“Un infaticabile ricercatore del vero, che come tale rimane sempre inquieto, attratto da nuovi e ulteriori orizzonti”. Così il Papa, nella lettera apostolica “Sublimitas et miseria hominis” , nel quarto centenario della nascita, definisce Blaise Pascal, al centro della cui riflessione c’è il “paradosso” della “grandezza e miseria dell’uomo”.
La lettera apostolica del Papa
“Che cos’è un uomo nella natura? – si chiede Pascal – Un nulla rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla”, la domanda che si pone il filosofo francese, a cui Francesco riconosce “un atteggiamento di fondo”, che definisce “stupita apertura alla realtà”: “Apertura alle altre dimensioni del sapere e dell’esistenza, apertura agli altri, apertura alla società”. “Né la sua conversione a Cristo, a partire specialmente dalla ‘Notte di fuoco’ del 23 novembre 1654, né il suo straordinario sforzo intellettuale di difesa della fede cristiana hanno fatto di lui una persona isolata dal suo tempo”, il ritratto di Pascal nelle parole del Papa: “Era attento ai problemi allora più sentiti, come pure ai bisogni materiali di tutte le componenti della società in cui viveva. Apertura alla realtà ha significato per lui non chiudersi agli altri nemmeno nell’ora dell’ultima malattia. Di quel periodo, quando aveva trentanove anni, si riportano queste parole, che esprimono il passo conclusivo del suo cammino evangelico: ‘Se i medici dicono il vero, e Dio permette che mi rialzi da questa malattia, sono deciso a non avere alcun altro impiego né altra occupazione per tutto il resto della mia vita che il servizio ai poveri”.
“È commovente constatare che, negli ultimi giorni della sua vita, un pensatore così geniale come Blaise Pascal non vedesse altra urgenza al di sopra di quella di mettere le sue energie nelle opere di misericordia”, il commento di Francesco, che cita il filosofo e l’attualità del suo messaggio: “’Tutti gli uomini cercano di essere felici. Non ci sono eccezioni, per quanto diversi possano essere i mezzi impiegati. Tutti mirano a questo fine’”. “Quattro secoli dopo la sua nascita, Pascal rimane per noi il compagno di strada che accompagna la nostra ricerca della vera felicità e, secondo il dono della fede, il nostro riconoscimento umile e gioioso del Signore morto e risorto”.
Fonte: AgenSIR