Dal Sudan al Medio Oriente, fino all’Ucraina e al Mozambico. Le zone di conflitto aumentano, le violenze allargano il loro raggio, i civili inermi ne subiscono lo scotto. Il tutto in un mondo che da tempo ha fatto il proprio ingresso nel terzo decennio del Duemila, trascinando con sé una spirale d’odio e inconciliabilità tra popoli. Lo ricorda Papa Francesco, dalla finestra che affaccia su Piazza San Pietro, al termine della recita dell’Angelus. I dieci mesi trascorsi dallo scoppio del conflitto armato in Sudan, “che ha provocato una gravissima situazione umanitaria”, ma anche “la violenza contro popolazioni inermi, la distruzione di infrastrutture e l’insicurezza dilagano nuovamente nella provincia di Cabo Delgado, in Mozambico”. E, chiaramente, “la Palestina, l’Ucraina”… Il Santo Padre ribadisce, ancora una volta, che “la guerra è una sconfitta, sempre. Ovunque si combatte le popolazioni sono sfinite, sono stanche della guerra, che come sempre è inutile e inconcludente, e porterà solo morte, solo distruzione, e non porterà mai la soluzione dei problemi”.
L’Angelus del Papa
Spesso, le guerre scoppiano per potere. La cui tentazione, fin troppo spesso, bussa al cuore dell’uomo. E anche il Vangelo odierno narra delle tentazioni, quelle che Gesù affrontò nei suoi quaranta giorni nel deserto. Un passaggio particolarmente significativo in tempo di Quaresima, durante il quale “siamo invitati a ‘entrare nel deserto’, cioè nel silenzio, nel mondo interiore, in ascolto del cuore, in contatto con la verità”. E, come per Gesù, simbolicamente la nostra compagnia è costituita da “bestie selvatiche e angeli”, perché “quando entriamo nel deserto interiore” è quanto è possibile incontrare.
Le bestie selvatiche
Le bestie selvatiche, simbolo di ciò che mette in crisi la nostra vita spirituale. “Possiamo pensarle – ha spiegato Papa Francesco – come le passioni disordinate che dividono il cuore, tentando di possederlo. Ci suggestionano, sembrano seducenti ma, se non stiamo attenti, rischiano di sbranarci. Possiamo dare dei nomi a queste ‘bestie’ dell’anima: i vari vizi, la bramosia della ricchezza, che imprigiona nel calcolo e nell’insoddisfazione, la vanità del piacere, che condanna all’inquietudine e alla solitudine, e ancora l’avidità della fama, che genera insicurezza e un continuo bisogno di conferme e di protagonismo”.
Il sapore del Cielo
Nel deserto, tuttavia, c’erano anche gli angeli. I messaggeri di Dio, la cui caratteristica è il servizio, ossia “esattamente il contrario del possesso“. Gli spiriti angelici, infatti, “richiamano i pensieri e i sentimenti buoni suggeriti dallo Spirito Santo. Mentre le tentazioni ci dilaniano, le buone ispirazioni divine ci unificano e ci fanno entrare nell’armonia: acquietano il cuore, infondono il gusto di Cristo, ‘il sapore del Cielo'”.