Il Papa lava i piedi alle detenute: “Gesù non si stanca di perdonare”

Papa Francesco Messa in Coena Domini

Foto © VaticanMedia

Un gesto che è servizio. L’atto di umiliare sé stessi per mostrare quanto l’atto di prossimità del fratello possa essere la pietra d’angolo dell’edificazione dell’altro. Papa Francesco si china, come fece Gesù, per servire gli ultimi. Nella Casa Circondariale femminile di Rebibbia, alla presenza di 300 detenute, il Santo Padre celebra la Messa in Coena Domini ricordando che, quanto fatto da Gesù, ci mostra l’autentica bellezza del servire. “Gesù si umilia – spiega nell’omelia pronunciata a braccio -, ci insegna il cammino del servizio”. Ed è il primo dei due gesti che emerge dalla lettura evangelica che, accanto all’autenticità dell’amore celebrato con il più umile dei gesti, chiede alle coscienze di ognuno di fare i conti con la propria dedizione al servizio.

L’omelia del Papa

C’è un altro gesto, infatti, che viene mostrato dal Vangelo: “Il tradimento di Giuda, che non è capace di portare avanti l’amore. I soldi, l’egoismo, lo portano a compiere questo atto brutto”. Eppure, all’errore non corrisponde una condanna: “Gesù perdona tutto, perdona sempre – spiega Papa Francesco -. Soltanto chiede che noi chiediamo il perdono”. Il Santo Padre racconta di aver sentito, una volta, “una vecchietta saggia dire: ‘Gesù non si stanca mai di perdonare, siamo noi a stancarci di chiedere perdono'”. Per questo, il Pontefice invita a chiedere al Signore la grazia “di non stancarci. anche noi abbiamo piccoli e grandi fallimenti ma Lui ci aspetta sempre a braccia aperte e non si stanca mai di perdonare”.

La lavanda dei piedi

Del resto, conclude il Pontefice, “il gesto di lavare i piedi attira l’attenzione sulla vocazione del servizio”. Ed è quanto dimostra, svestendo i paramenti sacri per porsi di fronte a dodici detenute, molte delle quali in lacrime, per compiere il gesto della lavanda. Con dei sorrisi di comprensione ma anche di speranza. Quella che il tempo pasquale, dopo la penitenza, porta con la gioia della resurrezione.

Damiano Mattana: