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n visita ad Albano Laziale papa Francesco richiama l’attenzione sulla necessità per la Chiesa di essere sempre accogliente, aperta a tutti anche a chi si è allontanato. “Come sarebbe bello se i nostri vicini e conoscenti sentissero la Chiesa come casa loro!- afferma il Pontefice-.Succede, purtroppo, che le nostre comunità diventino estranee a tanti e poco attraenti. A volte subiamo anche noi la tentazione di creare circoli chiusi, luoghi intimi tra eletti. Ci sentiamo élite. Ma ci sono tanti fratelli e sorelle che hanno nostalgia di casa, che non hanno il coraggio di avvicinarsi, magari perché non si sono sentiti accolti o si sono allontanati. Il Signore desidera che la sua Chiesa sia una casa tra le case, una tenda ospitale dove ogni uomo, viandante dell’esistenza, incontri Lui, che è venuto ad abitare in mezzo a noi”.
Una fede non mondanizzata
Il Papa raccomanda di non mondanizzare la fede. “Come Chiesa – afferma Jorge Mario Bergoglio nell’omelia della messa celebrata in piazza – chiediamoci se per noi Gesù viene prima: c’è prima Lui o la nostra agenda, c’è prima Lui o le nostre strutture? Ogni conversione nasce da un anticipo di misericordia, dalla tenerezza di Dio che rapisce il cuore. Se tutto quello che facciamo non parte dallo sguardo di misericordia di Gesù, corriamo il rischio di mondanizzare la fede, di complicarla e riempirla di tanti contorni: argomenti culturali, visioni efficientiste, opzioni politiche, scelte partitiche”. Così facendo, avverte il Pontefice, “si dimentica l’essenziale, la semplicità della fede, quello che viene prima di tutto: l’incontro vivo con la misericordia di Dio. Se questo non è il centro, se non sta all’inizio e alla fine di ogni nostra attività, rischiamo di tenere Dio “fuori casa” nella Chiesa, che è casa sua”. Da qui il monito del Papa a “smascherare la nostra autosufficienza, superare le nostre chiusure, di ritornare piccoli dentro, semplici ed entusiasti, pieni di slancio verso Dio e di amore per il prossimo”.
Come Zaccheo
Il Pontefice ha invitato i fedeli a chiedere “la grazia di andare incontro a ciascuno come a un fratello e di non vedere in nessuno un nemico”. E “se ci è stato fatto del male, restituiamo del bene”. I discepoli di Gesù “non sono schiavi dei mali passati ma, perdonati da Dio, fanno come Zaccheo: pensano solo al bene che possono fare. Diamo gratuitamente, amiamo i poveri e chi non ha da restituirci: saremo ricchi al cospetto di Dio”. Quindi ha aggiunto il Papa rivolto ai fedeli che affollavano la sua celebrazione, “vi auguro che la vostra cattedrale, come ogni chiesa, sia il luogo in cui ciascuno si senta ricordato dal Signore, anticipato dalla sua misericordia e accolto a casa. Così che nella Chiesa accada la cosa più bella: gioire perché la salvezza è entrata nella vita”. Inoltre, ha detto a braccio, “non siamo giudici o ispettori” delle vite degli altri: sia la Chiesa il luogo dove non si guardano mai gli altri dall’alto in basso ma, come Gesù con Zaccheo, dal basso verso l’alto; ricordatevi che l'unico momento nel quale è lecito guardare una persona dall'alto in basso è per aiutarla a rialzarsi perchè è caduta. Guardiamo la gente mai da giudici ma da fratelli. Mai da giudici, sempre da fratelli! Non siamo ispettori delle vite altrui, ma promotori del bene di tutti”. Da qui un consiglio che il Pontefice dispensa spesso: ” Avere la lingua ferma. Non sparlare degli altri. Io suggerisco una buona medicina efficace: morderai la lingua. Si gonfierà in bocca, così non potrai parlare”.
L’impronta del pontificato
Nel suo discorso alle congregazioni generali, prima di essere eletto papa, il cardinale Bergoglio aveva tracciato così l’identikit del futuro pontefice: un uomo che, attraverso la contemplazione e l’adorazione di Gesù Cristo, aiuti la Chiesa a uscire da se stessa verso le periferie esistenziali. L’evangelizzazione
per Francesco non ha nulla a che vedere con l’attivismo, ma va fondata sulla preghiera, sull’Eucaristia, sulla devozione alla Madonna. Colpisce sempre notare l’insistenza di Francesco sui sacramenti, specialmente la confessione, luogo privilegiato di misericordia da cui trarre le forze per la missione. Secondo il vicario ausiliare dell’Opus Dei, il prelato argentino Mariano Fazio, Francesco è un papa profondamente contemplativo, che prega e fa pregare: lo ha fatto appena eletto pontefice facendo pregare l’intera piazza, lo fa sempre, ogni volta che incontra qualcuno, prega con lui. Soprattutto quando
ha a che fare con l’emarginazione e la sofferenza, ciò che ha anzitutto da offrire è la fede. È quello che scrive nella Evangelii Gaudiumcon parole chiarissime: “Desidero affermare con dolore che la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale”.