Colgo questa occasione per esprimere alla comunità diocesana di Parigi, a tutti i parigini e all’intero popolo francese il mio grande affetto e la mia vicinanza dopo l’incendio nella Cattedrale di Notre-Dame. Cari fratelli e sorelle, sono rimasto molto addolorato e mi sento tanto vicino a tutti voi. A quanti si sono prodigati, anche rischiando di persona, per salvare la Basilica va la gratitudine di tutta la Chiesa. La Vergine Maria li benedica e sostenga il lavoro di ricostruzione: possa essere un’opera corale, a lode e gloria di Dio. Dio vi benedica!”. Nel corso dell'Udienza generale di oggi, il pensiero di Papa Francesco corre inevitabilmente a Parigi, alle fiamme che hanno avvolto Notre-Dame.
“La gloria di Dio è amore puro”…
Un evento che ha scosso l'animo dei cattolici di tutto il mondo, ma che proprio nella catechesi di oggi trovano conforto. Il Pontefice torna a parlare del Padre Nostro, soffermandosi sul passaggio dell'Ultima Cena in cui il Signore, “alzati gli occhi al cielo, disse: 'Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo – e poi – glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse”. Francesco si chiede: “Di che gloria si tratta?”. E' ciò che indica “il rivelarsi di Dio, è il segno distintivo della sua presenza salvatrice fra gli uomini. Ora, Gesù è Colui che manifesta in modo definitivo la presenza e la salvezza di Dio. E lo fa nella Pasqua: innalzato sulla croce, è glorificato. Lì Dio finalmente rivela la sua gloria: toglie l’ultimo velo e ci stupisce come mai prima. Scopriamo infatti che la gloria di Dio è tutta amore: amore puro, folle e impensabile, al di là di ogni limite e misura”.
…”ed è paradossale”
Di qui l'invito di Bergoglio ai fedeli a chiedere al Padre di “togliere i veli ai nostri occhi perché in questi giorni, guardando al Crocifisso, possiamo accogliere che Dio è amore“. La gloria di Dio – precisa dunque – “è il contrario della gloria mondana, che arriva quando si è ammirati, lodati, acclamati”. La gloria di Dio, invece, “è paradossale: niente applausi, niente audience. Al centro non c’è l’io, ma l’altro: a Pasqua vediamo infatti che il Padre glorifica il Figlio mentre il Figlio glorifica il Padre. Nessuno glorifica sé stesso”. E poi il Papa si sofferma sul momento in cui Gesù entra nel giardino del Getsemani, durante il quale sente “paura e angoscia” ma “nella prova Gesù ci insegna ad abbracciare il Padre, perché nella preghiera a Lui c’è la forza di andare avanti nel dolore”. Il Papa evidenzia quindi che talvolta, quando noi siamo nella prova, “restiamo chiusi in noi stessi ci scaviamo un tunnel dentro, un doloroso percorso introverso che ha un’unica direzione: sempre più a fondo in noi stessi”. Ma “il problema più grande non è il dolore, ma come lo si affronta. La solitudine non offre vie di uscita; la preghiera sì, perché è relazione, affidamento“. Di qui l'invito finale: “Pregando in questi giorni il 'Padre nostro', possiamo chiedere una di queste grazie: di vivere le nostre giornate per la gloria di Dio, cioè con amore; di saperci affidare al Padre nelle prove; di trovare nell’incontro col Padre il perdono e il coraggio di perdonare”.