Foto di Mateus Campos Felipe su Unsplash
Una preghiera nella solennità del Corpus Domini, affinché i Paesi che soffrono i conflitti possano ottenere consolazione e lenire le loro ferite attraverso percorsi di dialogo e di pace. È quanto auspica Papa Francesco al termine dell’Angelus, rivolgendo un nuovo appello alla Comunità internazionale e invocandone il sostegno ai contesti geopolitici che, in misura diversa, patiscono il peso di guerre e instabilità sociali. In particolare, l’invito è a non distogliere lo sguardo dai quadri meno posti sotto i riflettori della comunicazione internazionale, a cominciare dal Sudan, “dove la guerra che dura da oltre un anno non trova ancora una soluzione di pace. Tacciano le armi e, con l’impegno della Autorità locali e della Comunità internazionale, si porti aiuto alla popolazione e ai tanti sfollati; i rifugiati sudanesi possano trovare accoglienza e protezione nei Paesi confinanti”.
La Solennità del Corpus Domini ci pone davanti a un gesto fondante della nostra vita di cristiani. Un episodio narrato dai Vangeli, in particolare nel momento dell’Ultima Cena, durante la quale il Signore “compie un gesto di consegna: infatti, nel pane spezzato e nel calice offerto ai discepoli, è Lui stesso che si dona per tutta l’umanità e offre sé stesso per la vita del mondo”. Un gesto la cui importanza è sottolineata dalle parole che lo accompagnano nella narrazione: “Diede loro”. Francesco invita a fissare queste parole nel cuore perché l’Eucaristia “richiama anzitutto la dimensione del dono. Gesù prende il pane non per consumarlo da solo, ma per spezzarlo e donarlo ai discepoli, rivelando così la sua identità e la sua missione. Egli non ha trattenuto la vita per sé, ma l’ha donata a noi”.
Celebrare l’Eucaristia, cibarci del Pane, non è quindi “un atto di culto staccato dalla vita o un semplice momento di consolazione personale; sempre dobbiamo ricordarci che Gesù, prendendo il pane, lo spezzò e lo diede loro, perciò, la comunione con Lui ci rende capaci di diventare anche noi pane spezzato per gli altri, capaci di condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo”. Siamo dunque chiamati a “diventare ciò che mangiamo”, a diventare “eucaristici”, ossia “persone che non vivono più per sé stesse, nella logica del possesso e del consumo, ma che sanno fare della propria vita un dono per gli altri”. L’atteggiamento di “profeti e costruttori di un mondo nuovo”.
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