Papa Francesco, incontrando nella nunziatura apostolica di Kinshasa le vittime degli scontri nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ha ascoltato le loro testimonianze e ha condannato ogni forma di violenza, esortando alla pace.
Le vostre lacrime sono le mie
Il Papa, ha manifestato vicinanza alle vittime con le seguenti parole: “Davanti alla violenza disumana che avete visto con i vostri occhi e provato sulla vostra pelle si resta scioccati. E non ci sono parole; c’è solo da piangere, rimanendo in silenzio”. Ha proseguito dicendo “Bunia, Beni-Butembo, Goma, Masisi, Rutshuru, Bukavu, Uvira, luoghi che i media internazionali non menzionano quasi mai”, la denuncia di Francesco: “qui e altrove tanti fratelli e sorelle nostri, figli della stessa umanità, vengono presi in ostaggio dall’arbitrarietà del più forte, da chi tiene in mano le armi più potenti, armi che continuano a circolare”. “Il mio cuore è oggi nell’Est di questo immenso Paese, che non avrà pace finché essa non sarà raggiunta lì, nella sua parte orientale”, le parole di Francesco, piene di rammarico per non aver potuto raggiungere quelle terre, come era suo desiderio, a causa dei conflitti e delle tensioni nella zona. “A voi, cari abitanti dell’Est, voglio dire: vi sono vicino”, ha assicurato il Papa: “Le vostre lacrime sono le mie lacrime, il vostro dolore è il mio dolore. A ogni famiglia in lutto o sfollata a causa di villaggi bruciati e altri crimini di guerra, ai sopravvissuti alle violenze sessuali, a ogni bambino e adulto ferito, dico: sono con voi, vorrei portarvi la carezza di Dio”. “Il suo sguardo tenero e compassionevole si posa su di voi”, ha proseguito Francesco: “Mentre i violenti vi trattano come oggetti, il Padre che è nei cieli vede la vostra dignità e dice a ciascuno di voi: ‘Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e ti amo’. Fratelli e sorelle, la Chiesa è e sarà sempre dalla vostra parte”.
Dio vi ama
Inoltre, ha ricordato che “Dio vi ama e non si è scordato di voi, ma pure gli uomini si ricordino di voi! È in nome suo che, insieme alle vittime e a chi s’impegna per la pace, la giustizia e la fraternità, condanno le violenze armate, i massacri, gli stupri, la distruzione e l’occupazione di villaggi, il saccheggio di campi e di bestiame che continuano a essere perpetrati nella Repubblica Democratica del Congo. E pure il sanguinoso, illegale sfruttamento della ricchezza di questo Paese, così come i tentativi di frammentarlo per poterlo gestire”. Incontrando le vittime dell’est della Repubblica Democratica del Congo, da Kinshasa il Papa ha denunciato, enumerandoli uno per uno, tutti i mali che affliggono questa zona tormentata del Paese. “Riempie di sdegno sapere che l’insicurezza, la violenza e la guerra che tragicamente colpiscono tanta gente sono vergognosamente alimentate non solo da forze esterne, ma anche dall’interno, per trarne interessi e vantaggi”, il monito rivolto agli stessi congolesi: “Mi rivolgo al Padre che è nei cieli, il quale ci vuole tutti fratelli e sorelle in terra: umilmente abbasso il capo e, con il dolore nel cuore, gli chiedo perdono per la violenza dell’uomo sull’uomo. Padre, abbi pietà di noi. Consola le vittime e coloro che soffrono. Converti i cuori di chi compie crudeli atrocità, che gettano infamia sull’umanità intera! E apri gli occhi a coloro che li chiudono o si girano dall’altra parte davanti a questi abomini”. “Si tratta di conflitti che costringono milioni di persone a lasciare le proprie case, provocano gravissime violazioni dei diritti umani, disintegrano il tessuto socio-economico, causano ferite difficili da rimarginare”, ha spiegato il Papa: “Sono lotte di parte in cui si intrecciano dinamiche etniche, territoriali e di gruppo; conflitti che hanno a che fare con la proprietà terriera, con l’assenza o la debolezza delle istituzioni, odi in cui si infiltra la blasfemia della violenza in nome di un falso dio”.
Il vibrante appello
Papa Francesco, con vibranti parole, ha ricordato che “È, soprattutto, la guerra scatenata da un’insaziabile avidità di materie prime e di denaro, che alimenta un’economia armata, la quale esige instabilità e corruzione”. A denunciarlo è stato il Papa, incontrando nella nunziatura di Kinshasa le vittime della violenza nell’est del Paese. “Che scandalo e che ipocrisia: la gente viene violentata e uccisa mentre gli affari che provocano violenze e morte continuano a prosperare!”, lo sdegno di Francesco, che ha rivolto “un vibrante appello a tutte le persone, a tutte le entità, interne ed esterne, che tirano i fili della guerra nella Repubblica Democratica del Congo, depredandola, flagellandola e destabilizzandola”. “Vi arricchite attraverso lo sfruttamento illegale dei beni di questo Paese e il cruento sacrificio di vittime innocenti. Ascoltate il grido del loro sangue, prestate orecchio alla voce di Dio, che vi chiama alla conversione, e a quella della vostra coscienza: fate tacere le armi, mettete fine alla guerra. Basta! Basta arricchirsi sulla pelle dei più deboli, basta arricchirsi con risorse e soldi sporchi di sangue!”.
La condanna della violenza
Successivamente Francesco ha evidenziato l’importanza del “No alla violenza, sempre e comunque, senza se e senza ma”. È questo, per il Papa, il primo passo per promuovere la pace. “Amare la propria gente non significa nutrire odio nei riguardi degli altri”, ha spiegato incontrando nella nunziatura apostolica di Kinshasa le vittime dell’Est del Paaese: “Anzi, voler bene al proprio Paese significa rifiutare di lasciarsi coinvolgere da quanti incitano a ricorrere alla forza. È un tragico inganno: l’odio e la violenza non sono mai accettabili, mai giustificabili, mai tollerabili, a maggior ragione per chi è cristiano. L’odio genera solo altro odio e la violenza altra violenza”. Un altro “no” chiaro e forte, secondo Francesco, va poi detto a chi li propaga in nome di Dio: “Cari congolesi, non lasciatevi sedurre da persone o gruppi che incitano alla violenza in suo nome. Dio è Dio della pace e non della guerra. Predicare l’odio è una bestemmia, e l’odio sempre corrode il cuore dell’uomo. Infatti, chi vive di violenza non vive mai bene: pensa di salvarsi la vita e invece viene inghiottito in un gorgo di male che, portandolo a combattere i fratelli e le sorelle con cui è cresciuto e ha vissuto per anni, lo uccide dentro”.
No alla rassegnazione
Il Santo Padre ha ribadito l’importanza del “No” alla rassegnazione, indicando che: “la pace chiede di combattere lo scoraggiamento, lo sconforto e la sfiducia che portano a credere che sia meglio diffidare di tutti, vivere separati e distanti piuttosto che tendersi la mano e camminare insieme”. “Un avvenire di pace non pioverà dal cielo, ma potrà arrivare se si sgombreranno dai cuori il fatalismo rassegnato e la paura di mettersi in gioco con gli altri”, la tesi del Papa: “Un futuro diverso verrà se sarà di tutti e non di qualcuno, se sarà per tutti e non contro qualcuno. Un avvenire nuovo verrà se l’altro, tutsi o hutu che sia, non sarà più un avversario o un nemico, ma un fratello e una sorella nel cui cuore bisogna credere che c’è, pur nascosto, lo stesso desiderio di pace”. “Anche nell’Est la pace è possibile! Crediamoci! E lavoriamoci, senza delegare il cambiamento!”, l’appello: “Non si può costruire l’avvenire restando chiusi nei propri interessi particolari, ripiegati nei propri gruppi, nelle proprie etnie e nei propri clan”. “Siamo tutti fratelli, perché figli dello stesso Padre”, ha ricordato Francesco citando, nella lingua originale, un adagio swaili: “così ci insegna la fede cristiana, professata da gran parte della popolazione. Allora, si alzi lo sguardo al cielo e non si rimanga prigionieri del timore: il male che ciascuno ha sofferto ha bisogno di essere convertito in bene per tutti; lo sconforto che paralizza ceda il passo a un rinnovato ardore, a una lotta indomita per la pace, a coraggiosi propositi di fraternità, alla bellezza di gridare insieme mai più: mai più violenza, mai più rancore, mai più rassegnazione!”.
La fede e la giustizia
Papa Francesco successivamente ha sottolineato che “La fede porta con sé una nuova idea di giustizia, che non si accontenta di punire e rinuncia a vendicare, ma vuole riconciliare, disinnescare nuovi conflitti, estinguere l’astio, perdonare”, ha spiegato il Papa: “E tutto questo è più potente del male. Sapete perché? Perché trasforma la realtà da dentro invece che distruggerla da fuori. Solo così si sconfigge il male, proprio come ha fatto Gesù sull’albero della croce, facendosene carico e trasformandolo con il suo amore. Così il dolore si è tramutato in speranza”.
Seminare la pace
Infine, il Santo Padre, ha ricordato che “Seminare il bene fa bene: libera dalla logica angusta del guadagno personale e regala a ogni giorno il suo perché: porta nella vita il respiro della gratuità e ci rende più simili a Dio, seminatore paziente che sparge speranza senza stancarsi mai”. Con questa immagine, incontrando le vittime della violenza nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dalla nunziatura apostolica di Kinshasa il Papa ha ringraziato e benedetto “tutti i seminatori di pace che operano nel Paese: le persone e le istituzioni che si prodigano nell’aiuto e nella lotta per le vittime della violenza, dello sfruttamento e dei disastri naturali, le donne e gli uomini che vengono qui animati dal desiderio di promuovere la dignità della gente”. “Alcuni hanno perso la vita mentre servivano la pace, come l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo, assassinati due anni fa nell’Est del Paese”, l’omaggio di Francesco: “Erano seminatori di speranza e il loro sacrificio non andrà perduto. Fratelli, sorelle, figli e figlie dell’Ituri, del Nord e del Sud Kivu, vi sono vicino, vi abbraccio e benedico tutti voi. Benedico ogni bambino, adulto, anziano, ogni persona ferita dalla violenza nella Repubblica Democratica del Congo, in particolare ogni donna e ogni madre”. “E prego perché la donna, ogni donna, sia rispettata, protetta e valorizzata”, l’appello finale: “commettere violenza nei confronti di una donna e di una madre è farla a Dio stesso, che da una donna, da una madre, ha preso la condizione umana”.