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Papa: “Nelle istituzioni della Chiesa le persone, soprattutto i poveri, devono sentirsi a casa”

Lo ha ricordato questa mattina Papa Francesco ricevendo in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, i membri della Fondazione Avsi per il progetto “Ospedali Aperti” in Siria

“Nelle nostre istituzioni assistenziali-caritative, le persone, soprattutto i poveri, devono sentirsi ‘a casa’ e sperimentare un clima di accoglienza dignitosa”. Lo ha ricordato questa mattina Papa Francesco ricevendo in udienza, nel Palazzo Apostolico Vaticano, i membri della Fondazione Avsi per il progetto “Ospedali Aperti” in Siria.

Il messaggio del Papa

“Ospedali Aperti”, ha evidenziato il Santo Padre riportato dal Sir, “è il vostro programma. Aperti a malati poveri, senza distinzione di appartenenza etnica e religiosa. Questa caratteristica esprime una Chiesa che vuol essere casa con le porte aperte e luogo di fratellanza umana”.

Agendo in questo modo “il frutto raccolto è duplice: curare i corpi e ricucire il tessuto sociale, promuovendo quel mosaico di convivenza esemplare tra vari gruppi etnico-religiosi caratteristico della Siria. A questo proposito, è significativo che i tantissimi musulmani assistiti nei vostri ospedali sono i più riconoscenti”.

“Questa vostra iniziativa, insieme ad altre che sono state promosse dalle Chiese in Siria, sboccia dalla creatività dell’amore, o, come diceva San Giovanni Paolo II, dalla ‘fantasia della carità’ (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 50)”, ha proseguito il Papa che riferendosi alla “bella icona di Gesù Buon Samaritano” che gli è stata donata nel corso dell’udienza, ha osservato: “Quel malcapitato della parabola evangelica, derubato e lasciato mezzo morto sul ciglio della strada, può essere un’altra immagine drammatica della Siria, aggredita, derubata e abbandonata mezza morta ai bordi della strada”.

“Ma non dimenticata e abbandonata da Cristo – ha ammonito –, il Buon Samaritano, e da tanti buoni samaritani: singole persone, associazioni, istituzioni. Alcune centinaia di questi buoni samaritani, tra cui alcuni volontari, hanno perso la vita soccorrendo il prossimo. A loro va tutta la nostra riconoscenza”.

Riconoscendo che “di fronte a tante e gravi necessità, sentiamo tutto il limite delle nostre possibilità di intervento”, Francesco ha incoraggiato i presenti all’impegno nonostante si abbia l’impressione di contribuire con “una goccia d’acqua nel deserto”.

“Tuttavia – ha rilevato – anche il pietroso deserto siriano, dopo le prime piogge di primavera, si ammanta di una coltre di verde. Tante piccole gocce, tanti fili d’erba”. “Vi ringrazio per il vostro lavoro e vi benedico di cuore”, ha concluso: “Andate avanti! Che i malati possano essere curati, che la speranza possa rinascere, che il deserto possa rifiorire!”.

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