristo Redentore senza la Croce”. Solo dopo la sua morte si comprende in pienezza chi è il Nazareno. Gesù, infatti, ci “prepara per capirlo bene”, ci “prepara ad accompagnarlo con le nostre croci nella sua strada verso la redenzione”, ci “prepara ad essere dei cirenei per aiutarlo a portare la Croce”. “E la nostra vita cristiana senza questo – ha concluso il Santo Padre – non è cristiana”.